Cerca

Lavoro

Come lo smart working ha indotto a un nuovo stile di vita

Il punto di vista di un giovane ingegnere lucano, i pro e i contro del lavoro da casa: «Mi sento molto più responsabile sul lavoro». «Qui al Sud mancano spazi in cui poter lavorare usufruendo della rete wi-fi e di un buon caffè»

Come lo smart working ha indotto a un nuovo stile di vita

 

Fra i termini che il Covid-19 ha diffuso alla conoscenza globale segnaliamo lo smart working o lavoro agile o, più comunemente detto, lavoro da casa. Meno di un mese al termine che fisserebbe la fine dello stato di emergenza, ovvero il 15 ottobre 2020, che, salvo ulteriori proroghe, comporterebbe conseguenzialmente la cessazione dello smart working semplificato. Un modello di lavoro divenuto misura necessaria per fronteggiare la situazione emergenziale e che, nella sua versione semplificata, ne consente al datore di lavoro l’applicazione anche in assenza di accordi individuali e, quindi, a prescindere dall’accordo delle parti. Tanti i punti di domanda che gravano sulla situazione futura del Paese: lo smart working verrà strutturato e regolamento proiettandoci verso un cambiamento culturale o è stata una parentesi che si chiuderà alla stessa velocità con cui si è aperta? Secondo il rapporto annuale Istat sono oltre quattro milioni i lavoratori italiani in smart working che potrebbero potenzialmente raddoppiare: “La stima dell’ampiezza potenziale del lavoro da remoto, basata sulle caratteristiche delle professioni, porta a contare 8,2 milioni di occupati (il 35,7%) con professioni che lo consentirebbero” si legge nel report. “Si scende a 7 milioni escludendo le professioni per le quali in condizioni di normalità è preferibile la presenza sul lavoro”. La parola a Giovanni Pontolillo, laureato in ingegneria gestionale, e attualmente dipendente in un una società di consulenza nella capitale italiana.

Quali sono le sue mansioni e quando ha sperimentato lo smart working?

«Lavoro in una delle Big Four della consulenza, da dieci mesi, e mi occupo di project management e trasformazione digitale nel public sector. La mia azienda fin dai primi giorni di marzo è riuscita a strutturare e pianificare il lavoro da casa».

 

Il 15 ottobre, salvo ulteriori proroghe, scadrà il termine per lo smart working semplificato, che si è distinto per una gestione libera del lavoro e svincolata da orari definiti. Come ha pianificato la sua giornata tipo?

«Prima dello smart working arrivavo in ufficio alle 9.00, la mia pausa pranzo aveva durata di un’ora e terminavo la mia giornata in azienda alle 19.00. A causa dei frenetici ritmi cittadini, molto spesso preferivo una partita alla playstation dopo cena e poi riposare. Una routine piuttosto monotona. Ho avuto la fortuna di trascorrere la quarantena e di lavorare in smart fino ad oggi a Melfi, nel mio comune di nascita e questo ha inciso — in concomitanza al lavoro agile — a mutare il mio stile di vita. Il tempo che precedentemente impiegavo per indossare l’abito e annodare la cravatta e nei mezzi di trasporto o nel tragitto a piedi ora riesco a recuperarlo e dedicarlo al lavoro. Posso gestire le mie attività nell’arco dell’intera giornata, senza vincoli d’ufficio; lavoro per obiettivi e posso decidere di finire un’attività in serata, grazie alla flessibilità di orari data dallo smart working. Al mattino lavoro nella mia camera, nelle ore più calde sul patio e nel pomeriggio in cucina. Cambio ambiente in cerca di maggiori stimoli; in ufficio si è costretti a circondarsi delle medesime quatto mura. Una gestione autonoma mi ha avvicinato a nuovi hobby come il tennis, la pedalata in montagna o la chitarra. Trasferirmi temporaneamente in un piccolo comune mi ha liberato dallo stress di cercare un parcheggio o incappare in uno sciopero della metropolitana. Cosa mi ha lasciato questo periodo? I momenti condivisi con la mia famiglia e con gli amici di infanzia ritrovati».

 

Quali strumenti ha utilizzato?

«Ho un portatile aziendale. Ci serviamo di Google Meet per organizzare le call e non vanificare il lavoro di team, che è fondamentale e utilizziamo una chat di gruppo. La tecnologia, oggi, agevola qualsiasi intervento. Tuttavia mi è capitato di avere problemi di connessione a casa e, quindi, dover chiedere a un amico il piacere di usare la sua. In città ci sono molti bar oppure, spazi appositamente pensati, in cui poter lavorare usufruendo della rete wi-fi e di un buon caffè. Questi spazi al Sud mancano e ad oggi farebbero comodo».

 

Tanti i vantaggi del lavoro agile, ma qual è l’altro lato della medaglia? Sono venuti meno carico motivazionale e contatto umano?

«Manca, in parte, il contatto con i colleghi e le piccolezze, dalla pausa caffè al pranzo del venerdì. Sono tanti, però, i risvolti positivi. Mi sento molto più responsabile sul lavoro, sono consapevole di dovermi impegnare più di prima per ottimizzare tempi e risultati».

 

Fra le prospettive future, la possibilità di favorire il co-working o la rotazione all’interno di uffici.

«L’emergenza ha dato un’opportunità, ovvero ha aperto all’idea della fattibilità dello smart working in Italia. Mi aspetto, in futuro, un giusto mix tra lavoro in ufficio e lavoro in smart. Abbiamo verificato che la produttività non si è ridotta — merito della serenità ritrovata nel privato e dell’attenuazione dei tempi morti —, anzi è migliorata».

 

 

 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Castello Edizioni e Il Mattino di Foggia

Caratteri rimanenti: 400

edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione