IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
29.06.2014 - 09:37
Ti puoi chiamare Belen o Pasqualina, Brad o Gennarino, e che ti piaccia o meno, il nome è l'unica cosa che di te resterà per sempre e non modificherà. Tutto il resto di te, che ti piaccia o meno, cambierà, si sposterà, si ribellerà, crescerà e invecchierà. Mentre l'identità nominale si mescolerà da subito a quella interiore, e un nome diventerà 'la' persona, il carattere, le esperienze. Il nome ci appartiene come la pelle, come il cuore, il nome fa di noi l'unicità e la diversità. E sarà fra le cose più fedeli che avremo conosciuto e avuto. Non gli verrrà mai in mente, al nome, di rinnegarci o tradirci, di abbandonarci per un'altra faccia o per un'altra testa, per un'altra vita o per un'altra scelta, ci resterà vicino fino all'ultimo sorriso o all'ultima fatica. La traccia che lascia ognuno di noi è legata prima di ogni cosa agli affetti, agli amori, poi a tutto quello che siamo riusciti a produrre, inventare, lasciare. Ma senza un nome non ci sarebbe un percorso preciso identificativo, una passione soggettiva perseguita, un obiettivo sfidato e raggiunto con una paternità certa. L'anonimato è infatti una forma di spazio vago, informe, è un timore fottuto per chi ha smanie di protagonismo ma debolezze strutturali nel poterlo affermare o consolidare, e rimane un'offesa indigeribile per chi si sente apostrofare con un "sei nessuno", segno che non sei riconoscibile, non ti si vede, non ti si considera e non ti si può nemmeno eventualmente aiutare, come accadde a Polifemo, che avendo bisogno di soccorsi e continuando a dire di chiamarsi 'nessuno', aveva la stessa invisibile sostanza di un povero fantasma pazzo. A volte invece si creano stravaganti intrecci fra i nomi e le persone, si intravedono promesse incaute, disegni lasciati alle onde imprendibili, giochi di destini e coincidenze: "Nomen omen", cioè un'intenzione per il futuro, una vocazione indotta, un suggerimento misterioso. Ho incrociato medici che all'interno del loro nome avevano in dote la missione da affrontare: un angiologo che si chiamava dottor Venoso, un ortopedico Belpiede, un dietologo Tarallo, e svariate altre bizzarre combinazioni per ogni altra categoria. Spesso, quando viaggio in treno o in aereo, mi trovo a fare esercizi di fantasia e ad assegnare un nome alle persone di fronte o di lato, naturalmente non saprò mai la veridicità della corrispondenza, ma credo sia capitato a tutti di non sorprendersi, qualche volta, di pensare che quella faccia, quella persona, veste quel suo nome in maniera assolutamente coerente. Oltre noi restano i ricordi, più o meno intensi, restano le foto (ora in "digitale"), qualche anello importante, i pretesi appartamenti (per cui si litiga), una scatolina inutile da bomboniera di prima comunione, oppure opere grandiose, prodotte da intuiti di ingegnosa intelligenza e applicazione che nei tempi futuri daranno il diritto storico alle famose citazioni, che quando le dici fanno tanto cultura. Si, perché non vale tanto quello che riporti, poiché può essere anche inventato sul momento, quanto il nome ricordato che fa capire all'interlocutore che, attenzione, sta parlando con uno che le cose le sa. Comunque, io mi chiamo Mariantonietta, come quella altezzosa regina diventata celebre per quella frase infelice sulle brioches, ed è da un bel po' che mi sto chiedendo: ma sarà mica per questa omonimia che, ogni tanto, non solo ho manie pretenziose a colazione, ma soprattutto mi sento un fastidioso, irritante e progressivo senso di cappio al collo?..(faccina che sorride)
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