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8.000 motivi per crederci, la ricetta di Galella (FdI) per il recupero della Vivalat

A Potenza un crocevia dimenticato accanto al Basento e al ponte Musmeci può diventare il simbolo di una profonda rigenerazione urbana

8.000 motivi per crederci, la ricetta di Galella (FdI) per il recupero della Vivalat

Le immagini parlano da sole: vetri rotti, muri scrostati, vecchi macchinari avvolti dalla polvere e dal silenzio. L’ex Centrale del Latte – oggi Vivalat – è lo specchio doloroso di ciò che accade quando un luogo perde il suo senso, la sua anima, il suo legame con la comunità. Un pezzo di città abbandonato, dimenticato, ferito. Ma ogni ferita, se curata con visione e coraggio, può trasformarsi in rinascita. È proprio questo il messaggio lanciato stamane dal consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Alessandro Galella, durante una conferenza stampa nella sede del Consiglio regionale della Basilicata. Un appello concreto, accompagnato da una proposta chiara: rigenerare l’edificio Vivalat e restituirlo alla collettività come grande laboratorio per la creatività lucana. Galella ha immaginato un futuro radicalmente diverso per quegli 8.000 metri quadrati oggi abbandonati: un polo creativo multifunzionale, ispirato alle migliori esperienze nazionali (come l'ex Mattatoio a Roma nel quartiere testaccio) ed europee (dalla Danimarca alla Francia) di rigenerazione urbana.

“Il capannone della Vivalat può diventare un punto di riferimento per artisti, artigiani, musicisti e giovani menti creative di tutta la Basilicata”, ha dichiarato. Laboratori per il legno, il ferro, la ceramica, sale per concerti e mostre, spazi per l’arte e la socialità. Un luogo vivo, vibrante, dove le idee, la formazione, l'apprendimento e la contaminazione possano circolare liberamente, dove la bellezza possa tornare a germogliare tra le crepe dell’abbandono. “Questo edificio è una ferita urbana che necessita di una risposta immediata e concreta”, ha affermato Galella con decisione. E ha ragione. Perché lasciare che il degrado si trasformi in rassegnazione sarebbe un fallimento non solo urbanistico, ma soprattutto culturale e sociale. Riqualificare Vivalat significa ridare dignità a un pezzo di città dimenticato e costruire nuove occasioni di crescita, lavoro e inclusione. Il valore di quest’area va ben oltre i suoi confini fisici. Si colloca in una posizione chiave, vicinissima al Parco fluviale del Basento, al ponte Musmeci – icona di architettura e ingegno – e alla nuova zona urbana in via di sviluppo. Un crocevia naturale tra memoria industriale e futuro urbano. “Potenza deve guardare avanti, diventare centro di servizi, cultura e qualità della vita per tutta la regione”. La proposta di Galella non si ferma alla visione: poggia su basi concrete. L’immobile è già di proprietà della Regione Basilicata, che ha siglato un accordo con l’Agenzia del Demanio per avviare la progettazione degli interventi. Il consigliere chiede ora che una parte del Fondo Sociale di Coesione – circa un miliardo di euro – venga destinata a questa iniziativa. Non solo: il progetto prevede una gestione mista pubblico-privata, garantendo però la massima apertura e partecipazione a livello regionale. E, aspetto cruciale, la struttura sarà dotata di tecnologie green e rinnovabili, per abbattere i costi e diventare un modello di efficienza e sostenibilità. Grazie a progetti come quello di Galella, Potenza può voltare pagina. Rigenerare non significa solo costruire. Significa restituire senso, restituire luoghi, restituire futuro. Vivalat non è solo un edificio: è una sfida. E può diventare un simbolo di rinascita per tutta la Basilicata.

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