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La storia

Con il suo "Panico" Eugenia fa luce nel buio della vita

Affrontare il buio nella nostra vita e trasformarlo in luce, senza lasciarsi fagocitare dalla paura, dall'ansia, dal disagio. È quello che ha fatto Eugenia Palmieri, studentessa dell'Accademia di Belle Arti di Foggia

Eugenia, con la passione per gli animali e la natura, che ama leggere libri fantasy e poesie e ascoltare musica, dopo tre anni di terapia, rinasce dal malessere esistenziale, illuminando la sua vita e quella di vive il tormento dell'ansia con "Panico": un progetto straordinario e meraviglioso che ha colorato la festa patronale della sua Lucera. 

Eugenia, come è nata la tua installazione? Puoi spiegare di cosa si tratta?

La mia installazione è nata dall'esigenza di esternare un malessere di cui soffro da sette anni. Mi vergognavo di questa sofferenza, non chiedevo aiuto e tendevo a nasconderla per paura di essere giudicata ma, dopo un peggioramento della mia ansia con distanziamento breve di attacchi di panico che andavano a influire sulla mia vita - pensa che non riuscivo più ad uscire di casa, neppure per andare all’università -  ho deciso insieme a mia mamma di andare da uno psicologo. Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a superare ed a gestire le crisi e soprattutto a capire da dove venissero. Ci ho messo tempo per accettare la mia condizione e per capire cosa dovevo fare per vivere decentemente. Così nasce, dopo tre anni di terapia, la mia opera “Panico”, una installazione luminosa, per gridare al mondo che l’ansia esiste e non è facile, ci sono persone che ne soffrono, che non bisogna vergognarsene e, anzi, che è necessario agire in tempo prima che diventi grave e difficile da gestire. Voglio che chi ne soffre si senta capito e, chissà che leggendo la scritta luminosa e grande, capisca che non è l’unico a soffrire.

La luminaria sarà anche il progetto della tua tesi. Che percorso hai fatto per arrivare a realizzarla?

Sì, la mia luminaria sarà anche il mio progetto di tesi. Sono partita nel parlarne con il mio relatore e spiegargli le mie intenzioni per poi essere guidata fino al raggiungimento. Inizialmente erano solo scarabocchi su un foglio che ho affidato a una ditta lucerina per la realizzazione e da lì è partito tutto l’iter per poterla inserire nel contesto festivo della città di Lucera. 

Come mai a Lucera?

Ho scelto Lucera proprio perché è la mia città natia e ho voluto darle un saluto poiché dopo la mia discussione mi trasferirò per iniziare la mia vita, come se volessi concludere un capitolo dell'esistenza, sofferto per tanti aspetti ma pieno di ricordi per molti altri. Mi mancherà inesorabilmente ma come tutte le cose belle prima o poi finiscono e bisogna crescere, anche se per noi ansiosi è più difficile fare questo passo; così ho voluto salutarla perché sono sempre rimasta nell’ombra nella mia città e questa volta ho voluto gridare forte il perché ero rimasta nell’ombra. 

Chi senti di voler ringraziare per questo tuo lavoro?

Vorrei ringraziare prima di tutto me stessa, per il mio coraggio nel voler rappresentare un malessere così forte a tutti, ma soprattutto il mio relatore, il professor Pietro De Scisciolo, per aver creduto nel mio progetto ed avermi supportata e consigliata sin dal primo istante; poi il mio psicologo per i tre anni di sedute che mi hanno aiutata a comprendere cosa succede nel  cervello durante la crisi e per avermi corretto negli errori. Per ultimi, ma non ultimi, mia madre, mio padre e il mio fidanzato per aver creduto in me e non avermi lasciata sola nella sofferenza.

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