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I Pensieri dell'Altrove

Quando il Cielo si vergogna di guardarti negli occhi

Lassù, in quell'alto indecifrabile, spesso servono le nostre tragedie, quelle che per noi diventeranno assenze pesanti, come colpe mai commesse da pagare, per il Cielo sono segni di ordinarie predestinazioni

Quando il Cielo si vergogna di guardarti negli occhi

Quella volta che ho ascoltato i segni del Cielo era novembre. I segni che mandava erano storie tutte corte e tutte senza pietà, non c'erano equivoci, non c'era incertezza, erano rovesci dritti, rivolti a me. Ma io avevo pensato di pararmi dentro una nebbia sciocca, tanto inconsistente quanto infedele, e infatti si è diradata a tradimento e mi ha fatto vedere come può schiacciare il male. La materia era complessa, i quesiti erano necessari per capire e tutti riconducibili alla disperata voglia di sapere pur avendo una folle paura di avere risposte, ma era clamorosamente chiaro l'esito. Quindi più conoscevo le cose più, dolorosamente, Tu ti allontanavi da noi. E non era una scelta tua, ma del Cielo. Questo Cielo che è pieno di intenzioni buone, di promesse, che é bellissimo figurativamente quando lo guardiamo senza sprofondare troppo nelle trame dell'oltre, che ci illustra la flessibilità dei colori e l'estensione dell'aria, ma che poi, ad un certo punto, ci hanno detto che ha bisogno di anime giovani, di sogni appena cominciati, di vite che si stanno per svolgere. Fa così, il Cielo. Lo alimenti di preghiere, di suppliche e di benedizioni, ma se ha voglia di prendersi una storia piena di energia, forte di cuore e di coraggio, se la prende. Gli occhi del Cielo non si incontreranno mai con i tuoi, forse in certi casi si vergogna un po' perché guardare negli occhi di chi si tiene in mano l'impotenza come un cuore tagliato, incontrare la bestemmia di un dolore ingiusto deve essere per forza uno sguardo fastidioso. Lassù, in quell'alto indecifrabile, spesso servono le nostre tragedie, quelle che per noi diventeranno assenze pesanti, come colpe mai commesse da pagare, per il Cielo sono segni di ordinarie predestinazioni. Io, in quella fine di ottobre e in quell'inizio di novembre, in quella dimensione di nevrosi estrema e delirante che spezza e fa vedere il filo fra la vita e la morte, c'ero. I segni, pari a delle allucinazioni lucide, li ho visti tutti. E tutti mi portavano ad avere addosso il terrore, come una pelle sudata che mi si attaccava, simile ad una colla vischiosa che però non me la potevo strappare. Non c'è stata scelta, solo il tempo di aspettare. Così è arrivato il giorno della parola del Cielo. E fra noi e la parola, fra Te ed il Cielo, la tua vita si è fatta piccola piccola, stanca, poi si è arresa, e si è lasciata spostare. I segni sono spariti. Con la tua voce e le tue mani, i tuoi denti e i tuoi capelli, i tuoi giorni. E Tu sei andato, libero dai legami e dalle presenze, ad ondulare e riempire l'Infinito. Quello che ancora, noi qui che restiamo, chiamiamo il mistero del Cielo.
(in ricordo di mio fratello)

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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