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04.10.2025 - 12:18
Correva l’anno della speranza – o meglio, della campagna elettorale – e Vincenzo Telesca, allora candidato sindaco del centrosinistra, con la faccia pulita e le promesse ancora più lucide, proclamava con enfasi: "Propongo un piano innovativo per un trasporto urbano efficiente. Vietando l’ingresso in città dei pullman dai comuni limitrofi, creeremo un punto di arrivo strategico... navette elettriche... potenziamento autobus... ridurremo il traffico del 30% nel primo anno e lo dimezzeremo nel secondo..." Insomma, sembrava di ascoltare un mix tra Elon Musk e un assessore al traffico di Zurigo. Solo che oggi, a quasi un anno e mezzo dall’insediamento, il risultato è sotto gli occhi (e i clacson) di tutti: spostarsi a Potenza è diventato uno sport estremo. Il "punto di arrivo strategico"? Si è perso nei meandri di qualche delibera polverosa, tra un PowerPoint e una stretta di mano. Telesca aveva promesso di abbattere il traffico nei primi cento giorni. In effetti qualcosa è stata abbattuta: la fiducia dei cittadini e in certi casi pure le sospensioni delle auto sulle strade rattoppate. Nel frattempo il traffico è quello di una metropoli con i servizi pubblici di una provincia dimenticata. La pazienza dei potentini non è elettrica. E nemmeno ricaricabile. Prima che la città vada in tilt definitivo, forse è il caso di fare qualcosa. Perché la Potenza che doveva diventare smart, sostenibile e interconnessa, oggi è solo una città bloccata, che arranca tra le buche e i buoni propositi, dove si è più vicini a un’esplosione di nervi che a una rivoluzione ecologica.
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