IL MATTINO
Analisi
08.10.2022 - 17:42
Avere utilizzato gli animali per ricalcare gli umani e spiegarlo così da poter superare tabù, uno su tutti l' omosessualità, rende qualsiasi movimento letterario attuale defunto, e pure l’antropomorfizzazione, antica consuetudine negli umani, una tendenza molto più che superata.
Senza Marcel Proust la letteratura non sarebbe diventata un fenomeno popolare, e i libri non sarebbero diventati beni di consumo, per quanto questa affermazione possa sembrare ardita, la realtà è questa, una prova su tutte ce la dà Sergio Leone che nel suo proustiano “C’era una volta in America” mette in bocca a Noodles, l’incipit de la Recherche: “Longtemps, je me suis couché de bonne heure”, dimostrando come poi Proust sia fruibile al punto di potere essere usato, in virtù della sua forte capacità evocativa, come un tableau vivant al cinema.
E poi aver citato Proust nel film e avere costruito il film secondo le regole di Proust, e cioè avere utilizzato lo specchio temporale per dipanare la realtà, darle lucidità e consistenza attraverso i sensi e i ricordi, ha reso il film immortale, tanto da averlo reso un capolavoro al pari de la Recerche, cose che Daria Galateria, esperta di Proust, anche in qualità di docente di Letteratura francese presso la Sapienza, sa, come sa quanto Proust sia stato saccheggiato, e quanto sia presente, per questa ragione, nel nostro quotidiano, al punto che lei continua a studiarlo e a scandagliarlo così da scrivere un libro, edito da Sellerio, dal titolo “Il Bestiario di Proust”. In esso la Galateria riprende tutta l’opera dell’autore e la riscrive attraverso la presenza, in Proust, degli animali, animali che Proust utilizza per meglio comprendere gli uomini, al punto da modellarne i personaggi delle sue opere, in modo particolare della Recherche, che altro non è che un'enorme Arca di Noè dove Proust ha messo in salvo gli animali visti e posseduti, e quelli conosciuti attraverso i suoi studi, attraverso la letteratura, animali quindi che ha lungamente osservato e interiorizzato.
«I veri paradisi sono i paradisi che abbiamo perduto» nasce in una visita allo zoo di Parigi, vedendo leoni e orsi in gabbia, «re in esilio», che hanno perso le loro giungle – il loro passato. »
In un certo senso Proust, grazie anche alla sua passione per l’evoluzionismo e Darwin, ribalta totalmente la concezione antropomorfica, mettendo l'uomo in una condizione di subalternità rispetto la natura, tanto da pensare alla Recherche anche come un luogo metafisico in cui ricomporre l’identità animale e umana, e quindi naturale, presente in ognuno.
Per fare questa operazione affascinante e singolare la Galateria si mette a ricercare ogni singolo animale analizzato da Proust, e di ognuno trova o il corrispettivo umano o il corrispettivo senziente.
Diventa evidente come la rilettura e ristruttura di Proust da parte della Galateria ponga Proust ancora un po' più in là, rimettendolo però al centro di qualsiasi discorso letterario.
Il libro della Galateria oltre a indagare e a scandagliare Proust attraverso gli animali, pone anche nuovi interrogativi rispetto a come Proust si sia insinuato nella letteratura contemporanea, in maniera silenziosa eppure pervicace. Avere utilizzato gli animali per ricalcare gli umani e spiegarlo così da poter superare tabù, uno su tutti l' omosessualità, rende qualsiasi movimento letterario attuale defunto, e pure l’antropomorfizzazione, antica consuetudine negli umani, una tendenza molto più che superata.
In Proust è già presente tutto ciò che oggi è propagandato come innovativo: la violenza sugli animali, la difficoltà di vivere nel proprio tempo, la solitudine esistenziale, la guerra tra classi sociali, l'amore che è una chimera, l'amore per gli animali che è il passaggio necessario per amare e conoscere se stessi.
« Per comunicare al primo e grande amore della sua vita ( e ora intermittente amico del cuore) che sta scrivendo la Recherche, Proust si serve di un cane. Reginaldo Hahn ha comperato da una zingara, nell'estate del 1911 a Versailles, il suo primo cane, un bassotto nero a pelo lungo, che chiama Zadig […] A novembre, Proust scrive al cane una lunga lettera: il segreto dell'amore e del dolore è più aperto a lui Zadig, o anche a Proust quando era bambino, perché non possono difendersi con l'intelligenza; e i bei libri si scrivono così, soffrendo e amando così ».
In tutto questo che è il senso di Proust, e anche de “Il Bestiario di Proust” de la Galateria, risiede la necessarietà di questo libro, libro che rimette ordine nella grande casa della letteratura, e lo fa con una scrittura densa ed esatta, una scrittura che permette di attraversare le pagine come se fossero di porcellana, allo stesso modo in cui lo sono quelle di Proust, facendo immediatamente passare di moda tutto il resto, tanto da trasformare il Bestiario de la Galateria in un breviario necessario per arrivare alla lettura de la Recherche più consapevoli e motivati, e per riportare Proust al centro di qualsiasi corrente e di qualsiasi dibattito letterario. Non farlo rende più difficile la comprensione del reale ma soprattutto fa passare come innovativo qualsiasi filone sociale critico nei confronti di una percezione della realtà meno superficiale, e invece la Galateria ci ricorda che così non è, visto che al contrario siano tutti in debito con Proust, al punto di non averlo ancora metabolizzato e compreso, tanto da fare passare per esigenze del nostro tempo cose che l’autore francese già aveva messo sotto i nostri occhi molto tempo prima, così da farci sognare con le sue pagine, oppure no, come lo stesso Sergio Leone aveva compreso ed espresso nel suo celeberrimo film, grazie a Noodles/Proust e al suo sogno ipnotico, filo conduttore e veicolo dei sensi tutti, memoria compresa grazie a Marcel.
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