IL MATTINO
La Confisca
21.02.2024 - 19:36
La prima volta in cui ho sentito parlare del Grand Hotel “La Sonrisa” mi trovavo a Roma, lavoravo con Barclays e mi trovavo in una filiale Compass per presentare delle pratiche di finanziamento, il direttore della filiale mi fece vedere un video di quello che allora era “Il Boss delle Cerimonie” e mi disse: “Lo devi guardare questo programma è fortissimo”.
Pensai fosse impazzito, tanto più che avevo invitato al mio matrimonio cinquanta persone, avevo evitato come la peste le foto di rito, e malgrado il disappunto dei miei genitori avevo escluso il fotografo dalla cena, organizzata, per festeggiare il matrimonio, in un ristorante dove andavamo, normalmente, con la mia famiglia, e alle 22,30 tutto era finito.
Anche il vestito lo avevo acquistato da sola, dopo che quello che avevo deciso di indossare era stato bocciato senza appello dai miei genitori, e dopo avere seminato il terrore in un negozio per spose, dove a tutti i costi la direttrice voleva vestirmi come un Ferrero Rocher, al punto che mi disse urlando: “Lei non troverà mai un abito adatto” mentre uscivo dal negozio sorridente e liberata.
Il vestito lo trovai, per come io intendevo un vestito da sposa, e mi piaceva pure, avevano ragione mio padre e mia madre, e pur facendo tutto nella norma, apparentemente, feci come mi pareva.
È evidente che quell' invito, che mi fu fatto di seguire il programma, fu da me disatteso, oltretutto lavorando in mezzo ai soldi quei matrimoni, spesso pagati attraverso dei finanziamenti, mi sembravano totalmente inappropriati da essere per me assurdi, come era assurda per me quella cattedrale, costruita in mezzo al deserto, regno dei neomelodici.
Tanta acqua è passata sotto ai ponti per me e anche per “La Sonrisa”, e ad un certo punto tre anni fa, ho iniziato a seguire “Il Castello delle Cerimonie”, questo è il nome che ha preso il programma dopo la morte del fondatore Antonio Polese, programma che è diventato un puro momento di evasione, la testa quando lavora troppo necessita di passatempi poco complicati, ma è diventato anche un modo per capire come un posto, così lontano da chiunque, potesse essere diventato un fenomeno di costume e identitario così importante.
Allora vediamo qual è la ricetta che ha reso possibile questo exploit.
La ricetta è semplice ed è una a ricetta eterna che attiene a questo desiderio trasversale di trasformare i momenti significativi della propria vita in narrazione, quella delle favole, non delle fiabe, che quel Castello, fuori contesto, incarna e che da Walt Disney in poi è diventato un modo di incasellare la realtà, realtà in cui la favola diventa il mito americano del self made man, e che se dura anche solo per un giorno trova conferma anche nel detto: “Meglio un giorno da leone che uno da pecora”.
Imma Polese e suo marito Matteo Giordano sono stati degli abilissimi traghettatori del loro castello nella realtà, tanto abili da approdare su “Real Time”, con le loro storie di matrimoni, battesimi, comunioni, compleanni e anniversari perché hanno narrato il lato ludico di chiunque, senza distinzioni di censo e di nazione, e ci hanno fatto vedere il nostro mondo senza filtri, anzi accrescendolo, attraverso la loro visione a beneficio delle telecamere, come ormai funziona con chiunque, anche con qui si tura il naso al solo loro pensiero.
Diventa evidente come questa fama alla Andy Warhol abbia incrementato il bisogno di chiunque di essere lì, con il proprio corredo di conoscenza, che talvolta racchiude al massimo un mondo neomelodico, quello che ancora pensa possibile che una grande abbuffata, alla Marco Ferreri, e una canzonetta servano a riscattare per un giorno, una vita non proprio smagliante e nemmeno da vetrina.
L'ambientazione barocca, lo spazio esagerato, in cui tutto questo mondo vive e prospera, ne hanno fatto una fortezza inespugnabile, dove anche un procedimento giudiziario, prescritto ma esecutivo, assume una rilevanza enorme perché in quello spazio non ci sono solo i Polese con le loro Jaguar, le vacanze a Capri, gli abiti su misura, i gioielli, le polpette e il ragù della domenica, le linguine all’astice e il quartetto d'archi per festeggiare i loro giorni più belli, i pony, le caprette, gli animali, da allevare e poi da macellare per loro e per i loro ospiti di riguardo, le marmellate e le conserve, ma c’è tutto il mondo popolare che fa da cornice, testo e sottotesto alle nostre vite, vite forse più smaglianti, raziocinanti e meno marginali delle loro. Eppure questo mondo barocco e inconcluso ci ha toccati e plasmati, adesso come in una sceneggiata napoletana questo mondo piange, alla maniera di Mario Merola, non a caso, e ci dice che nello stato di diritto nessuno è perdonato, solo che sanzione e pena necessitano di moderazione e mediazione per essere davvero efficaci, e così l'unico augurio che posso fare a Imma Polese è che sia in buona salute e che tutto si risolva, come il suo cuore desidera, una delle frasi più potenti dal punto di vista del marketing ma anche l’unica frase davvero efficace per chiunque e donna Imma lo sa.
Buona fortuna!
«Sequestrata la Sonrisa, la famiglia Polese pensa al ricorso».
La notizia della confisca definitiva del "Castello delle Cerimonie" ha lasciato sgomenti i tanti amanti della sfarzosa location. A stabilire definitivamente il sequestro della struttura alberghiera e di ristorazione è stata la Cassazione. La vicenda giudiziara della Sonrisa è iniziata nel 2011. All'epoca gli inquirenti contestarono una lunga serie di abusi edilizi realizzati a partire dal 1979 su un'area ampia oltre 40mila metri quadrati. La confisca riguarda gli immobili e i terreni su cui sorge la struttura ricettiva. In pratica l'hotel era stato edificato senza le necessarie autorizzazioni. Con la sentenza emessa nel 2016 dal Tribunale di Torre Annunziata vennero condannati a un anno di reclusione (pena sospesa) i coniugi Rita Greco, morta nell'agosto 2020 a 80 anni, e Antonio Polese deceduto all'età di 80 anni, il primo dicembre 2016, e Agostino Polese, fratello di Antonio, che rivestiva la carica di amministratore della società. La sentenza di primo grado venne però riformata in parte, dalla Corte d'appello di Napoli e da ieri è passata in giudicato, con il pronunciamento della Cassazione che ha anche sancito la prescrizione dei reati contestati agli indagati.
Ora due sono le opzioni a disposizione dell'amministrazione comunale: demolire La Sonrisa o utilizzarla, ma solo a scopi di pubblica utilità. Di «ingiustizia» parla oggi, a nome della famiglia dei proprietari, Ciro Polese: «Stiamo valutando cosa fare con i nostri legali, non escludiamo di ricorrere alla Corte di Strasburgo" Ma quando sarà, affidato al Comune di Sant'Antonio Abate, che lo potrà utilizzare per attività sociali, cosa accadrà? .Tra le ipotesi, tenere aperta la struttura ricettiva affidandone la gestione a privati, mediante un bando pubblico che escluda gli attuali proprietari. Il Comune potrebbe ricavarne un fitto da destinare a scopi di pubblica utilità. “La Sonrisa”, resa celebre da un reality che mostrava le sfarzose cerimonie ospitate, dà lavoro a circa 200 famiglie- stagionali, fissi, indotto, oggi con un futuro incerto davanti. Protagonisti di un programma che va oltre la tv. La dura e amara verità della vita.
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