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Ritratti: Pier Vittorio Tondelli e la nascita del romanzo apolitico

Ritratti: Pier Vittorio Tondelli e la nascita del romanzo apolitico

Nel gennaio del 1980 esce per Feltrinelli, dopo un lungo lavoro di editing di Aldo Tagliaferri, “Altri libertini” di Pier Vittorio Tondelli.
“Altri libertini” fu un grande successo e la consacrazione letteraria dello scrittore di Correggio. Una cosa che colse Pier Vittorio Tondelli totalmente impreparato, lo fece uscire dall'anonimato, dandogli una visibilità che probabilmente lui stesso non cercava, almeno nelle modalità con cui questa gli si prospettò.
Una di queste modalità fu l'ordinanza di sequestro dell'opera, nel Marzo 1980, da parte del Procuratore Generale dell'Aquila, “Altri libertini” fu accusato di essere osceno, blasfemo: un manifesto di depravazione sessuale.
Le pagine di “Postoristoro”, il primo dei sei racconti di cui è composto il libro, racconto in cui viene descritta la scena di una dose di eroina iniettata su un pene in erezione, avevano fatto sì che si arrivasse alla denuncia.
Corrado Costa, del Gruppo ‘63, avvocato, fu chiamato a difendere casa editrice e autore, mentre Aldo Tagliaferri, che accompagnò lo scrittore in aula, si prese la responsabilità per ciò che riguardava l'editing.
Il processo si concluse con un nulla di fatto, eppure contribuì non poco al successo del libro, libro che fino a quel momento non aveva ottenuto grande visibilità.
Grazie a questo diventò il simbolo di una generazione che fino ad allora non era stata raccontata. Una variegata e variopinta umanità composta da: gay, tossicodipendenti, trans, soggetti che mai avevano assunto i connotati di protagonisti del quotidiano, quotidiano famigliare, e che aveva la provincia emiliana come sfondo.
Gli argomenti erano quelli classici e adolescenziali, come l'amore e la difficoltà di accettare la realtà. La differenza, rispetto alla produzione letteraria italiana del momento, risiedeva proprio nella voglia di raccontare il disagio, minuto, di una generazione senza che questo disagio avesse una connotazione politica, come in quegli anni accadeva.
« Io volevo baci larghi come oceani in cui perdermi e affogare, volevo bagni di Bacci in cui rilassarmi e finalmente imparare i suoi movimenti d'amore » scriveva.
A trentatre anni dalla sua morte, e a quarantaquattro dalla pubblicazione di “Altri libertini”, cosa rimane, ma soprattutto cosa fece di un romanzo ad episodi, un evento talmente potente da mettere in scacco un’ intera generazione e il suo stesso autore?
Vediamo
Il contesto sociale nel quale “Altri libertini” è ambientato è oggi in parte superato grazie ai social, e al fatto che anche il posto più sperduto al mondo riesca ad essere uguale a qualsiasi altro posto, perdendo così quella patina di stantio, che fa malessere e rende qualsiasi luogo, e chi lo descrive, "maledetto".
Resta (e questo i social non l’hanno mutato né accelerato) la difficoltà di fare della scrittura un mestiere, con la consapevolezza di avere una bomba a mano tra le dita, consapevolezza che non era dell’ autore e neppure di qualsiasi altro scrittore passato e presente allo stadio germinale, ma anche successivo, del proprio percorso.
L'accelerazione che la visibilità della scrittura continua ad essere un’impegnativa spada di Damocle, così le narrazioni ombelicali, come lo erano quelle di Pier Vittorio Tondelli a voler essere onesti.
Le droghe che pure avevano un ruolo all'interno della sua scrittura, e la loro narrazione, non hanno più gli stessi contorni ma nemmeno lo stesso valore in termini di vissuto e di consapevolezza.
Quel mondo totalizzante, al punto da diventare linguaggio e da annullare tutto il resto, non esiste più.
Il disagio sociale non è più un parametro attraverso cui misurare l'uso e l'assunzione di droghe. Droghe diventate una merce come un'altra del libero mercato, droghe che hanno perso tutta la loro capacità di rendere invincibili chi se ne serve, invincibilità data dalla possibilità di trasportare chi le assume in ogni dove, senza la necessità di uscire allo scoperto, così da rimanere nascosti tra le pieghe della vita.
Allora era così, e questo permetteva agli utilizzatori delle droghe di vivere ai margini, senza che la cosa avesse un peso più grande delle stesse crisi di astinenza. Il resto del mondo si teneva fuori, a volte urlando, a volte accettando con dolore di perdere per strada qualcuno. Tutto il contrario dell odierna accettazione sociale del fenomeno.
Allo stesso modo l'omosessualità, al pari della droga, era un fatto da nascondere. Oggi non è più così visto che la Legge e pure per la Chiesa, vedi il Papa e le sue ultime dichiarazioni sull'argomento, considerano l'omosessualità non più fattore determinante per l'esclusione dai diritti civili.
E la Politica?
«Mi sono accorto che non ho sensibilità politica, nel senso di partito, non ho una visione sui grandi problemi, sui grandi problemi mi commuovo» dice a Nico Orengo, che lo intervista per "Tutto Libri" de "La Stampa", il 9 febbraio 1980, e questa componente emotiva che travalica il discorso politico, ma che è una componente politica comunque, diventa la nuova chiave di lettura del modo di farsi Politica in Italia.
