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L'analisi della pedagogista

Corso di sopravvivenza al panico da coronavirus

Indicazioni per genitori e figli per gestire le emozioni da allarme e smarrimento

Coronavirus

In un clima di terrore, dopo i casi di contagio da Coronavirus aumentati in Italia, in cui padroneggiano ansia e turbamento, è giusto vengano prese precauzioni anche per la psiche che ne risente profondamente. Ci sono varie implicazioni dal punto di vista pedagogico e sociale che sarebbe utile contrastare con un “Corso di sopravvivenza al panico da COVID-19, per genitori e figli”, aiutando così l’approccio dell’adulto al bambino in una situazione di allarme e smarrimento.
Galimberti definisce la paura come “Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono in atteggiamenti di lotta e fuga”.
La paura per i fenomeni sconosciuti, rari, nuovi, ingestibili è la più grande che possa esistere, e la diffusione del Coronavirus ha proprio queste caratteristiche: il COVID-19 è un batterio così piccolo, tanto da essere evidente solo in laboratorio con microscopi appositi. Invisibile a occhio nudo, impossibile da prevedere, fuori dal controllo umano: “non è solo un’emergenza sanitaria ma anche un’epidemia di insicurezza che dilaga e si amplifica a seguito della diffusione incontrollata di notizie non vere”. Ciò genera ansia, panico, angoscia, negli adulti ma anche nei bambini che ne risentono. Dai tempi di J. Piaget sappiamo che il bambino dall’istante esatto dalla nascita è un soggetto che avverte, comunica, attende risposte, ed è in grado pertanto di mobilitare un ambiente sociale e una rete di relazioni; è dunque una persona formata, e non una composizione successiva di elementi, di conseguenza come gli adulti, percepisce situazioni di pericolo, impregnandosi egli stesso di un’ansia che non comprende e non può rigettare. I bambini assorbono gli stati d’animo degli adulti: se la famiglia genera solo afflizione, sofferenza e tormento di risposta avrà inquietudine, confusione, agitazione.
Educare, significa “insegnare a vivere”, indipendentemente da quelle che siano le condizioni di vita. Valgono ancora i famosi studi di D. Winnicott: “durante i bombardamenti tedeschi su Londra nella Seconda Guerra Mondiale, i bambini meno traumatizzati furono quelli che restarono nei rifugi con i genitori piuttosto che quelli che furono allontanati dalla famiglia per andare in speciali strutture più sicure, lontane dalla città”. Quindi è inestimabile il ruolo familiare di protezione e rassicurazione. Con questo non si proclama vittoria all’occultamento delle emozioni negative dei genitori in quanto, i figli avvertiranno il disagio nonostante le dissimulazioni. Esiste dunque una “via di mezzo” che permette di trattenersi nei limiti, regolando l’intensità della manifestazione dei propri disagi e permettendone una percezione reale, adeguata e proporzionata. E’ necessaria una comunicazione sintonizzata: verbale e non verbale, che trasmetta il messaggio in modo efficace sul fondamento delle capacità percettive e cognitive, nella misura in cui i figli siano in grado di rielaborare sul piano psicologico e cognitivo. Un genitore abile nel mantenere una presenza rassicurante e non ansiogena, insegna al bambino a fare esperienza del dolore, dell’angoscia e della preoccupazione permettendogli di saper gestire situazioni simili in seguito senza restarne bloccato.
In un dialogo chiaro tra adulto e bambino è giusto spiegare e far comprendere l’allarme per qualcosa che minaccia la nostra salute e le nostre abitudini, ma allo stesso tempo è compito dell’adulto insegnare ad affrontare tale minaccia nella giusta maniera: il gioco è la strategia migliore per esorcizzare il pericolo, il disegno è il modo più semplice per lasciar fluire le emozioni e poterle conoscere, il tono di voce il mezzo più utile per tranquillizzare, l’esempio è il procedimento per far si che il regolamento di prevenzione venga rispettato. E’ importante inoltre che il periodo di “isolamento” in casa e l’interruzione provvisoria dell’attività scolastica, vengano percepiti dal bambino come protezione per se stesso e per gli altri, ma allo stesso tempo diventino un momento valoriale in cui poter condividere attività con la famiglia.
Non è un modo per minimizzare il Coronavirus ma per circoscriverlo all’interno di un atteggiamento umano produttivo in cui non vengano assunti comportamenti ipocondriaci ma applicate procedure precauzionali sane per il corpo così come per la mente, dall’adulto al bambino, di genitore in figlio.

*Educatrice, pedagogista, mediatore familiare

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