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Il caso

Ritratti: Gianni Agnelli il nonno degli italiani e la feroce battaglia familiare vinta dai nipoti Elkann

Ritratti: Gianni Agnelli il nonno degli italiani e la feroce battaglia familiare vinta dai nipoti Elkann

«A St. Moritz ospite di Marella e Gianni Agnelli si sarebbe detto che ogni potentato del mondo si trovasse lì: i comunisti non avevano che da bombardare il Corviglia Club. È stato divertente. Però che gente assurda».
È Truman Capote a scrivere questo in "È durata poco la bellezza", edito da Garzanti, ed è un pensiero il suo lieve, quasi affettuoso, da padre, nei confronti di quella che è stata l'unica, vera, coppia presidenziale per gli italiani. Non c’è sufficienza nel suo giudizio né acrimonia nel suo sguardo, se mai c’è la visione d’insieme di un mondo, in tre righe.
Gianni Agnelli è morto nel 2003 per un carcinoma e se fosse stato ancora vivo, avrebbe festeggiato i cento anni. Un evento questo, il raggiungimento dei cento anni d'età, di cui i suoi eredi, i nipoti Elkann, per la precisione, si sono ricordati, e ci hanno ricordato, con affetto, perché Gianni Agnelli, in fondo, nel bene così nel male fa riprendere in mano la Storia d'Italia, quell’Italia che l'Avvocato ha osservato sempre da vicino, benché a tutti apparisse lontanissimo, perché di fatto Gianni Agnelli viveva come un principe rinascimentale da qui la fama e anche le ombre lunghissime, private e pubbliche, visto che la società automobilistica di cui era il padrone, avendola ereditata, ha condizionato la vita del nostro paese in maniera irreversibile.
«Se mi avessero detto quando ero ragazzo che sarei diventato socio della General Motore, non ci avrei creduto».
Gianni Agnelli si svegliava all'alba o forse non dormiva affatto, e all’alba si spostava a cercare vita e pace lontano dagli occhi indiscreti del mondo. Allo stesso modo di prima mattina faceva il suo giro di telefonate, quelle che a chi faceva parte del suo cerchio magico, e che lui aveva scelto come interlocutori privilegiati, in quanto capaci di arrivare al nocciolo di qualsiasi questione senza che lui si prendesse la briga di approfondirle, e che grazie a loro poi lui avrebbe potuto affrontare e comprendere senza sbagliare.
«Telefonava la sera prima quando aveva voglia di venire a pesca con me, partiva con il suo aereo alla volta di Capodichino e da lì a Ischia. Qui aveva la barca pronta ad aspettarlo, mi raggiungeva a Punta Imperatore dove passavamo il tempo a pescare. Si divertiva così, era molto generoso. Quando gli feci capire che le guardie del corpo mi davano fastidio le fece allontanare. Era una brava persona».
A parlarne così è un signore ischitano che di mestiere traghettava turisti Vip per l'isola, turisti come Gianni Agnelli, che non volevano e non vogliono clamore intorno a loro, e che possono contare sulla discrezione che solo un rapporto umano può dare.
Ma di episodi su Gianni Agnelli ce ne sono tantissimi, tutti con questa suo riserbo di sottofondo.
E allora come è stato possibile che un uomo attraversato perennemente dalla noia, insoddisfatto e bisognoso di continue evasioni, sia stato il simbolo del nostro paese in maniera così vistosa e viscerale, malgrado fosse incostante negli affetti, e talmente distante dai soldi da non riuscire ad andare oltre alla funzione più banale dell’utilizzo di danaro: l'acquisto di beni?
Perché come lui diceva: «La Fiat ha un peso nell'economia e nella società italiana che non si può combinare con nessuno schieramento politico » e l'Italia, da paese provinciale e maschilista, aveva trovato in Gianni Agnelli il suo bigliettino da visita più luccicante, perché quella sua noia indolente era l'altra faccia del suo essere introverso e poi affettuoso a suo modo, come dimostrano i nipoti, adorati sicuramente più dei figli, tutti dati caratteriali tipicamente italiani, e da qui all’immedesimazione il passo è ed è stato breve.
E poi quel mettersi al livello dell'interlocutore, al punto di volerne vivere la vita, come se fosse la sua, lo rendeva accessibile e accettato, mentre i soldi che donava erano la prova di un privilegio goduto per essere entrato in un'altra vita, più libera e più vera di quella che lui era costretto a fare, vita alla quale sfuggiva a suo modo, usando i soldi, anzi utilizzandoli proprio per renderli inoffensivi e meno castranti.
A rifletterci così, su quest'uomo e su questa bolla perenne che abitava e che lo abitava un po’, si rimane inquietati, per questa vita vissuta solo attraverso lo sguardo e per questo più difficile da digerire, e allora l'idea che il nonno (è questa l'immagine di Gianni Agnelli che adesso prevale, grazie ai nipoti) prenda il posto del playboy, scarsamente affaccendato, un po' nobilita tutto questo affanno esistenziale.
Ma c'erano i soldi si potrebbe dire… I soldi in una condizione del genere, a noia gettante, non semplificano un bel niente, come non semplificano i vizi, vizi che come i soldi hanno una loro spirale ricorsiva e infatti lui diceva:
«Mi piace il vento perché non si può comprare».
Del resto Pamela Harriman che era stata compagna di Gianni Agnellinella sua autobiografia lo raccontava così: curioso e annoiato, e curioso e annoiato è andato avanti per la vita l'Avvocato, fino a diventare solo un nonno, quell’essere affettuoso e distante, perché emotivamente più accogliente dei genitori, e che ognuno di noi avrebbe voluto avere.
E così è bello ricordarlo: come un nonno, tanto da non volerlo vedere più in giro per il mondo nudo e disilluso.
È arrivato il momento di vederlo in pantofole, avvolto in un plaid davanti al cammino di casa, insomma come il nonno degli italiani, come del resto già lo aveva visto Truman Capote. L'unica che lo vede ancora per quello che è stato, un padre distratto e assente, è sua figlia che continua a cercare una legittimazione filiale che "la roba" mai le potrà dare. Una lezione che i figli, gli Elkann hanno compreso, e infatti loro vivono distanti dal mondo, potenti e guardano alla madre come alla loro sorella minore. Un atteggiamento da Agnelli, quello che sono e per questo il nonno li aveva adottati.
«Non sono un grande pedagogo. Sono più incline a lasciare fare alle persone quello che vogliono. I miei nipoti li prendo, gli parlo, rido con loro e andiamo nei musei e al cinema insieme. So come si fa. Ma non sono bravo come educatore».

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