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11.08.2025 - 11:54
L’estate 2025, almeno lungo le coste italiane, ha un’immagine ben diversa da quella delle cartoline patinate: file di lettini semivuoti e stabilimenti che, anche nel cuore di agosto, registrano cali di presenze mai visti negli ultimi anni, neppure durante il periodo pandemico. Un trend che, secondo le associazioni di categoria, in alcune aree ha raggiunto punte del 25% tra giugno e luglio. La fotografia è chiara: il turismo balneare tradizionale sta vivendo una crisi profonda, schiacciato tra il caro-prezzi e la ridotta capacità di spesa delle famiglie italiane. Quello che una volta era un rituale estivo – prenotare sempre lo stesso ombrellone nella stessa località e trascorrere settimane intere in riva al mare – oggi si scontra con tariffe cresciute più dell’inflazione e stipendi che non seguono lo stesso passo. Secondo un’indagine di Altroconsumo, nelle dieci principali località balneari monitorate, i prezzi di un ombrellone e due lettini sono aumentati in media del 17% rispetto a quattro anni fa, con rincari del 5% solo nell’ultimo anno. Ad agosto, una settimana in prima fila può costare 340 euro ad Alassio, quasi 300 a Gallipoli, 240 ad Alghero e oltre 200 a Viareggio. All’estremo opposto, Rimini, Lignano e Senigallia restano sotto i 160 euro settimanali, ma anche qui i rincari ci sono stati. E ai costi base vanno aggiunti extra come docce calde, cabine, accesso per terze persone o utilizzo di attrezzature. Il confronto con l’inflazione fa riflettere: se l’aumento generale dei prezzi in Italia è stato del 2% nell’ultimo anno, molti stabilimenti hanno applicato rincari ben più consistenti. Una sproporzione che, unita alla stagnazione salariale e all’aumento delle spese obbligatorie (mutui, bollette, Tari), ha portato molte famiglie a rivedere drasticamente le vacanze. I gestori, però, respingono l’accusa di “speculazione” e puntano il dito contro una crisi più ampia. “La vacanza italiana è la cartina di tornasole di un Paese in difficoltà – spiega Antonio Capacchione, presidente di Sib Confcommercio –. A luglio arrivano bollette e tasse, e le famiglie tagliano su tutto, ferie comprese. Non è solo una questione di prezzi”. In alcune aree, come Toscana e Liguria, il maltempo di inizio estate ha peggiorato la situazione. “Luglio è stato un disastro – racconta Federico Pieragnoli, presidente di Sib Toscana –. Se aggiungiamo le incertezze dovute a guerra, dazi e rincari energetici, il risultato è che si passa da dieci giorni al mare a cinque, o ci si limita a un weekend lungo”. Il fenomeno più evidente di questa estate è la crescita esponenziale delle presenze sulle spiagge libere. In molte località, soprattutto del Centro e Sud Italia, gli arenili non attrezzati sono affollati già dalle prime ore del mattino, mentre i lidi privati restano semivuoti nei giorni feriali. Mentre il segmento medio-basso del turismo balneare soffre, il lusso sembra non conoscere crisi. Strutture esclusive, beach club con servizi premium e mete d’élite continuano a registrare il tutto esaurito, trainati soprattutto da una clientela straniera. Questo squilibrio si inserisce in una più ampia trasformazione del turismo italiano: se da un lato le coste “popolari” arrancano, agriturismi, borghi dell’entroterra e località montane registrano un boom di prenotazioni. Un segno che la domanda c’è, ma cerca alternative più economiche o con un rapporto qualità-prezzo percepito migliore. Il Ferragosto, tradizionale “picco” della stagione, sarà il vero banco di prova. Ma anche in caso di pienone, le associazioni di categoria avvertono: non basterà a recuperare le perdite di inizio estate. E se il trend non si invertirà, il rischio è di assistere, nel giro di pochi anni, alla fine della villeggiatura balneare di massa così come l’Italia l’ha conosciuta per decenni. L’ombrellone fisso, simbolo delle estati italiane, rischia di diventare un privilegio per pochi. Mentre la battigia, un tempo affollata di famiglie e risate, potrebbe restare sempre più un luogo da cartolina, bello da vedere ma difficile da vivere.
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