IL MATTINO
L'evento culturale
16.06.2024 - 12:35
Tra street photography e fotografia glamour, gli scatti in bianco e nero del fotografo barlettano sono ospitati a Palazzo Dogana fino al 27 giungo
Sembrano usciti dalle pagine di “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, i volti e i corpi efebici “raccontati” attraverso gli scatti in bianco e nero di Mariano Doronzo nella mostra “Lanterna beach”, ospitata nei locali della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Dogana, a cura di Daniela D’Elia. Il fotografo di origini barlettane, dopo svariati anni trascorsi a Londra ha deciso di fare ritorno nella città natale, e oggi omaggia Foggia di una tappa della sua monografia di successo che – a dispetto del titolo internazionale – narra di fatti molto “locali”; fatti che avvengono attorno ad uno spazio davvero singolare che si posiziona alla fine del “braccio” a Levante del porto di Barletta e che Doronzo documenta puntualmente dal 2012.
Il risultato è un eccezionale storytelling che legge le vite di uomini “qualunque” appassionati di mare e di sole nella città della Disfida. Una vera e propria comunità che popola gli angoli più segreti del molo con le sue piscine naturali. L’obiettivo di Mariano però coglie, con la dovuta maestria tecnica e stilistica (che in molti, tra gli addetti ai lavori, gli riconoscono), occhi cerulei, fisici apollinei, costumi mozzafiato e paesaggi marini a perdita d’occhio. Difficile dire quale sia il vero protagonista del concept, si integrano a perfezione elementi antropomorfi ed elementi architettonici o paesaggistici, dando spazio ad una casualità di scene tutte rigorosamente bagnate dall’Adriatico mar. Dalle partite a scopone seduti su cassette dismesse di birre Peroni, a braghe penzolanti stese al sole, a frigoriferi del bar di fortuna, tutto a “Lanterna beach” ci introduce in un eterno divenire; la componente del tempo libero la fa da padrona con la spensieratezza dei giorni di vacanza, una vacanza che qui sembra non avere fine.
La tecnica poi vira dalla street photography alla fotografia glamour e persino allo shooting di Moda. Come non pensare davanti alla sequenza di opere, alle campagne pubblicitarie di Dolce e Gabbana all’ombra dei Faraglioni (lo slippino bianco fa da inevitabile rimando semantico, ndr.) ma anche i marinaretti androgini di Jean-Paul Gaultier, che rispolverano tutto il tema aneddotico della marinière, e costituiscono un interessante parametro di confronto formale. A ben guardare però quella visione della “strada” come scrivevo nell’incipit, ci porta verso una umanità più vissuta e travagliata di quella patinata della pubblicità. In fondo “Lanterna beach” è un luogo di abbandono, una intercapedine che cura e lenisce che porta talvolta dei “perdigiorno” a trovare una comune identità o dei professionisti a perdersi negli anfratti di un quotidiano laissez-faire.
Dal punto di vista storico-artistico non sfugge un certo richiamo alla serie dei “pescatorelli” dello scultore napoletano Vincenzo Gemito o alle scene di genere sempre Made in Naples, di cui si fa cantore Massimo Troisi nei suoi dialoghi con gli scugnizzi di Borgo Marinari in “Credevo fosse amore invece era un calesse” o gli stessi volti imberbi ma truci dei ragazzi di via Donna Olimpia n. 30, che hanno segnato le pagine più intense dei romanzi di Pasolini. Questo neorealismo che dalle origini alle sue declinazioni nel verismo della commedia all’italiana, coglie alcuni aspetti di chi vive ai margini: questa marginalità diventa nella popolazione di “Lanterna Beach”, una chiave di lettura legittima ma anche una consacrazione sociale che rende visibili, gli invisibili, agli occhi del Mondo.
Non è scontato a questo punto per Doronzo tradurre questa sostanza in forma e lui lo fa con delicatezza, senza indugiare nello scabro, senza neanche cavalcare l’archetipo del mare e del suo inevitabile vezzo. Certo uomini (e solo uomini) di tutte le età si mostrano orgogliosamente maschi, in tuffi atletici, pitturati di inchiostro per tatuaggi, strizzati in costumi poco più che adamitici, si ergono perfino a modelli allo sguardo attento di Mariano. L’estetica del bello nella sua variante più intellettualistica – mi verrebbe da commentare – lambisce tutto il progetto fino a farci venir voglia di conoscere i “ragazzi del Braccio”, come se certe immagini fossero tratte dal back stage di una intervista sulla comunità e le sue dinamiche. Consigliata, anzi consigliatissima per scoprire che si può gioire di sole, divertirsi di mare e immalinconirsi davanti ad un tramonto, rigorosamente all’ombra di “Lanterna beach”. Bravo Mariano!
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