IL MATTINO
Libri
26.04.2021 - 19:42
“La Grammatica del crimine”, casa editrice Abra books e in vendita su “La Feltrinelli”, “IBIS” e “Amazon” oltre che da Ubik in via Pretoria a Potenza, è il libro di Antonio Calabrese, dottore in Giurisprudenza, Scienze Criminologiche applicate con un Master di II Livello in “Criminologia e diritto penale. Analisi criminale e Politiche per la sicurezza Urbana”. Dal 1997 al 2011 ha vissuto dapprima a Milano, poi a Firenze ed infine a Roma, città presso la quale ha cominciato ad interessarsi attivamente alla criminologia. Dal 2011 è tornato a vivere a Potenza dove collabora alla realizzazione di convegni e Master in criminologia. Dal 2019 è iscritto all’ANCRIM (Associazione Nazionale Criminologi e Criminalisti). “La Grammatica del Crimine” è il suo primo libro e narra della Criminologia, cercando di raccontarla in maniera autentica e profonda quanto professionale, lontana dalle chiacchiere da salotto a cui siamo soliti assistere nel gossip mediatico. Sull’equilibrio essenziale tra “scienza e coscienza” introduce i concetti fondamentali ripercorrendo la storia della materia dal ‘700 fino ad oggi per poi entrare nel vivo con l’analisi dei principali comportamenti criminali e dei più famosi studi di settore. Ci spiega Calabrese: “Non mancano, inoltre, riferimenti a temi spesso ignorati ma che, a mio parere, sono indispensabili per chi abbia voglia di avvicinarsi alla materia con serietà e completezza; mi riferisco, ad esempio, al linguaggio del corpo o allo studio delle principali sostanze stupefacenti”. Da cosa nasce l’idea di dedicare un libro alla criminologia? “L’idea di scrivere un libro del genere nasce dalla voglia di parlare della vera criminologia e indurre alla necessaria competenza. Negli ultimi anni sono aumentati a dismisura gli appassionati della materia e con essi anche i libri, gli articoli di giornale o le trasmissioni televisive che la trattano. Purtroppo, però, è palese che non tutti quelli che approfondiscono l’argomento lo fanno nel migliore dei modi, e ciò avviene, purtroppo, anche tra coloro i quali hanno un’eco mediatica vastissima. Il risultato di questa approssimazione ha, nella maggior parte dei casi conseguenze assai limitate e tutto sommato innocue. Purtroppo, però, alcune volte parlare di criminologia senza avere le giuste competenze e soprattutto “guidati” da professionisti spinti non tanto dalla voglia di fare chiarezza ma più che altro da interessi personali, può portare a conseguenze assai negative nei confronti di tutte le persone a qualsiasi titolo coinvolte nella vicenda. E’ evidente che i primi a pagarne le spese sono i presunti colpevoli dei crimini che di volta in volta vengono esaminati. Essi, infatti, devono difendersi non solo nelle aule dei tribunali ma anche e soprattutto nelle trasmissioni televisive che, al contrario della giustizia ordinaria, non sempre garantiscono il principio sacrosanto della presunta innocenza fino al termine di tutti i gradi di giudizio. Capita, sempre più spesso, che una persona venga accusata e condannata nelle trasmissioni televisive ma di fatto assolta nei processi veri e propri. Purtroppo una condizione del genere non permette la riabilitazione dei soggetti interessati, i quali resteranno i veri colpevoli dell’accaduto per tutta la vita, nonostante l’assoluzione piena nelle aule dibattimentali. Si pensi che casi del genere avvenivano anche prima dell’avvento di internet: per fare un esempio, nel libro accenno alla vicenda di Gino Girolimoni, un benestante romano vissuto in epoca fascista che fu condannato dal chiacchiericcio popolare per aver violentato e ucciso alcune bambine ma che, invece, fu assolto con formula piena in tutte le sedi di giudizio. Inutile dire che Girolimoni morì poverissimo e senza nessun amico e ancora oggi, per le vie della capitale è facile sentire soprattutto i più anziani la parola Girolimoni utilizzata come sinonimo di pedofilo. Il processo mediatico può avere ripercussioni anche nei confronti delle vittime di un crimine, che non vengono viste più come persone da tutelare ma come il mezzo per acquisire popolarità, da spremere quando il caso è ancora attuale e da abbandonare quando il clamore mediatico inevitabilmente si sposta su altri casi”. Quali obiettivi ha nello scrivere un libro interamente dedicato ad uno degli argomenti ormai più discussi anche al di fuori di ricerche e analisi approfondite? “Lo scopo principale è appunto quello di far comprendere ai lettori la delicatezza dell’argomento, in modo tale che gli stessi comincino ad approcciarsi alla materia in maniera quanto più possibile professionale e non sensazionalistica. Occorre far capire a tutti che la criminologia è una scienza e come tale andrebbe trattata in ogni circostanza. Il libro non scopre nulla di nuovo ma ha l’ardire di mettere ordine e di definire le vere basi e i confini della criminologia, in modo tale da far capire a tutti come ragiona un vero criminologo, cosa fa e soprattutto cosa non fa. Il mio auspicio è che, una volta per tutte, si possa mettere al bando una figura che tanto male ha fatto alla criminologia, quella del tuttologo, ovvero di colui che conosce tutti gli aspetti della materia e che riesce a risolvere, senza dubbio alcuno, ogni caso a lui sottoposto”.
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