IL MATTINO
Economia
06.06.2025 - 15:34
Questa è la storia di un incontro. Ma anche – e soprattutto – la cronaca di una ferita aperta, che ha il volto e la voce di milioni di italiani. Gente che lavora, che ha lavorato, che vorrebbe continuare a farlo. Gente che non fa rumore, ma che affonda. Stamattina Angelo Gabriele Pignatelli, delegato regionale pugliese del Popolo delle Partite Iva-Unione Nazionale, ha varcato il portone della Prefettura di Brindisi. Lo ha accolto il prefetto Luigi Carnevale. «Gentile e cordiale», annota Pignatelli, come si annotano le cose preziose, quando la politica – e perfino la Chiesa – sembrano avere smarrito l’abitudine all’ascolto. Quella di Pignatelli è la voce di chi porta addosso non solo la sua storia, ma quella di un popolo invisibile. Un popolo di piccoli imprenditori, artigiani, agricoltori, commercianti e semplici cittadini: 7 milioni di italiani schiacciati da debiti che non hanno cercato. A ognuno di loro il Covid ha lasciato in eredità chiusure, crolli di fatturato, mutui congelati solo sulla carta, e una burocrazia incapace di comprendere la dimensione del disastro. Poi è arrivata la guerra. Non solo quella sui confini d’Europa, ma anche quella silenziosa che si combatte in bolletta: energia alle stelle, inflazione che corre senza senso, e una Banca centrale europea che aumenta i tassi d’interesse come se l’inflazione fosse figlia della domanda e non del panico. «Quando l’inflazione è causata da shock esterni, non da una domanda impazzita – osserva Pignatelli – non si aumentano i tassi, si ascolta chi sta precipitando». E invece no. Si è lasciato campo libero a un’epidemia più subdola del virus: sovraindebitamento, crediti deteriorati, usura. «Una pandemia sociale», la chiama lui. Ma senza task force. Senza bollettini. Senza coprifuoco. Eppure, le soluzioni – dice Pignatelli – ci sarebbero. Alcune esistono già: la legge 108 del 1996 contro l’usura, la legge 3 del 2012 sul sovraindebitamento. Norme che giacciono dimenticate nei faldoni delle aule parlamentari o nei corridoi degli studi legali, inaccessibili a chi non ha più nemmeno i soldi per un avvocato. Poi c’è il DDL 788, quello che potrebbe costringere banche e società di credito a venire a patti col buon senso. Ma anche quel testo è finito nel limbo delle cose scomode. «Sta nei cassetti – dice Pignatelli – perché tocca interessi troppo grandi, quelle di banche e società di crediti». La sua è una testimonianza personale, ma anche un gesto politico, nel senso più alto del termine. Pignatelli parla da delegato regionale del movimento Popolo delle Partite Iva-Unione Nazionale, ma è una battaglia che non porta tessere, né ideologie. Porta nomi, bollette, protesti, famiglie sull’orlo. Alla fine dell’incontro, chiede al Prefetto una cosa semplice e concreta: convocare un tavolo. Chiamare tutti – associazioni di categoria, banche, Confidi, fondazioni antiusura, rappresentanti del governo – e iniziare a discutere. Sul serio. Perché, come scrive lui stesso nel messaggio che affida alla stampa, «tutto il mondo produttivo italiano è in seria crisi e difficoltà economica». E aggiunge: «A prescindere dalle dichiarazioni di parte». C’è una frase, tra le righe di questa storia, che resta. Una frase che spiega tutto: «Le soluzioni che ho maturato, mio malgrado, dal dramma che vivo io e la mia famiglia dal dicembre 2019». È da qui che si dovrebbe ripartire. Da un dramma individuale che diventa battaglia collettiva. Da un dolore che si fa proposta. E da un’Italia che chiede soltanto di essere ascoltata. Prima di sparire del tutto.
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