IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
10.02.2019 - 11:49
Franco Cioni, "La donna dagli occhi verdi" (piziarte.net)
La ragazza è di fronte a me e ci guardiamo. Nel bar in centro a Milano si respira aria calda, profumata di dolci e cioccolata, i tavolini sono di legno scuro e lucido, le poltroncine di velluto bordeaux. Alla pareti quadri e specchi con le cornici antiche, dorate e barocche, ma non danno fastidio perché le luci sono discrete ed il riflesso è mite. Fuori fa freddo, è la stagione dei cappotti e dei maglioni, chi entra ha l’atteggiamento curvo e le mani in tasca, poi ci si siede e il corpo si rilassa, in una silenziosa complicità con il tepore sembra che il torace si distenda e si allarghi al respiro. La ragazza è di fronte a me, ci guardiamo e ci sorridiamo. Ho preso una tisana al finocchio e liquirizia, il bricco è di quell’argento che si usa nelle famiglie nobili, che fa tanto bon ton, pesante quanto basta per capire che il tempo passa ma la qualità resiste. Anche la tazza di porcellana bianca sta bene in questo ambiente, pare quasi un necessario complemento con le poltroncine in velluto, il tavolino agè, gli specchi barocchi con le cornici che sembrano delle calme onde dorate. Questa ragazza mi somiglia, abbiamo lo stesso sguardo ampio di chi non vuole dimenticare nulla, di chi manifesta l’incapacità ad essere distratto, lo sguardo allenato al dettaglio che prova a sprofondare nelle cose fino ad arrivare al minuscolo che non si vede, ma che una volta stanato forse poi ti pungerà e ti attraverserà le vene in modo difettoso. Anche la ragazza dai capelli rossi ha preso la mia stessa tisana, ha un sciarpa blu come me, ha il maglione pesante e un anello all’anulare destro. La vicinanza degli umani che si assomigliano ha il potere di scardinare le paure dell’incomprensione, senti che l’unicità della tua vita appartiene certamente alla tua storia personale, ma le stanze della storia possono avere ingressi simili e indirizzi condivisi. La ragazza mi guarda con la benevolenza di chi capisce le cose e le sue conseguenze, senza fronzoli di parole, con la severità del pensiero nascosto ma lineare, comprensibile e fluido. Ad un certo punto mi fa un gesto con la testa di intesa e di saluto, lo accompagna ad un sorriso accogliente, come un discorso familiare di cui sento la presenza antica dentro me. In questo pomeriggio di febbraio, giorno di un mio nuovo compleanno, in un bar di una città lontana da casa mia, mi sento per un lungo momento in compagnia di me stessa e a casa mia. Mi consolano gli occhi di questa ragazza che si appoggiano sulle mie spalle come un abbraccio intorno ad un percorso identico, con uno spazio di vita passata veloce che unisce in una magia gli anni ed i ricordi. Ho finito la tisana, mi guardo le mani con la pelle che diventa sempre più sottile, ho sentito l’odore delle sensazioni struggenti e inevitabili che si presentano quando hai la percezione della debolezza delle tue certezze. Mi alzo, prendo il mio cappotto. La ragazza si alza, prende il suo cappotto. In uno degli specchi incrocio la mia faccia che si incontra con la sua. La riconosco, mi riconosce. Siamo noi, sono io, nel pomeriggio di un compleanno che sta terminando siamo, insieme, l’immagine e l’immaginazione. Siamo il tempo riflesso in un riferimento di nostalgia che congiunge il passato e la sua irreversibilità, la bellezza della giovinezza e la paura del futuro. Siamo negli specchi, trasposizione di messaggi visivi a cui dare significati segreti. Lasciamo il tepore ed i suoi giri di fantasie seduttive, torniamo al freddo ed al rigore dell’unità. Ma continuiamo a tenere strette nell’anima la potenza delle cose passate e la coscienza delle inquietudini che non passano. Andiamo, ragazza.
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