IL MATTINO
Sport e università
07.03.2022 - 17:24
Cus Potenza
Il post degli studenti sull’impianto sportivo, educato e sarcastico, ha incuriosito e spinto a un approfondimento sul tema. Abbiamo così scoperto che il problema della gestione dell’attività sportiva nell’università ha radici lontane e profonde, in un terreno che appare subito poco trasparente e che, come il Mattino aveva già scoperto, ha prodotto frutti avvelenati.
L’attività sportiva e la gestione dell’impianto sportivo è stata lasciata per circa dieci anni a una associazione privata, che avrebbe gestito il tutto in modo fortemente privatistico, ma beneficiando di importanti contributi pubblici. Peraltro senza che sia mai stata espletata alcuna gara per l’assegnazione di questi fondi.
L’associazione privata è il Cus Potenza, che è ha gestito tutto con pochissimi studenti soci (8-12) che terminavano il loro ruolo di studenti in pochi anni e venendo poi esclusi dall’associazione, ma soprattutto da un numero ancor più piccoli di cosiddetti “soci anziani”, figure create ad arte con procedure ambigue e limitate, che di fatto gestivano tutto con una “logica imprenditoriale” poco adatta alle esigenze di un servizio da offrire agli studenti (che erano utenti al pari di tutti gli altri) e soprattutto senza tenere in troppa considerazione le leggi sulla trasparenza e sulla concorrenza.
E, così, il Mattino ha scoperto che da alcuni anni nell’Università sono venuti alla luce alcune criticità serie in questa associazione privata. Di fatto il Cus Potenza sembra aver esercitato una concorrenza non proprio corretta sul mercato delle palestre private potentine, non avendo oneri d'affitto per una struttura di grandissime dimensioni, con campo polivalente coperto e campo da tennis all’aperto che venivano affittati a privati. Il Cus Potenza ha beneficiato di finanziamenti diretti dall’università (circa 600.000 euro in pochi anni) e non ha pagato le utenze. Al Mattino risulta esserci ancora un debito di circa 100.000 euro di arretrati che l’Università non ha incassato. Ma, da quello che si vocifera in giro, sembra che questa sia soltanto la punta dell’iceberg. Nel corso degli ultimi anni, il Cus Potenza avrebbe aggirato spesso le regole che lo legavano all’università, non rendicontando le attività e facendo carta straccia delle regole statutarie previste dai rapporti tra Cus Potenza, Cusi (la federazione nazione dei Cus) e Università. Addirittura, alcuni dirigenti del Cus sembra abbiano avuto atteggiamenti per nulla delicati verso i vertici dell’Università deputati al loro controllo. E, così, sarebbero partite anche delle denunce alla giustizia sportiva (che avrebbero prodotto squalifiche ai singoli) sia esposti alla giustizia ordinaria.
Le presunte irregolarità nella gestione degli anni 2011–2019 devono essere state considerate come particolarmente spericolate, visto che a fine 2019 gli organi di gestione del Cus si sono dimessi, insieme ai revisori dei conti, e il Cus è stato commissariato, nella speranza di risolvere tutti i problemi.
Ma per il Cus Potenza non sono certo una novità queste criticità, visto che è stato già commissariato per ben tre volte in 15 anni. I lunghi commissariamenti non hanno comunque prodotto una risoluzione dei problemi, come nel caso del commissariamento in corso (da più di due anni) che sembra invece averli soltanto amplificati.
Intanto è emerso che il commissario precedente (tale avvocato Nicola Aprile) che aveva cercato di riportare in ordine il Cus Potenza tra il 2010 e il 2012, come riporta la stampa locale toscana, è stato condannato per peculato e appropriazione indebita dei fondi di un altro Cus, quello di Pisa.
E, nel solco di questa particolare tradizione, anche il nuovo commissario del Cus Potenza (tanto per cambiare un ingegnere, tale Cirianni dalla Calabria), sembra aver incrinato ancor più i rapporti con l’Università e con gli studenti.
Nel febbraio 2020 le convenzioni (fatte dal predente commissario) che permettevano al Cus di ottenere finanziamenti e di utilizzare gratuitamente impianti e utenze dell’università sono scadute e allora l'Università ha richiesto di rientrare in possesso della struttura, considerando anche la presenza della pandemia e le questioni ancora aperte.
Il nuovo commissario, invece, non ha ceduto. Università e studenti non sono rientrati subito in possesso della struttura, che è stata restituita solo a fine giugno del 2021 (ovvero 15 mesi dopo). Ma le sorprese non sono finite. L’impianto sarebbe stato restituito senza le attrezzature che erano state acquistate con i soldi pubblici con cui l’università finanziava le attività sportive. Ed ecco allora che passano inutilmente altri otto mesi. Nel mentre, si spera che queste attrezzature non siano state utilizzate da alcuni soci e dipendenti del Cus Potenza per fare attività privata in altre palestre.
Tutta questa triste vicenda non si è ancora conclusa se è vero che gli studenti manifestano in strada con grande maturità e compostezza ma richiedendo fermamente i servizi che gli spettano di diritto. Ma soprattutto questa strana storia ha portato alla ribalta un tema fondamentale che è quello dei servizi e della gestione dell’Università. Come mai gli studenti sono stati lasciati senza un loro diritto fondamentale e per il quale pagano le tasse? Come mai in quasi due anni l’Università non ha trovato una soluzione alla gestione della struttura sportiva nel rispetto delle norme e della trasparenza? Se l’Università non ha intenzione di gestire le proprie strutture e i servizi, come mai queste soluzioni non sono state avviate per tempo con una gara con evidenza pubblica per selezionare i migliori professionisti presenti sul territorio? Come mai nessuno ha denunciato alla magistratura (anche a quella contabile) le gravi violazioni che sono venute a galla, compreso l’impedimento all’uso della struttura e la mancata restituzione delle attrezzature? Come mai il rettore non ha ricevuto gli studenti in tutto questo periodo e non ha valutato nessuna delle proposte che risulta siano arrivate sul suo tavolo?
In tutte le università lo sport è ormai un fenomeno sociale che viaggia di pari passo con lo studio, mentre in Basilicata sembra che i servizi di base non siano nemmeno considerati come essenziali.
Ed ecco allora l’ultima domanda da rivolgere al rettore: per quale motivo i ragazzi lucani, che non possono usufruire di questi servizi, dovrebbero scegliere l’Unibas invece che una qualunque telematica o una delle università del nord dove si può fare didattica a distanza e con una buona detassazione? Si attende una risposta.
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