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I pensieri dell'Altrove

I bambini sono sacri, per tutti gli dei dell'universo!

Sono tutti gli occhi chiusi del mondo per non volerli vedere e le orecchie tappate per non volerli sentire.

I bambini sono sacri, per tutti gli dei dell'universo!

"Dear Sunny, Dear Son", di Zhao Haoyi (galleria piziarte.net)

“I bambini non si toccano”. Legge non scritta, ma che, per l’umanità sana, si traduce in una regola che neanche va discussa, interpretata, modificata. E invece no, i bambini sono usati, abusati, comprati, violentati, torturati, uccisi.

“Non è un film questo, fate presto”. La paura, che in quel momento si stava prendendo tutta la vita, si ingigantiva con l’altra paura di non essere creduto. La sfida, per Ramy, era rischiosa, ma era necessario chiedere aiuto mentre a pochi metri di distanza, lì davanti nelle prime file dell’autobus, i suoi compagni venivano legati con delle striscette di plastica per elettricisti e nell’aria già si sentiva odore di gasolio. La svolta del coraggio che arriva dall’impulso della sopravvivenza è tutta concentrata in quei tredici anni di istinto e intelligenza, di prontezza e di lucidità. Ramy voleva essere certo che il carabiniere comprendesse la pericolosità della situazione e, nell’immediato, provvedesse a mettere in atto procedure per salvarli. Ho pensato molto a quello che hanno potuto provare in quei lunghi momenti quei cinquantuno ragazzini, non so se abbiano avuto modo di percepire compiutamente il senso dell’irreversibile che si annida nelle potenziali tragedie oppure, compatibilmente con la loro età, se abbiano provato un miscuglio di spavento ed emozioni più grandi della loro stessa comprensione, così incisive e invasive che resteranno per sempre  come tatuaggi nella testa. Eppure, se Ramy non avesse rischiato nel chiamare i carabinieri ed Adam non avesse avuto l’umano bisogno di chiamare sua madre, forse adesso non straremmo a parlare di loro come dei piccoli eroi, piccoli uomini capaci di ribellarsi al terrore che spesso paralizza, trattati come inconsapevoli ostaggi in un pullman che non li stava portando in palestra, ma verso un disegno criminale e delirante. Ho anche pensato molto alla casualità “fortunata” che fossero ragazzi delle scuole medie, quindi in possesso di telefonini e maggiore cognizione delle cose, perché se invece l’età scolare fosse stata più bassa certamente le difese e le reazioni avrebbero avuto una forza minore se non addirittura improduttiva. “I bambini non si toccano”.  “ I bambini sono sacri “.  Legge non scritta, ma che, per l’umanità sana, si traduce in una regola che neanche va discussa, interpretata, modificata. E invece no, i bambini sono usati, abusati, comprati, violentati, torturati, uccisi. Sono merci di scambi turpi, sono oggetti predisposti ad usi multiformi, sono corpi minuti su cui vince facile ogni forma di perversione, sono veicoli innocenti su cui si spostano vendette trasversali,  strumenti  per esprimere l’odio, sono usati nelle guerre come scudi umani, sono quei piccoli fagotti che vediamo galleggiare nelle acque dei mari della disperazione, sono quel che resta di un mucchietto di ossa affamate e assetate, sono quei minuscoli fantasmi che sono abbandonati sulle strade della miseria e rovistano nella spazzatura e nello squallore, sono quelle bamboline truccate e stordite date in sposa a dieci, dodici anni che poi crepano durante “la prima notte di nozze“ perché il loro corpo non ce la fa proprio a sostenere il dolore e lo strazio procurato da una crudeltà inimmaginabile.  Sono tutti gli occhi chiusi del mondo per non volerli vedere e le orecchie tappate per non volerli sentire. Perché urlano e soffrono i bambini che non hanno la luce chiara, calda e pulita di cui hanno bisogno tutti i bambini. Soffrono. Urlano. Muoiono. E tutti gli dei dell’universo intero, chissà se un giorno, uno soltanto, saranno piegati dal peso insostenibile della pietà negata e piangeranno ogni lacrima di ogni singolo pianto di ogni sacro bambino. 

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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