IL MATTINO
Sociale
22.10.2021 - 16:33
“Abbiamo fame di tenerezza/in un mondo dove tutto abbonda/siamo poveri di questo sentimento/che è come una carezza…”
“Abbiamo fame”. Così dice Alda Merini. Fame di qualcosa che cerchiamo fin dalla nascita. Fame di gesti vitali, di abbracci, di carezze. Fame di accoglienza, di cura, di intimità. Sono tornata a Lourdes dopo 18 anni per saziare questa fame. L’ho deciso quasi d’istinto. Come un mendicante ho deposto il rassicurante ruolo sociale, ormai consolidato, per dedicarmi al tempo inedito del distacco e dell’amore disinteressato. L’ho fatto per necessità. La urgente necessità di tornare a far riposare il cuore dentro l’utero materno, cercando nell’abbraccio della fede il fattore autentico di ogni possibile rigenerazione. È il primo pellegrinaggio dopo la Pandemia che l’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati Lourdes e Santuari Internazionali) ha deciso di organizzare. Non voglio perdermelo. Non voglio perdermi l’occasione di tornare a sperimentare tutte le possibilità e le opportunità del mettersi al servizio degli altri. Non voglio neppure rinunciare a misurare tutte le debolezze nelle relazioni di solidarietà a cui gli anni del tran tran quotidiano mi hanno assuefatta.
Ho viaggiato sui treni diretti a Lourdes ogni anno per oltre 10 anni. Ho indossato e imparato ad amare la divisa del servizio. Ho annotato nello spazio dei ricordi belli tutti i canti e le litanie, le persone e le speranze dei loro sguardi, le storie e le vite di chi era partito alla volta della Grotta di Massabielle per prendere le distanze da ogni complicata realtà per poi ritornare a viverla come una festa vera che rende felici.
Voglio ritrovare quei suoni. Voglio perdermi nuovamente in quelle storie. Voglio tornare proprio lì. Lì dove la Vergine apparve a Bernardette Soubirous. Dove la memoria di quell’evento rinnova continuamente lo Spirito. Dove chi “fa servizio” rende normale ogni diversità e dove chi sorride lo fa veramente, non importa da quale altezza, se appoggiato sui suoi piedi o sulle ruote di una carrozzella.
Sono partita il 28 di settembre insieme ai pellegrini e ai volontari della Sezione Lucana.
Il mio posto? Accanto a Costanza. Indossa con disinvoltura la inconfondibile divisa bianca, nonostante un terribile incidente che la costringe ad usare una sedia a rotelle. Anche lei ha scelto di tornare a Lourdes, decisa a continuare ad offrire al prossimo i suoi talenti. La sua storia parla di fede viva, di sofferenza patita, di spirito di servizio. La sua storia, come quella di tanti altri, è il miracolo vero di questo viaggio: la diversità vissuta come un'altra normalità. È lei il mio spirito guida che mi sussurra dolcemente “a Lourdes tu sei attesa”.
Gli altri compagni di viaggio? Mariangela, Rocco, Carmela, Paolo, Maria, Michele, Angela, Carmen. Sorrisi instancabili, parole gioiose, volti intensi capaci di diffondere tutt’intorno il valore del dono. Sono loro la testimonianza più vera e profonda della carità e dell’amore, la prova che il dolore più grande unito alla fatica del volontario, possono rappresentare l’inizio di un percorso di guarigione, di conversione.
Incontri di speranza, storie di devozione e di amicizia che penetrano nell’aridità delle relazioni e si espandono nella condivisione di una esperienza di cammino.
Tutti a raccontare la stessa meraviglia: la forza invisibile e potente del sacro che, tra briciole di Ave Maria, infrange ogni mediocrità; il mistero della sofferenza che si fa sorriso ad ogni gesto; la potenza della “piccola signora bianca” che continua a radunare coloro che sono in difficoltà e a farli camminare insieme sorretti reciprocamente dall’amore umile che rende sicuri.
Nonostante tutto Lourdes è ancora questo: la potenza del silenzio della preghiera difronte alla Grotta, la carità, l'abnegazione silenziosa, il coraggio, un impressionante messaggio di fede, di servizio, di speranza. Nonostante tutto, per me, Lourdes è ancora questo: la tenerezza del “viaggio del cuore” nel mondo dell’altro.
In ebraico “tenerezza” si dice “rahamin” che significa “utero materno”, il posto del bene sperimentato che si desidera raccontare quando si torna e che predispone ad iniziare il vero pellegrinaggio.
Al bene sperimentato la dedica di questi pensieri che sono il mio grazie sincero a tutti coloro che con me lo hanno condiviso.
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