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I pensieri dell'Altrove

Ventotto passi da te, in questo campo di grano mietuto di ricordi

Apro la porta, il sole ha tagliato un angolo di luce da sotto il tuo balcone e la tua spiga è qui, nella tua stanza vuota. È bella, rigogliosa, superba.

Ventotto passi da te, in questo campo di grano mietuto di ricordi

Ventotto passi e arrivo da te. Ventotto. Mi aspettano le scale, una svolta dolce e la tua porta. La stanza ha odore di grano appena mietuto, c'è quel sole di giugno che ha il taglio deciso e lucido, il cielo è fermo in quel colore suo che al mattino è ancora più preciso. La finestra è aperta, il campo è giallo, caldo, le spighe sono pronte, il profumo sa già di pane e di cucina, di lavoro e di accoglienza. Ti ricordi di quell'anno in cui portammo sul tavolo di casa tante spighe di tanti campi diversi? Tu mettevi in bocca i chicchi, sembravi assaggiarli, pareva avessi fatto solo quello nella vita, l'assaggiatore di chicchi di grano, poi alla fine il nostro chicco era quello più pieno, più sano, più ricco. Ti ricordi la contententezza per questa cosa, mista all'orgoglio e alla soddisfazione? Io sì. Così come non ho scordato le facce già arrossate alle nove del mattino che arrivavano a diventare viola a mezzogiorno, le bottiglie d'acqua fresca nelle borse termiche che sembravano ricchezze dell' Eldorado, il sudore dell'estate che saliva direttamente dalla terra, il rumore delle mietitrebbie che si confondeva con la polvere dorata delle spighe rivoltate nell'aria. I giorni sono passati, tante interruzioni violente hanno scardinato le certezze date per scontate, tante attese sono concluse, tanti interventi della Vita hanno cambiato le vite. Ma è tutto qui, nella memoria, come in un grosso contenitore senza scaffali. Tutto depositato e tutto reperibile, seppure senza ordine apparente e senza etichetta. Tutto mischiato in una nebbia novembrina allungata e stratificata fino al centro denso del cuore. Perché è nel cuore che si crea lo smistamento, è nel suo tessuto sanguigno che facciamo le divisioni e le distinzioni. Il ricordo grezzo è un'immagine, il ricordo evoluto é un'emozione. Il ricordo primitivo è una faccia bella, gli occhi allegri, il gesto di una mano, il modo di muovere una gamba. Il ricordo che fa sentire la pulsazione nel petto è quello che diventa un sentimento. Sai, ora sto così, fra una spiga di grano sul tavolo ed il suo profumo mite, fra una nostalgia fetente ed un distacco fatto di dolore. Che non ho chiamato, ma mi sono arrivati a tradimento giù dal profondo del petto e ora me li tengo. E pure la testa te le spinge, le immagini disobbedienti, ma capisci subito che sono potenti e non te le puoi staccare. Come un'unghia spezzata che vuoi tagliare, ma non la tocchi perchè la frattura è troppo in basso, non ti puoi mica segare un' intera falange del dito. Ventotto passi e arrivo da te. Ventotto passi come ventotto anni, come cento, come un secondo. Apro la porta, il sole ha tagliato un angolo di luce da sotto il tuo balcone e la tua spiga è qui, nella tua stanza vuota. È bella, rigogliosa, superba. Eccolo, il ricordo che torna, tutto dannato e tutto intero. La prendo, la stringo, la sento. Avverto il tuo respiro, lo riconosco.
Resta qui, per un tempo minuscolo di grazia, ora resta qui.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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