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I Pensieri dell'Altrove

Quando i roghi estivi diventano l'inferno dell'anima

Vedere le immagini di un mondo che va in fiamme è una speculare immagine di quello che siamo diventati: uomini di guerre e di fuoco, sterpaglia inferocita, fumo tossico che ci nasconderà. Non servono metafore antropologiche, l'inferno è già qui.

Quando i roghi estivi diventano l'inferno dell'anima

Nel comune immaginario collettivo l'estate è la stagione elettiva della sospensione di alcune funzioni. Per una distensione delle energie, per una breve distanza dai ruoli professionali, per allentare le tensioni accumulate. Pochi giorni per riappropriarsi di una dimensione sociale più leggera, non meno facile, ma sicuramente con le intenzioni e le occupazioni più allentate. Il caldo è funzionale a sciogliere alcuni atteggiamenti, il corpo diventa un protagonista della comunicazione, la pelle compone un tramite relazionale importante. L'estate è una stagione con caratteristiche incisive, senza troppe mediazioni, a tratti aggressive. Io ho sempre pensato che le intolleranze in senso generale in questo periodo si dilatino, aumentino le solitudini proprio in controcorrenza con la celebrazione delle moltitudini, il livello della pazienza si asciuga così tanto da diventare siccitoso, i nostri consueti disturbi si trasformano in ostilità logoranti, le cose brutte del mondo si scollano e si attaccano alle persone. Penso che lo stress si impenni e diventi un mezzo strumentale per accentuare dei conflitti superficiali, ma anche pregressi. Il grande caldo di questi giorni è stato veramente debilitante e non ha portato solo disagi comprensibili come l'insonnia, la pigrizia dei muscoli, la stanchezza del corpo collassato; questa ondata di asfissia ha portato, mai come in questo anno e in misura così violenta, la devastazione criminale e criminosa di interi territori nazionali dati alle fiamme. La disumanità di questi atti va oltre la motivazione dello 'sfregio' ambientale che già di per sé sarebbe sufficientemente esecrabile, qui scivoliamo verso una parabola discendente di valori etici alla base di ogni convenzione sociale. Qui c'é follia, disprezzo, disamore, un senso diffuso di criminalità impunita, una sfiducia emergente verso le rappresentanze istituzionali, un principio agghiacciante di distruzione del proprio habitat e della propria coscienza, un inesistente concetto di pericolo che ignora la dimensione dell'incolumità del prossimo, un sentirsi fuori dalle regole ed ostentare la non appartenza compiendo reiterati atti dolosi. Come se l'asticella della provocazione estrema si fosse alzata, come se la guerra potesse essere dichiarata in qualunque momento e in qualunque posto, a tradimento. Di notte, di giorno, un solleticare le perversioni e lasciarle fuori, ferocemente fameliche. Distruggere per sentire addosso il potere malato che dà il male, per alimentare il circuito sadico dell'onnipotenza vandalica. Bruciare alberi, vegetazione, mettere in pericolo le comunità sono comportamenti che hanno a che fare con progetti in cui l'unico elemento è destabilizzare i principi della legalità e della civile convivenza. Vedere le immagini di un mondo che va in fiamme è una speculare immagine di quello che siamo diventati: uomini di guerre e di fuoco, sterpaglia inferocita, fumo tossico che ci nasconderà. Non servono metafore antropologiche, l'inferno è già qui. Un posto senza radici, senza appartenenza, un posto che riduce i significati della vivibilità e fa aumentare quelli di una infiammata e arida sopravvivenza. La temuta e prevista desertificazione, quindi, non è più solo ascrivibile al mondo vegetale; la vera, irreversibile desertificazione resta solo quella della dimensione umana.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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