IL MATTINO
IL PIANETA VEGA
08.05.2016 - 14:25
Il marchio alle orecchie, segno del legame tra mucca e vitello ma anche del loro destino.
In questi giorni mi sono trovata in giardino una gatta incinta. Ha un bel pancione, ma è ancora agile. E' un po' prepotente, infatti si è praticamente impadronita del giardino e ha fatto la maliarda con noi, poveri umani fessi che ci siamo lasciati convincere a darle da mangiare. Il risultato è che si è portata in giardino anche il marito. Come so che è il marito? Beh, innanzitutto è l'unico gatto maschio con cui si accompagna. A volte chiamano qualche amico, ma non si trattiene mai più di qualche minuto. Con questo invece si vede che c'è complicità. E poi si baciano. Accostano i musini, oppure lei lecca lui sulla testa, e viceversa. Lui è un vero gatto di strada, miagola come un forsennato quando vuole mangiare ma non è ancora in grado di stabilire un vero contatto con gli uomini. La cosa che mi ha colpito, però, è che se lui tenta di mangiare, lei cerca di sottrargli anche la sua porzione, e se lui si avvicina un po' troppo, lei lo aggredisce. A parte la somiglianza con alcune coppie umane, mi fa riflettere che la gatta abbia inventato questa strategia di seduzione per accattivarsi la nostra simpatia ora che è incinta. Ha cercato un posto sicuro dove un giorno potrà anche nutrire e proteggere i propri gattini. Non voglio certo improvvisarmi etologa, ma ho un po' di esperienza nell'osservazione del comportamento animale e questa è l'impressione che mi ha dato. Questo è uno dei tanti esempi di mamme animali che mi è capitato di osservare e spesso ho potuto notare come l'istinto materno sia qualcosa di universale, biologicamente necessario alla cura della prole e al mantenimento della specie. Penseremmo quindi che negli animali esso si fermi lì. Certo, non si può antropologizzare o antropomorfizzare un animale, ma è altresì scorretta l'idea che le mamme animali si limitino alla mera conservazione biologica. Non si spiegherebbero la mamma foca che piange il figlioletto morto, tentando di rianimarlo, o la mamma orsa che si dispera per lo stesso motivo, o la mamma mucca che piange fino a quando non rivede il suo vitellino. A proposito di vitellini, una volta mi sono imbattuta in uno che si era smarrito e se ne andava in giro per tutto il pascolo "chiamando" la mamma e piangendo. A me non piace attribuire agli animali sentimenti e modi di fare tutti umani, ma queste cose le si osservano di frequente. Che l'uomo abbia un qualcosa di diverso dagli animali è indubbio. Non credo che l'antispecismo debba significare mettere tutte le specie su uno stesso piano, non vedo perché abolire le differenze appiattendo tutto (vizio diffuso, di questi tempi...). Credo piuttosto significhi rispettare ogni vita al di là della specie. Oggi è la Festa della mamma, umana. Ma quando mettiamo a tavola una "fettina" per i nostri figli, ricordiamo che ci sono mamme di altre specie, che sempre mamme sono, e fosse anche soltanto per questioni di conservazione della specie, l'istinto a proteggere e curare i propri piccoli ce l'hanno; e fino a quando questi piccoli non si staccano da loro naturalmente, non vogliono perderli di vista. Staccare i cuccioli dalle proprie mamme prima che queste ne abbiano completato il percorso di cura e autonomia, è una violenza enorme. Una violenza che solo altre mamme possono capire o immaginare. La specie "mamma" è una sola e ha un solo cuore. Sarebbe bello se ogni mamma se ne ricordasse e educasse i propri bambini a questo rispetto e a questo amore.
edizione digitale
I più letti
Il Mattino di foggia