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Lupo racconta un’infanzia piena di parole anche quando non c'erano: Breve storia del mio silenzio a Venosa

Sullo sfondo la storia della trasformazione della Basilicata e della Italia tutta, dalla rinascita economica e culturale degli anni Sessanta fino alla confusione mediatica del finire del Novecento

Lupo racconta un’infanzia piena di parole anche quando non c'erano: Breve storia del mio silenzio a Venosa

La nascita di un fratello rappresenta la forma di gelosia più comune che possa manifestarsi in una
famiglia. Una forma di gelosia che irrompe quando si concretizza la più antica delle paure di un
bambino: l’angoscia di essere abbandonato, rifiutato o escluso. Da qui in poi piccoli passi indietro,
forme di regressione e di sofferenza, vere e proprie fatiche evolutive, sempre e assolutamente utili.
È successo così anche a Giuseppe, che, al momento della nascita di sua sorella, inconsapevole della
bellezza del crescere, ha rinunciato a far uscire dalla sua bocca voce e parole. Preoccupati di questo
inquietante silenzio, i suoi genitori si affidarono ai migliori medici di città che, di fronte ad una tale
stranezza logopedica, non riuscirono a proporre che spiccioli e fantasiosi rimedi. Da quel momento
in poi l’obiettivo della famiglia fu quello di far recuperare al piccolo la giusta autostima per
superare una delle prime inevitabili tensioni del vivere. I genitori di Giuseppe vivevano al Sud, in
un piccolo paese lucano, e facevano il mestiere di “maestro”. Forse fu un’intuizione, ma la
propensione a “trasmettere” li aveva determinati a decidere di affrontare il problema dell’afasia del
loro primogenito semplicemente dirottando la sua attenzione sui tanti, tantissimi libri - e sulle tante,
tantissime parole - che tappezzavano e caratterizzavano, insieme ad ogni parete della loro casa,
anche la loro idea di modernità. Cultura e desiderio di conoscere vennero “forniti” al piccolo
Giuseppe come una traccia fondamentale non solo per vivere ma anche per affrontare qualsiasi
“paura” del crescere. Fu così che la breve storia del suo silenzio poté trasformarsi in un essenziale
momento di “evoluzione” che ha consentito al protagonista della storia di scegliere
consapevolmente le parole come speciale strumento di vita, di scoprire la letteratura come concreta
possibilità di sperimentare e di attraversare mondi innumerevoli ma anche di decidere di iscriversi a
Lettere alla Università Cattolica di Milano e di decidere di rimanervi ad esercitare la professione di
docente di Letteratura Italiana Contemporanea.
“Breve storia del mio silenzio” è l’ultima fatica del lucano Giuseppe Lupo. Il racconto di
un’infanzia piena di parole anche quando non c’erano. In realtà il racconto di una vocazione e del
“trauma” che, forse non a caso, è stato occasione per scoprirla. Una narrazione fluida, che trova
spazio nella distanza, non solo fisica, tra Atella, in Basilicata, intimo luogo delle radici, e Milano,
luogo aperto di approdo. In verità, anche luogo di destinazione di un viaggio interiore che Giuseppe,
timido studente meridionale, aveva deciso di intraprendere. La “Milano da bere” ma anche la
“Milano Capitale dei libri”, soprattutto negli anni del boom economico in cui l’industria editoriale
cercava forsennatamente “parole” da stampare. Il passaggio da una realtà “arcaica” e per certi versi
“protetta” alla grande metropoli diventa segno del coraggio di una scelta, sostenuta però, da continui andirivieni al luogo natío e, specularmente, da continui dilemmi tra desiderio e rifiuto di dire.
Sullo sfondo la storia della trasformazione della Basilicata e della Italia tutta, dalla rinascita
economica e culturale degli anni Sessanta fino alla confusione mediatica del finire del Novecento.
Lo scorso 26 settembre, “Breve storia del mio silenzio” è stato presentato dalla Società Dante
Alighieri – Comitato del Vulture – presso l’IIS “Quinto Orazio Flacco” di Venosa. Era presente
l’autore che ha piacevolmente dialogato con la prof.ssa Rosa Maglione - Presidente
dell’associazione che ha promosso l’iniziativa - raccontando alcuni significativi episodi della sua
storia personale, citati nel libro, che hanno ben saputo restituire, per suggestioni evocative
trasmesse, il senso di questo suo “racconto del vero”. La facilità e la simpatia con cui Lupo è
riuscito a rapportarsi e a rappresentarsi testimonia la sua grande capacità di “socializzazione delle
parole” quale fattore immancabile nella costruzione di quelle che sono le condizioni di una buona
ed efficace comunicazione e non solo a livello didattico. Non a caso il suo libro è dedicato ai
genitori, i primi maestri, e a tutti gli altri che lo sono stati. Perché è inevitabile che le parole di tutti i
possibili maestri, seppure rielaborate in silenzi, diventano pensieri ed emozioni per tutti i possibili
allievi. Assolutamente consigliato a chi ama storie in cui ritrovare lo spirito della bella terra lucana,
fieramente trascinato e testimoniato al Nord.

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