IL MATTINO
Sociale
13.12.2025 - 16:51
Il dibattito che in questi giorni ruota attorno al Gruppo Lucano di Protezione civile rischia, secondo i giovani volontari, di perdere di vista il punto centrale: il volontariato non nasce per alimentare tifoserie, contrapposizioni o processi mediatici, ma per servire le comunità, formare le persone, fare squadra e intervenire quando c’è bisogno.
È questo il senso dell’intervento sottoscritto da Michele Ruggiero, volontario e promotore del gruppo giovani, che prende posizione a sostegno della linea indicata dal presidente Pierluigi Martoccia. Una linea riassunta in una frase netta: «Il volontariato non ha colore politico». Un richiamo che, spiegano i giovani, invita a documentarsi, evitare ricostruzioni forzate e riportare la discussione su un piano di realtà, responsabilità e rispetto.
Nel mirino finiscono alcune letture circolate nei giorni scorsi, fondate su tre presunti “dati” considerati come prove definitive di una crisi interna: la partecipazione al raduno nazionale, la firma di un documento di dissenso da parte di alcune sedi e la gestione della vicenda di Viggiano. «Presi così – sostengono i giovani – quei dati non dimostrano ciò che si vuole far credere».
A partire dal raduno nazionale, che viene descritto come tutt’altro che un evento sottotono. «Hanno partecipato circa 480 volontari, con 70 bambini dei campi scuola e 80 ragazzi tra i 18 e i 28 anni. Numeri che raccontano una comunità viva, che investe sul ricambio generazionale e sulla formazione». Ridurre quel momento a un segnale negativo, secondo i giovani, significa usare scorciatoie che non aiutano né il Gruppo né i territori. «Un raduno non è un referendum, ma una tappa di un percorso fatto di lavoro quotidiano, prevenzione e presenza sui territori».
Anche sul tema delle firme, l’invito è a ridimensionare i toni. Il dissenso, riconoscono, esiste, ma non avrebbe le dimensioni che vengono raccontate. «Si parla di riunioni con due o tre presidenti di sezione e persone che non rappresentano le sedi. Allo stesso tempo si dimentica un fatto pubblico e documentato: quasi 80 sedi hanno firmato una lettera aperta già nel febbraio 2025 per chiedere chiarezza e respingere interpretazioni distorte». Un elemento che, secondo i giovani, smentisce l’idea di una frattura lineare o di una “voce unica” del territorio.
Il passaggio più delicato resta quello di Viggiano. Anche qui, i giovani respingono letture semplificate. «Parlare di silenzio o inerzia può funzionare come slogan, ma non regge alla prova dei documenti». Nella lettera del presidente Martoccia, ricordano, viene spiegato che il Gruppo Lucano non aveva titolo per impugnare un’ordinanza di sgombero perché non godeva della struttura, arrivando al paradosso di dover sgomberare un luogo a cui, di fatto, non aveva accesso. «Si può discutere, ma non si può ignorare ciò che è scritto nero su bianco».
Il nodo vero, secondo i giovani volontari, non è dividere, ma trattenere le nuove generazioni. «Siamo stanchi di una cultura associativa fatta di personalismi, mezze verità e ruoli vissuti come proprietà. È il modo più rapido per spegnere entusiasmo e allontanare chi ha voglia di impegnarsi». Il futuro del volontariato, spiegano, non è uno slogan ma una necessità concreta.
Da qui l’appello finale: meno “processi” pubblici e più responsabilità. «La critica è utile se diventa proposta. La delegittimazione distrugge, divide le sedi e mette i volontari uno contro l’altro». I giovani chiedono un Gruppo Lucano capace di offrire formazione seria, regole uguali per tutti, trasparenza e spazio reale alle nuove energie.
«Noi ci siamo – conclude Ruggiero – ma solo in un Gruppo che sceglie il futuro, la squadra e la verità. Perché il volontariato non ha colore. Ha responsabilità. E il futuro non può essere ostaggio delle polemiche: deve essere un progetto comune».
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