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Il libro di Francesco Gallo sull'antico rapporto tra cinema e pugilato, tra finzione e realtà

La settima arte racconta la nobile arte

Il giovane storico e sceneggiatore analizza dieco capolavori sulla boxe, tra sport, società e tecnica cinematografica

La settima arte racconta la nobile arte

Tanta boxe ma anche tanta cultura cinematografica nel libro del giovane sceneggiatore, c’è da imparare tanto nel leggerlo: riesce a inserire spiegazioni tecniche e descrivere la genesi del film dall’idea alla produzione, senza appesantire anzi Gallo mette ko la noia. Le pellicole trattate sono solo dieci, ma in realtà si citano e si descrivono molti più film, anche accenni a quelli italiani

 

“Questa sera ho vinto anche io”, una frase che potrebbe essere detta in qualunque occasione, semmai scherzando da chi perde per esempio sempre a poker e una tantum è baciato dalla fortuna.  Una frase adatta a Francesco Gallo, di formazione storico, specializzato nel rapporto tra cinema e sport ed anche sceneggiatore per il grande e piccolo schermo. Gallo ha fatto poker, anzi scala reale ed può dire “Questa sera ho vinto anche io” con una bella  scala reale dal nome “Il cinema racconta la boxe. Gli eroi del ring sul grande scherzo” edito dalla Ultra Novel.  Usando non a caso quella frase che poi è il titolo in italiano di “The Set-Up” di Robert Wise, un film del 1949, tra i migliori del genere pugilistico. Gallo ha scritto un volume agile, si fa leggere nello stile ed allo stesso tempo nelle 189 pagine comprensive di filmografia e bibliografia con una mole enorme di informazioni e di stimoli alla ricerca ad appassionati sia della settima arte che della nobile arte. Partiamo dalla scelta, sono analizzati dieci film, nove americani ed uno italiano Tatanka di Giuseppe Gagliardi, tratto dal racconto “Tatanka Scatenato” di Roberto Saviano ed interpretato dal pugile Clemente Russo.

Il resto sono americani, del resto l’industria cinematografia si è sviluppata lì, la boxe anche, dopo essere arrivata dalla Vecchia Albione, ma in Inghilterra ne ha avuto le origini ma i primi veri idoli sono americani, semmai con dna celtico, come gli irlandesi puri come NoPareil Jack Dempsey a quelli di origine come John Laurence Sullivan e Jim Corbett. Non a caso Gallo inserisce “Preferirei di gran lunga essere campione del mondo dei pesi massimi – cosa impossibile – che re d’Inghilterra, o presidente degli Stati Uniti o Kaiser di Germania” come scriveva Jack London e gli faceva eco Ernest Hemingway “Harry Greb è il più grande americano della storia”, riferendosi al mitico guercio che ormai combatteva quasi cieco, oltre trecento incontri da parte del mulino di Pittsburgh.

