IL MATTINO
Cultura
03.06.2025 - 12:49
“Ecosistemi dell’arte: Creare, Condividere, Custodire” questo il titolo della nuova mostra inaugurata il 17 maggio scorso presso la Villa Genoese Zerbi a Reggio Calabria. Questa prestigiosa location è attualmente gestita da Enzo Pennestrì, imprenditore illuminato, che permette l’organizzazione di eventi culturali negli ambienti della Villa, aprendoli alla pubblica fruizione.
La rassegna è stata allestita da Lorenzo Benedetti, critico e curatore che da anni calca la scena in contesti internazionali. La mostra si sviluppa partendo dall’idea di un’arte ecologica, concetto che illustrano gli autori Felix Guattari e Franco La Cecla nel loro libro Le tre ecologie. Che cosa è dunque l’ecologia? Aiuta l’etimologia greca del termine: οἶκος (òikos), “casa/ambiente” e λόγος (lògos) “studio”, si tratta quindi dell’osservazione delle interazioni tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda.
In un mondo segnato da cambiamenti climatici e disuguaglianze sociali, l’ecologia diventa, secondo Guattari e La Cecla, un’emergenza sempre più impellente. “Le tre ecologie” (quella ambientale, sociale e mentale) devono essere affrontate parallelamente e contemporaneamente per poter giungere ad un duraturo “benessere”. La mostra in questione, come si evince già dal titolo, declina questa “nozione” al mondo dell’arte, “l’ecologia si applica sul rapporto tra artisti locali e internazionali e tra la connessione diretta tra pubblico e collezionismo”, queste le parole del curatore che ben illustrano il punto su cui si focalizza la mostra. L’idea di un’arte ecologica si instaura sull’esigenza di creare meccanismi virtuosi che contribuiscano all’accessibilità e alla condivisione delle opere. Ma quali sono questi meccanismi? Come può l’arte essere veramente accessibile a pubblici sempre più vasti e variegati? Una delle possibili risposte è fornita dalla sezione della mostra dal titolo “poster 3500 cm²”. Questa parte dell’esposizione investiga il ruolo della diffusione nell’arte contemporanea mediante il formato del poster (50 x 70 cm, da qui 3500 cm²); al visitatore, infatti, è data la possibilità di ritirare, al termine della mostra, due poster degli artisti Fabrizio Cotognini, Alfredo Pirri, in questo modo il lavoro degli autori si estende ben oltre i confini fisici di Villa Zerbi.
All’interno del percorso della mostra si intrecciano tre differenti progetti che vedono coinvolti artisti locali di Reggio Calabria, una parte della collezione delle opere di Cataldo Colella, infine, il già citato “poster 3500 cm²”.
Il collezionista Colella mette a disposizione del pubblico una vasta selezione di opere di artisti in parte legati al territorio lucano (come il duo Bianco Valente, Karmil Cardone, Massimo Lovisco, Arcangelo Moles, Gerardo Fornataro) e alla stessa Calabria (Ninni Donato, Giulio Manglaviti, Angela Pellicanò, Caterina Pellicanò, Gianfranco Presta) in parte autori di fama internazionale (come Antony Gormley, Shilpa Gupta, Mona Hatoum, Carsten Holler, Damir Ocko, Hans Op De Beeck, Michelangelo Pistoletto, Arcangelo Sassolino, Danh Vo, Ai Weiwei, Xiao Zhiyu). La ricca antologia esposta occupa sapientemente gli spazi a disposizione, opere installative si alternano a quelle scultoree, mentre una sezione è allestita secondo il modello della quadreria seicentesca.
Il collezionista, da secoli, si fa carico di un importante ruolo: quello di preservare le opere dal deterioramento, ma anche dall’oblio, esporre i lavori al pubblico significa infatti valorizzarne la qualità e dare visibilità agli stessi artisti. Quante opere sono oggi divenute delle icone mondiali anche perché facenti parte delle quadrerie di principi e nobili che ne hanno riconosciuto il valore?
La vita di un’opera d’arte è segnata da tre condizioni: la creazione, la condivisione e la “custodia” (riprendendo così il nome della mostra). L’artista dà voce al proprio stato d’animo realizzando le opere, le “condivide” mostrandole sul mercato e il collezionista le custodisce, preservandole nel tempo. Parafrasando ciò che sosteneva C. Brandi, l’opera d’arte esiste solo nel momento in cui è riconosciuta nella coscienza di chi la osserva, altrimenti essa sussiste solamente.
Questa mostra intende creare delle connessioni tra esperienze artistiche eterogenee, offrire al pubblico, o meglio ai pubblici, uno spaccato del panorama contemporaneo.
Perché si dovrebbe visitare questa mostra? Quale potrebbe essere un aggettivo per descriverla? Queste le domande rivolte al collezionista Cataldo Colella e al curatore Lorenzo Benedetti che la descrivono come “polisemica” e “viva”. “Polisemica” in quanto dà spazio a nuovi incontri e suggestioni assolutamente personali, “viva” perché “propone un’esperienza in cui pubblico, artisti e opere non sono entità separate, ma parti interdipendenti di un unico ecosistema”.
La mostra sta avendo un grande successo, a sole due settimane dall’inaugurazione si sono registrati più di 1.500 visitatori, che ne hanno apprezzato l’organicità e la novità.
Non resta che lasciarsi guidare dal lavoro degli artisti e del curatore per entrare in un “ecosistema dell’arte” dove anche il visitatore diventa attore protagonista.
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