La lettura politica del reale nelle opere di Tondelli rappresenta la chiave di volta dell'abbandono della politica, intesa come progetto comune e globale, mentre inizia a farsi spazio la visione minuta della gestione della cosa pubblica, la necessità di dare consistenza alle esperienze regionali, inserite non più in un ottica nazionale, ma al di fuori di questa.
Non a caso lui descrive l'autostrada del Brennero come un luogo salvifico e magnifico, capace di portare altrove, nel Nord Europa in particolare, lontano dalle maglie strettissime della provincia italiana, luogo che benché avesse fatto la sua fortuna era anche la sua dannazione.
E quella idea inizia a scardinare, aprendo la strada anche agli odierni nazionalismi, per quanto possa sembrare paradossale, eppure è così.
Una visione del genere della realtà porta a contaminazioni continue a alla voglia di attraversare i generi, quelli meno nobili e meno marcatamente letterari.
L’amicizia con Andrea Pazienza è da leggere in questa ottica, anche perché in quel momento la Cultura in Italia era un cantiere aperto, dove dalla musica, all'arte, al cinema, alla letteratura si assisteva a questo confluire incessante e a questo travaso, che altro non era che un'operazione di innesto e riscrittura del reale.
Del resto Aldo Tagliaferri gli aveva dimostrato che il lavoro di scrittura è sostanzialmente un lavoro di editing, un continuo lavorio della propria mappa sensoriale, mappa che trova nella pagina scritta la sua misura compiuta.
In questa ottica è da vedere la “rimaneggiatura” di “Altri libertini”, rimaneggiatura che può anche essere letta in termini di censura, almeno secondo alcuni, ma qualsiasi libro una volta scritto, e ripreso dal suo autore, necessariamente, subisce altri tagli, altre censure perché nel frattempo tutto è cambiato, e non si ha più voglia di lasciare brandelli di sé esposti.
La scelta del canale emotivo, canale complesso e difficile da gestire, a lungo, da un punto di vista letterario, è una scelta che si presta a essere rivoltata come un guanto, e che proprio perché è una sofferenza autoinflitta a se stessi deve essere risanata attraverso l'editing.
Poi si può gridare allo scandalo, alla mancanza di coraggio, alla mancanza di aderenza a se stessi ma è anche giusto non sanguinare in pubblico, quando il pubblico diventa famelico senza essere famigliare, fraterno.
La famiglia è un altro appiglio, che nel caso di Pier Vittorio Tondelli è un grosso tabù.
Alla sua morte, negata, per Aids, a soli trentasei anni, la famiglia fece scudo e quadrato. Dichiarerà che lo scrittore è morto di polmonite bilaterale, un esempio di negazionismo, oggi tanto di moda, un atteggiamento che cerca di minare il corpo di parole e di fatti di Pier Vittorio Tondelli. Corpo di parole che ancora una volta subisce un editing, editing che snatura, questa volta, la sua sostanza vera, le sue opere, al punto di consegnare l’autore a una lettura postuma forzata, facendogli perdere quella forza sociale propulsiva che aveva trasformato uno scrittore intimista, quale era, in un autore trasgressivo.
Ma si può chiedere a una famiglia italiana di provincia, cattolica e senza grilli per la testa, un atteggiamento differente nei confronti di un figlio diverso, nel senso più pieno del termine, dove la diversità non è tanto data dalla sua identità di genere ma proprio dal suo essere scrittore e personaggio pubblico e quindi alla mercé di chiunque?
No, non è possibile ed è in questo dilemma irrisolvibile allora, e ancor di più adesso, che si estrinseca l'importanza dell'opera di Pier Vittorio Tondelli, e il suo essere stato grimaldello dell’operosa ma problematica e ottusa provincia emiliana.
Un fatto che ha aperto degli squarci profondissimi su una realtà che oggi è totalmente esposta ai nostri occhi, e che ha mostrato come poi la politica in quei luoghi fosse tutt'altra che splendida splendente, figlia come era solo del benessere acquisito, anche grazie all’autostrada del Brennero che faceva e fa girare merci e vite alla stessa velocità.
Allo stesso modo non può stupire come “il (suo) corpo di parole ” sia diventato utile anche da un punto di vista religioso, in fondo la sua è una scrittura che divide e riunifica e questo è da sempre ciò che la religione ha fatto e fa, come del resto facevano i romani ancora prima.
Fu vera gloria la sua?
Allora forse no, nel senso che la sua fu una forza propulsiva che andò ad alimentare il fiume carsico di ciò che in Italia stava per accadere. Oggi se davvero lo si rilegge, e se ne afferra il messaggio, senza farsi distogliere dal contorno - vedi famiglia e anche la religione, aspetti privati benché pesantissimi – si comprende come la centralità della sua opera sia ancora attuale, perché il suo essere dentro e oltre le sue opere lo rendono autore autentico, e questo resta e questo è Letteratura.

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