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Cure domiciliari a intermittenza, la Sla non va in ferie: da Trivigno la storia di Giuseppe

Segnalata la situazione e appresa la gravità dei fatti, la risposta dell’ASP di Potenza è arrivata forte e chiara. C'è un contratto da rispettare, sollecitando "l'immediato ripristino della continuità delle prestazioni fisioterapiche"

Cure domiciliari a intermittenza, la Sla non va in ferie: da Trivigno la storia di Giuseppe

C’è un dramma nel dramma che si è consumato in silenzio tra le mura di una casa di Trivigno in provincia di Potenza. Il signor Giuseppe, malato di SLA, riceve – o meglio, dovrebbe ricevere – le cure domiciliari garantite da contratto pubblico. Ma nella Basilicata delle cooperative affidatarie e degli appalti milionari, talvolta il diritto a non soffrire da soli può trasformarsi in un privilegio stagionale, soggetto a ferie, turni e dimenticanze.

Così la caregiver di Giuseppe, che amorevolmente se ne prende cura, ormai esasperata da una situazione tanto grave quanto surreale, ha denunciato senza giri di parole dapprima la gestione superficiale del servizio di fisioterapia domiciliare, poi dulcis in fundo "l’interruzione arbitraria da parte della cooperativa Auxilium", affidataria del servizio.

“Giuseppe, affetto da SLA variante di Mills – patologia neurodegenerativa rapida e invalidante – dovrebbe sottoporsi alla fisioterapia cinque giorni su sette. Gliene hanno concessi due, tre al massimo, in base alla fortuna. Poi, dal 3 luglio 2025, il nulla assoluto. Nessuna formale comunicazione, nessuna sostituzione, solo silenzio e abbandono”, racconta. E a fare compagnia alla malattia non è arrivata affatto la cooperativa con delle scuse e il ripristino delle attività, bensì - dopo numerose sollecitazioni - l'improvvisazione più totale: “Con le ferie in arrivo, non si può garantire nulla fino a settembre”, spiega la caregiver. La SLA, purtroppo, non ha un calendario e neppure le ferie.

Segnalata la situazione e appresa la gravità dei fatti, la risposta dell’ASP di Potenza è arrivata forte e chiara. C'è un contratto da rispettare, sollecitando "l'immediato ripristino della continuità delle prestazioni fisioterapiche". L’Azienda sanitaria ha avanzato una "richiesta urgente di dettagliati chiarimenti" all’ATI (Auxilium coop sociale e La Mimosa coop sociale), richiamandola ad un "puntuale ed esatto adempimento" e ricordando pure che "non è prevista la facoltà di modificare o interrompere arbitrariamente le prestazioni assistenziali", con l'onere di comunicare criticità di varia natura che possano incidere sulla corretta esecuzione.

E mentre a Trivigno chi ha seguito questa surreale vicenda domanda se la vita di chi vive lontano dai centri urbani più grandi valga meno – o se il diritto alla salute debba fare i conti con le ferie o con un eventuale rimborso chilometrico – nella Città di Orazio, esattamente in quei giorni, era in programma una grande celebrazione proprio di Auxilium: “Il Modello Venosa compie 20 anni” si legge sui social. Sì, proprio quel modello che dal luglio 2005 si autodefinisce esempio europeo di cure domiciliari. Una festa alla presenza del presidente Pietro Chiorazzo con racconti nostalgici di quando si è passati “dalla cura al prendersi cura”. Una storia sicuramente edificante, ma raccontata senza ascoltare chi, oggi, quel modello a volte non proprio performante lo vive sulla propria pelle. Perché tra un brindisi e l’altro, nessuno ha bisbigliato che nel frattempo, magari a pochi chilometri di distanza, ci sono dei signor Giuseppe che aspettano invano, tra chi viene lasciato solo e chi scopre che l’assistenza domiciliare funziona a singhiozzo - forse - in base alla location e al periodo. Insomma, il modello c’è. Ma forse è più da rivedere che da celebrare.

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