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Intervista

Filippo Roma (le Iene) presenta «Si Ami Chi Può»... ambientato a Chiaromonte

«La Basilicata per me rappresenta il mistero e ho scelto di ambientare il mio romanzo anche in questa regione perché non la conosco bene. Ma la reputo una terra vera e attaccata alle sue tradizioni»

Filippo Roma (le Iene) presenta «Si Ami Chi Può»... ambientato a Chiaromonte

È da pochi giorni in tutte le librerie il nuovo romanzo del giornalista Tv, volto storico de Le Iene, Filippo Roma, «Si Ami Chi Può», edito per Armando Curcio Editore. Il racconto narra dell’ultimo viaggio di una madre, Anita, e di suo figlio Lorenzo. I protagonisti sono immersi nelle terre della Basilicata, in particolare nella località di Chiaromonte in provincia di Potenza. La regione viene messa costantemente al centro della storia, soprattutto nella parte risolutiva del romanzo. 


Parte del libro è ambientata in Basilicata, in particolare in una località che descrive minuziosamente come se la conoscesse.

Perché ha scelto questo posto? Ha un significato particolare?
«In realtà ho scelto la Basilicata come cornice proprio perché non la conosco molto bene. La Basilicata per me è la regione che rappresenta al meglio la bellezza e il mistero, e che vorrei un giorno conoscere meglio. Ne sono stato sempre affascinato sin da bambino, quando la studiavo a scuola, e nel tempo ci sono passato molte volte ma non ho mai avuto modo di addentrarmici. Nel mio immaginario è un luogo di bellezza e mistero tale che mi ha spinto a trasporla nel romanzo, ma le mie descrizioni rappresentano quello che io credo sia la Basilicata: un mistero, appunto».
Un episodio alquanto misterioso del romanzo è l’incontro con la bibliotecaria Isabella. Lei mostra ai protagonisti quadri inquietanti e la sua figura è avvolta dall’enigma...
«È esattamente quello di cui parlavo: lei, Isabella, rappresenta benissimo il mistero del cuore della Basilicata. Un personaggio molto rarefatto e irrequieto che dipinge quadri inquietanti. I protagonisti alla vista di questi rimangono molto turbati, quasi spaventati da una donna che rappresenta la follia latente e la dissociazione dalla realtà».
C’è invece molta cordialità nelle figure di Domenico e Alfio che accompagnano i protagonisti con la gentilezza tipica degli uomini del sud, ma c’è anche diffidenza. Questa secondo lei è una dinamica tipica di chi vive nei piccoli centri?
«Con questi personaggi ho voluto rappresentare proprio lo spaccato umano del meridione italiano. Ho frequentato molto quelle terre, riscontrando diffidenza e chiusura ma altrettanta generosità. Racconto quel sud accogliente e espansivo ma anche raffinato ed elegante, che per me è la parte migliore dell’Italia».
La Basilicata è il posto in cui il viaggio di Anita e Lorenzo arriva al culmine. Il motivo è simbolico?
«L’ho associato al culmine perché lì si scioglie il nodo della protagonista Anita e quindi il motivo del suo viaggio. Proprio a Chiaromonte chiede e ottiene perdono facendo ammenda per i suoi errori, il tutto avviene in questa terra misteriosa e selvaggia ma allo stesso tempo vera. Una terra attaccata alle sue radici e alle sue tradizioni, dove la verità finalmente prevale. Non è un caso che il finale si manifesti in un luogo così arcano e misterioso, che proprio per queste sue peculiarità è perfetto per accogliere giustizia e verità».

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