IL MATTINO
Libri
25.04.2025 - 18:40
Francesca Sassano
«Il punto di partenza della narrazione è l’ossessione attorno alla quale ruota la storia di Chiara Gos: quella notte – che non ricorda – e l’ingiusto processo che ha rovinato la sua vita allontanandola dal figlio e le ha portato via il lavoro ma soprattutto l’innocenza. Quando finalmente riesce a riconquistarla, arriva
all’amara conclusione: quella restituita non ha lo stesso valore di quella che le era stata tolta, è
solo l’innocenza colpevole. E proprio quando la sua vita sembra poter ripartire, ecco un nuovo
affronto: il ritorno e la presenza insistente di chi stava all’origine di tutto e l’aveva fatta condannare, il protagonista di quella notte che Chiara si era costretta a dimenticare perché, in fondo, chi le avrebbe creduto dopo la sentenza? Tra emozioni forti e colpi di scena, il romanzo tocca tematiche attuali come il rapporto tra uomo e donna, la giustizia, il senso di colpa e l’insistenza di un sentimento respinto, che sfocia in violenza». La sintesi è questa. La storia di Chiara l'ha raccaontata Francesca Sassano, avvocata, narratrice, pubblicista, presidente dell’Associazione Keep On. Sassano ha scritto pagine di diritto e letteratura, ma con «L'Innocenza colpevole» ha varcato una soglia più intima: quella del dolore che sopravvive anche quando arriva una sentenza giusta. Il libro, come descrive la sinossi, parte da una notte: un buco nella memoria, una condanna ingiusta. Ma più di tutto, una macchia invisibile. La macchia che resta anche quando tutto viene chiarito. Perché l’innocenza, una volta toccata, non torna più com’era. Diventa colpevole. Non per la legge. Ma per lo sguardo degli altri.
E da qui inizia il nostro dialogo.
L’innocenza colpevole è quasi una contraddizione, perché questa scelta?
«È il vero tema della narrazione, la protagonista ha un vissuto che le ha consegnato una verità ingombrante. Dopo un processo c’è solo l’innocenza colpevole. L’innocenza esiste solo se non è mai stata messa in discussione. Dopo c’è solo l’innocenza colpevole. Ogni processo macchia quello che nasce immacolato. E non viene più restituito. Anche la giustizia si fa furba, di fronte all’errore cerca il difetto di chi è stato processato per non riparare».
Un tema importante: esiste una riparazione dopo la revisione di una sentenza?
«È difficile che ciò avvenga, lo Stato è patrigno e avaro. Se deve prendere lo fa con una spallata forte nella vita dell’imputato e soprattutto del condannato. Dopo non si pone il problema del tempo e della restituzione, ma solo di come evitare il danno che pure ha prodotto... ma questa è un’altra storia, non è la nostra narrazione».
Infatti, qui la vicenda si avvita su se stessa, senza svelare nulla, i ruoli e i personaggi si scontrano e si rincontrano. L’epilogo è forse una speranza?
«Personalmente credo che nella vita, in un modo o in un altro, i conti vanno sempre a pareggio. Nel senso che il coraggio e la fiducia nella propria innocenza è un motore incredibile, ancora di più se è donna».
È quindi la condizione femminile, nella storia, un elemento importante.
«Fondamentale, nel di più della sofferenza e della forza, nell’isolamento della condanna ingiusta, nel tempo che è trascorso in privazione di gioia... ma anche nell’approdo di giustizia. Sì, certo è un’innocenza colpevole per gli altri, che non hanno vissuto nulla ma non hanno neanche raggiunto quel traguardo».
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