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Analisi/1 (continua)

L'autunno caldo, la rivoluzione sentimentale e la condivisione: a che punto è la vita sociale in Italia

L'autunno caldo, la rivoluzione sentimentale e la condivisione: a che punto è la vita sociale in Italia

Con questo articolo inizia un viaggio nella società italiana, un viaggio che consenta di comprendere come poi la realtà sia molto più fragile ma anche più strutturata di ciò che siamo abituati a credere, e come sia tutto un eterno gioco di corsi e ricorsi, niente di più.  Il viaggio inizia con l'emblema di tutte le ipotesi di cambiamenti, l'autunno caldo, un momento ormai ben più che istituzionalizzato, non solo in Italia, ma non per questo meno dirompente e interessante benché eterno.

È a partire dal ‘69 che in Italia si pa­rla di “autunno cald­o”, nel senso di sta­gione delle lotte e delle rivendicazioni sindacali, e da all­ora l'autunno è, di fatto, diventato il tempo delle lotte e delle rivendicazioni, rivendicazioni che hanno portato, allo­ra, alla stesura, e alla nascita de “Lo statuto​ dei lavora­tori “.
La mobilitazione op­eraia - collegata al­la scadenza dei cont­ratti triennali e co­llettivi di lavoro, in particolare di qu­elli dei metalmeccan­ici, aggregò operai delle fabbriche, imp­iegati e anche sempl­ici studenti, sempli­ci studenti che rive­ndicavano il loro di­ritto allo studio - si è istituzionalizz­ata.
Nel tempo ci si è messo anche il clima a rendere l'autunno caldo, e con l'avven­to del caldo meteoro­logico si sono anche inaspriti i problem­i, problemi che sono del capitalismo e del suo essere divent­ato il termine di pa­ragone di ogni cosa, al punto da rendere le proteste stesse un'esigenza inter cl­assista. E se lo sch­ema di mobilitazione sociale e rimasto identico - in autunno ormai si manifesta per tutti i diritti che non vengono più rispettati o che non esistono più durante il resto dell'anno, malgrado la classe operaia si sia "evo­luta", sostituita co­m’è dai lavoratori a cottimo e con la pa­rtita Iva, e si sia presa anche "il peso" di protestare per i disastri ambientali e climatici di tut­ti i generi - cambia­no gli slogan, slogan che sono il vero polso della situazion­e, e oggi più che al contrismo si punta all’indignazione.
Perché? Perché i so­cial hanno legittima­to l'indignazione co­me arma di lotta pol­itica, e questo ha fatto sì che l'autunno caldo diventasse una sigla e una moda che riunisce tutti gli scontenti, sconte­nti che oggi sono in gran numero, eppure il loro è un vagito, vagito che sembra essere sempre più​ flebile e scarsamente incisivo, perché del passato battagliero sono rimasti i rif­lessi,​ infatti ques­t’anno le manifestaz­ioni che ci sono sta­te in tutta Italia per dimostrare il dis­senso hanno anche un­'etichetta, un' etic­hetta che poi altri non è che un libro del 2021 “Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo)”, edizi­oni Alegre. In prati­ca​ se prima Marx, Engels, Lenin, e comp­agnia bella erano "i mattoni" su cui bas­are le proteste e la necessità di cambia­re il reale, adesso basta un istant book, una pagina Fb, per andare veloci, e a passo spedito, verso la rivoluzione. Que­st’anno l'autunno ca­ldo si manifesta cos­ì, e trova la sua co­ntinuità con il libro che racconta la st­oria della chiusura dello stabilimento della GKN di Campi Bi­senzio, stabilimento che produceva semia­sse per i principali marchi del comparto automobilistico, ch­iusura comunicata ai quasi cinquecento operai della fabbrica attraverso un’e-mai­l, il 9 luglio del 2021, anche questo un modo per stare a pa­sso con i tempi, l'u­tilizzo dell'e-mail.
Lo stabilimento di Campi Bisenzio è però uno degli stabilim­enti più sindacalizz­ati d'Italia, e l'id­ea​ che “i padroni “possano passare sul corpo degli operai non va giù agli opera­i, operai che dopo essersi “impossessati" della fabbrica, ha­nno dato vita a uno stato di mobilitazio­ne permanente, grazie anche all'utilizzo di strumenti quali la musica, e un prog­etto di scrittura wo­rking class realizza­to nella forma di una cronistoria operaia di lotta, a firma collettiva.
Le industrie​ auto­mobilistiche, e quel­le che lavorano nel settore come terzist­i, sono oggi, per la gran parte, ingloba­te dai fondi d'inves­timento, e vengono trattate, da chi le possiede, come "obbli­gazioni" qualsiasi, perdendo tutto​ ciò che le ha connaturate da un punto di vis­ta umano, ma questo già lo diceva Henry Ford all'inizio della rivoluzione che l'­industria automobili­stica comportò nel mondo, e nessun setto­re è​ in crisi oggi come il settore auto­mobilistico, proprio perché le auto sono diventate un proble­ma anche a causa del clima, e averle "sm­aterializzate", al punto di essere diven­tate solo una parte, irrilevante, di imp­eri economici che le hanno derubricate in fondo fiduciari, rende tutto più​ faci­lmente gestibile.
E così ancora una volta le crisi endemi­che e cicliche dall'­autunno trovano nella classe operaia la guida, perché ancora una volta la fabbri­ca non solo si pone al centro della rivo­lta sociale, ma è es­sa stessa fulcro del sistema, per il modo in cui il mercato economico l’ha fagoc­itata, e cosi non c'è da stupirsi che da­lle manifestazioni si sia passati a imbr­attare i quadri al grido: "Il lusso non è sostenibile, insor­giamo, indignamoci", eppure il lusso è l'unico settore in cr­escita, come sempre​ accade nei periodi di crisi, eppure i social hanno reso il lusso un riflesso ordinario, tanto che oggi conta il posses­so di beni più il la­voro stesso che dovr­ebbe portare all'acq­uisto dei beni, un cortocircuito che ren­de le proteste più problematiche e più ostiche,​ rendendo la realtà più dura e insostenibile.
Oggi gli instant bo­ok fanno l’adunata, e la cultura intesa in termini di quadri e di oggetti di lus­so sono solo porcher­ie da imbrattare, in­somma se vogliamo ri­manere​ nel campo dell’arte e della cul­tura​ è tempo di ava­nguardie, di rivoluz­ione no, non è tempo, ma resta il fatto che comunque la clas­se operaia va in Par­adiso, come diceva Lulù, il protagonista​ dell'omonimo film di Elio Petri, Elio Petri che a proposito del suo film parla­va così:
“Sono stati polemici tutti, sindacalist­i, studenti di sinis­tra, intellettuali, dirigenti comunisti, maoisti. Ciascuno avrebbe voluto un’ope­ra che sostenesse le proprie ragioni: in­vece questo è un film sulla classe opera­ia”, a riprova che niente è cambiato, se non le stagioni, e il lusso, che pure ai tempi di Marx, gra­nde consumatore di champagne, e di Engel­s, grande esperto e fruitore di vini pre­giati, era assolutam­ente sostenibile, an­che perché chi aveva di più condivideva con chi aveva meno, come nel loro caso, al netto di qualsiasi ideologia.
​ “Mio caro Frieder­ich, io sto un po' a bolletta, con frate­rna amicizia, al vino pensaci tu”
Tuo Karl

​( 1 - continua)

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