Il cinema ha sempre trattato la boxe, anzi il cinema americano, o melgio precisiamo lo spettacolo statunitense ha sempre “utilizzato” i campioni della boxe nel vaudeville e nel teatro per richiamare il pubblico; perché il pugile era un eroe popolare. John Sullivan, ex studente di drammaturgia si esibiva nei teatri recitando, Joe Choynski e Peter Jackson l’ercole nero giravano i teatri americani con la Capanna dello Zio Tom; Jim Corbett lo stesso. Storia antica quella tra cinema e pugilato negli Usa, si inizia con Men Boxing del 1891 prodotto da Thomas Edison, e per citare anche Corbett and Courtney Before the Kinetograph diretto da William Dickson, sempre prodotto sa Edison. Gallo riesce a portarti per mano attraverso dieci pellicole, una scelta difficile poiché se l’Italia ha poco trattato la boxe nelle pellicole, i capolavori americani sono tanti. Si inizia con Toro Scatenato, il bianco e nero di Scorzese con sottofondo delle musiche di Mascagni sulla vita di Giacobbe “Jake”  La Motta o lo stupendo “Quando eravamo Re” dove Alì Bomayè riecheggiava a Kinshasa in quel incontro siderale che fu Foreman – Muhammad Alì. Quasi tutti film su vere storie come l’ex delinquente Rocco Barbella ovvero Rocky Graziano di “Lassù qualcuno mi ama” o Rubin Carter di “Hurricane” e Jim Braddock di “Cindarella Man”. Bravissimo Gallo ad analizzare quando la finzione prende sopravvento per ragioni di spettacolo sulla realtà, dimostrando anche una notevole cultura pugilistica- il papà è stato pugile dilettante- Rubin Carter perse contro Joey Giardello e non fu un verdetto falsato, era un teppista e non una vittima di pedofilia e quando fu arrestato era ormai a fine carriera; Gallo lo evidenzia e così per Cindarella Man dove Max Baer viene descritto come uno psicopatico: Max era un burlone, una linguaccia del ring, un clown dal pugno micidiale ma non un uomo cattivo e sadico. Tanta boxe ma anche tanta cultura cinematografica nel libro del giovane sceneggiatore, c’è da imparare tanto nel leggerlo: riesce a inserire spiegazioni tecniche e descrivere la genesi del film dall’idea alla produzione, senza appesantire anzi Gallo mette ko la noia. Le pellicole trattate sono solo dieci, ma in realtà si citano e si descrivono molti più film, anche accenni a quelli italiani. Da evidenziare anche l’attualità con Stone of Hands, non ancora uscito in Italia sulla vita di Roberto Duran, film con la partecipazione di Robert De Niro nella parte del mitico allenatore Ray Arcel, il Socrate della boxe e la scelta del film italiano; non il capolavoro di Visconti “Rocco ed i suoi fratelli”, fin troppo richiamato quando si parla di pugilato; bene ha fatto a variare e lo dico da lucano e da amico di Rocco Mazzola, il nostro Gigante Buono della Basilicata che appare nel film ed è espressamente citato : Come ti chiami ? chiede l'allenatore di boxe Cerri (Paolo Stoppa) Rocco risponde il giovane (Alain Delon) .- Come Rocco Mazzola; porta fortuna;sei lucano pure tu...

Non poteva mancare la saga dei Rocky di Stallone, descritti mirabilmente compreso l’odissea del giovane Stallone a cercare un produttore, una vera storia del american stile life: lo squattrinato attore con una idea vincente che porta dal nulla un film da Oscar ed anche lì la cultura pugilistica di Gallo: le scene di boxe sono oltre il limite della mera finzione, quasi grottesche e irreali. Un plauso alla scelta di The harder they fall, in Italia “Il colosso di Argilla” l’ultimo film del grande Humphrey Bogart liberamente ispirato, anzi troppo liberamente ispirato alla vita di Primo Carnera e anche maltrattato tanto che il pugile pianse quando lo vide e non ebbe il coraggio di dirlo al figlio; si narra che disse che il film parlava di un pugile che è stato troppo ingenuo, troppo. Una pellicola dove hanno una parte importante due campioni dei pesi massimi: Joe Jersey Walcott e Max Baer, sempre lui a gigionare, una parte dove recitava se stesso in pratica la finzione che diventa realtà pur essendo finzione. La speranza è che Francesco Gallo continui a deliziarci con libri su boxe e cinema, semmai perché no trattando anche i nostri pugili divi del cinema come Erminio Spalla, Enzo Fiermonte o Jack Johnson  oppure i pugili chiamati ad apparire nel film per attirare pubblico nelle sale come  The Manassa Mauler Jack Dempsey, Jim Corbett, Jim Jeffries, Billy Papke e tanti altri

 

Francesco Gallo (Cosenza, 1985) è uno storico dello sport, membro della Società Italiana Storia dello Sport (S.I.S.S.). Da qualche anno lavora anche nel mondo del cinema come sceneggiatore. Ogni settimana conduce su RadioGoal24 il programma "Maracanà - il giro del mondo in 90 minuti". Per Ultra Edizioni ha già pubblicato "Una Storia europea. La Coppa Delaunay dalle origini a oggi"  e "Le dee di Olimpia. Cent'anni di traguardi raccontati attraverso i Giochi".Le sue più grandi passioni, oltre ai libri e ai dischi, sono il calcio, il pugilato e le belle storie da raccontare.

 

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