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Il Savonarola d'Azione tra Sicilia e Basilicata

Il Savonarola d'Azione tra Sicilia e Basilicata

Carlo Calenda è un personaggio curioso: un Savonarola a chiamata, un censore di professione che si accende a intermittenza come una lampadina difettosa. Quando intravede un’occasione mediatica brandisce lo spadone della moralità e cala fendenti come se stesse salvando il Paese da una peste medievale. Peccato che la sua crociata contro i notabili della politica somigli più ad una selezione personale che a un vero atto di coerenza. L’ultimo episodio? L’attacco a Renato Schifani, presidente della Regione Sicilia, ribattezzato con un certo gusto satirico “Re Renatino I”. Calenda lo accusa di ostentare una certa “arroganza feudale”, una stoccata brillante se non fosse che, appena qualche regione sopra lo Stretto, c’è un altro signore che ha trovato ospitalità proprio nella corte di Azione: Marcello Pittella, attuale presidente del Parlamentino regionale e pezzo "pregiato" della politica lucana degli ultimi trent'anni e oltre. Che dire del chiacchierato e poco estetico tirocinio al San Carlo di Potenza? Gratis, certo, ma come un neolaureato qualsiasi. Quando la notizia è diventata di dominio pubblico il nostro Calenda non ha mosso ciglio. Non una parola, non un tweet, non una di quelle sue invettive da talk show. Pittella non è un feudatario da denunciare. Anzi, è un compagno di viaggio silenziosamente accolto. Perché alla fin dei conti il purismo morale ha sempre bisogno di deroghe tattiche. E allora la sua battaglia contro i “baroni” sembra più una guerra di orticelli concorrenti che una crociata per la trasparenza. Forse più che Savonarola, Calenda rischia di sembrare un moderno Don Chisciotte: da un lato i mulini a vento siciliani, dall'altro le fortezze lucane.

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