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Coronavirus, come l'isolamento sociale modifica il tuo cervello

L’isolamento sociale accompagnato dall’incertezza generale e la paura ossessiva di contaminazione hanno messo a dura prova l’equilibrio mentale modificando i legami, le relazioni e l’approccio all’altro

Coronavirus, come l'isolamento sociale modifica il tuo cervello

Tra le innumerevoli problematiche che la Pandemia Covid 19 ha prodotto, l’isolamento sociale accompagnato dall’incertezza generale e la paura ossessiva di contaminazione hanno messo a dura prova l’equilibrio mentale modificando i legami, le relazioni e l’approccio all’altro. Laddove possibile gli unici contatti consentiti sono quelli con il proprio nucleo familiare: stesse persone, stesse dinamiche, stesso luogo, nessun tipo di stimolo esterno e di conseguenza, poche esperienze. Queste condizioni hanno effetti sui comportamenti, sulle proprie emozioni e sui pensieri che accompagnano le attività di ognuno. A loro volta, i comportamenti, le emozioni e i pensieri generano risposte biochimiche che influenzano la mente. Così, a mano a mano il cervello modifica la propria struttura anatomica. Come? La corteccia prefrontale riduce il suo volume (cioè lo spazio che occupa nel cranio): la persona tende a prendere decisioni svantaggiose e mostra comportamenti anti-sociali. “I ricercatori dell’Icahn School of Medicine hanno scoperto che ci sono cellule della corteccia prefrontale mediale che si attivano in situazioni di socialità. Se queste non sono istruite ad accendersi in età infantile faranno fatica ad attivarsi anche in età adulta compromettendo l’interazione umana”. L’amigdala che si occupa della gestione delle emozioni ed in particolare della paura è più piccola nelle persone che vivono in solitudine. “Il California Institute of Technology ha dimostrato che in situazioni di isolamento sociale prolungato per più di due settimane aumenta la proteina neurochina B”. Il livello di tale proteina può causare irritabilità, aggressività, panico e ipersensibilità che intralciano il basico benessere psicofisico. Inoltre l’isolamento aumenta i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) che danneggia l’ippocampo e la sua capacità di ricordare. Il cortisolo circolando ad alti livelli per lungo tempo può trasformare le risposte infiammatorie e immunitarie. E’ importante quindi che accusando segnali di fatica, spossatezza, apatia, dimenticanza, carenza dell’attenzione e concentrazione si agisca nel ricercare piaceri che possano far circolare endorfine. Piccoli stimoli quotidiani, interessanti e progettuali potranno rallentare questo processo favorendo le attività cerebrali. La mancanza di costruzione di legami compromette le capacità di relazionarsi all’altro nuocendo al solco temporale superiore che consente di identificare gli obiettivi altrui, prendere in considerazione la prospettiva degli altri, dare spazio di espressione, e al nucelo accumbens che si attiva per la ricompensa, cioè per qualcosa che provoca piacere come carezze, abbracci, baci, sorrisi, strette di mano e pacche sulla spalla. Modificazioni avvengono anche al lobo dell’insula che gioca un ruolo fondamentale in diverse funzioni legate all’emotività e alle sensazioni viscerali collegate a sé stessi e all’altro. E’ lapalissiano quindi, che un cervello che subisce tali trasformazioni, maggiormente in età infantile, ma anche in quella adulta, comporterà diverse difficoltà proprie e relazionali che sarà necessario sviscerare e affrontare nei tempi e luoghi giusti.

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