IL MATTINO
Analisi/1 (continua)
12.11.2022 - 19:18
Con questo articolo inizia un viaggio nella società italiana, un viaggio che consenta di comprendere come poi la realtà sia molto più fragile ma anche più strutturata di ciò che siamo abituati a credere, e come sia tutto un eterno gioco di corsi e ricorsi, niente di più. Il viaggio inizia con l'emblema di tutte le ipotesi di cambiamenti, l'autunno caldo, un momento ormai ben più che istituzionalizzato, non solo in Italia, ma non per questo meno dirompente e interessante benché eterno.
È a partire dal ‘69 che in Italia si parla di “autunno caldo”, nel senso di stagione delle lotte e delle rivendicazioni sindacali, e da allora l'autunno è, di fatto, diventato il tempo delle lotte e delle rivendicazioni, rivendicazioni che hanno portato, allora, alla stesura, e alla nascita de “Lo statuto dei lavoratori “.
La mobilitazione operaia - collegata alla scadenza dei contratti triennali e collettivi di lavoro, in particolare di quelli dei metalmeccanici, aggregò operai delle fabbriche, impiegati e anche semplici studenti, semplici studenti che rivendicavano il loro diritto allo studio - si è istituzionalizzata.
Nel tempo ci si è messo anche il clima a rendere l'autunno caldo, e con l'avvento del caldo meteorologico si sono anche inaspriti i problemi, problemi che sono del capitalismo e del suo essere diventato il termine di paragone di ogni cosa, al punto da rendere le proteste stesse un'esigenza inter classista. E se lo schema di mobilitazione sociale e rimasto identico - in autunno ormai si manifesta per tutti i diritti che non vengono più rispettati o che non esistono più durante il resto dell'anno, malgrado la classe operaia si sia "evoluta", sostituita com’è dai lavoratori a cottimo e con la partita Iva, e si sia presa anche "il peso" di protestare per i disastri ambientali e climatici di tutti i generi - cambiano gli slogan, slogan che sono il vero polso della situazione, e oggi più che al contrismo si punta all’indignazione.
Perché? Perché i social hanno legittimato l'indignazione come arma di lotta politica, e questo ha fatto sì che l'autunno caldo diventasse una sigla e una moda che riunisce tutti gli scontenti, scontenti che oggi sono in gran numero, eppure il loro è un vagito, vagito che sembra essere sempre più flebile e scarsamente incisivo, perché del passato battagliero sono rimasti i riflessi, infatti quest’anno le manifestazioni che ci sono state in tutta Italia per dimostrare il dissenso hanno anche un'etichetta, un' etichetta che poi altri non è che un libro del 2021 “Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo)”, edizioni Alegre. In pratica se prima Marx, Engels, Lenin, e compagnia bella erano "i mattoni" su cui basare le proteste e la necessità di cambiare il reale, adesso basta un istant book, una pagina Fb, per andare veloci, e a passo spedito, verso la rivoluzione. Quest’anno l'autunno caldo si manifesta così, e trova la sua continuità con il libro che racconta la storia della chiusura dello stabilimento della GKN di Campi Bisenzio, stabilimento che produceva semiasse per i principali marchi del comparto automobilistico, chiusura comunicata ai quasi cinquecento operai della fabbrica attraverso un’e-mail, il 9 luglio del 2021, anche questo un modo per stare a passo con i tempi, l'utilizzo dell'e-mail.
Lo stabilimento di Campi Bisenzio è però uno degli stabilimenti più sindacalizzati d'Italia, e l'idea che “i padroni “possano passare sul corpo degli operai non va giù agli operai, operai che dopo essersi “impossessati" della fabbrica, hanno dato vita a uno stato di mobilitazione permanente, grazie anche all'utilizzo di strumenti quali la musica, e un progetto di scrittura working class realizzato nella forma di una cronistoria operaia di lotta, a firma collettiva.
Le industrie automobilistiche, e quelle che lavorano nel settore come terzisti, sono oggi, per la gran parte, inglobate dai fondi d'investimento, e vengono trattate, da chi le possiede, come "obbligazioni" qualsiasi, perdendo tutto ciò che le ha connaturate da un punto di vista umano, ma questo già lo diceva Henry Ford all'inizio della rivoluzione che l'industria automobilistica comportò nel mondo, e nessun settore è in crisi oggi come il settore automobilistico, proprio perché le auto sono diventate un problema anche a causa del clima, e averle "smaterializzate", al punto di essere diventate solo una parte, irrilevante, di imperi economici che le hanno derubricate in fondo fiduciari, rende tutto più facilmente gestibile.
E così ancora una volta le crisi endemiche e cicliche dall'autunno trovano nella classe operaia la guida, perché ancora una volta la fabbrica non solo si pone al centro della rivolta sociale, ma è essa stessa fulcro del sistema, per il modo in cui il mercato economico l’ha fagocitata, e cosi non c'è da stupirsi che dalle manifestazioni si sia passati a imbrattare i quadri al grido: "Il lusso non è sostenibile, insorgiamo, indignamoci", eppure il lusso è l'unico settore in crescita, come sempre accade nei periodi di crisi, eppure i social hanno reso il lusso un riflesso ordinario, tanto che oggi conta il possesso di beni più il lavoro stesso che dovrebbe portare all'acquisto dei beni, un cortocircuito che rende le proteste più problematiche e più ostiche, rendendo la realtà più dura e insostenibile.
Oggi gli instant book fanno l’adunata, e la cultura intesa in termini di quadri e di oggetti di lusso sono solo porcherie da imbrattare, insomma se vogliamo rimanere nel campo dell’arte e della cultura è tempo di avanguardie, di rivoluzione no, non è tempo, ma resta il fatto che comunque la classe operaia va in Paradiso, come diceva Lulù, il protagonista dell'omonimo film di Elio Petri, Elio Petri che a proposito del suo film parlava così:
“Sono stati polemici tutti, sindacalisti, studenti di sinistra, intellettuali, dirigenti comunisti, maoisti. Ciascuno avrebbe voluto un’opera che sostenesse le proprie ragioni: invece questo è un film sulla classe operaia”, a riprova che niente è cambiato, se non le stagioni, e il lusso, che pure ai tempi di Marx, grande consumatore di champagne, e di Engels, grande esperto e fruitore di vini pregiati, era assolutamente sostenibile, anche perché chi aveva di più condivideva con chi aveva meno, come nel loro caso, al netto di qualsiasi ideologia.
“Mio caro Friederich, io sto un po' a bolletta, con fraterna amicizia, al vino pensaci tu”
Tuo Karl
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