IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
26.06.2016 - 09:14
Virginia Raggi, Chiara Appendino: con loro "sindaca" diventa"ufficiale"
Già può essere sufficiente il fatto che si continui a dire se è più corretto chiamarle 'il sindaco', 'la sindaca', 'sindachessa', per capire che è talmente inconsueto l'evento che occorre declinare un sostantivo o meglio, modificarlo, per dare al dibattito la svolta linguistica illuminata. Che poi solo linguistica non è, perché sostanzialmente ha tutto il peso di un 'gap' culturale, se si pensa che la discussione si avvita su una scarna verità: la parola nasce con l'articolo determinativo maschile, è stata interpretata al maschile, è stata vestita e abitata nella stragrande maggioranza dei casi dai maschi. Ma, al netto di questa ulteriore e moderna discriminazione, io mi chiedo che importanza possa avere un appellativo che finisca con la A o con la O a fronte unicamente di capacità individuali, di coerenze da difendere, di lealtà compatte e durature da dimostrare. Mi chiedo pure perché nell'anno del Signore 2016 parliamo di elezioni 'al femminile', con la riserva mentale e il serpeggiante sospetto che chissà se poi 'ste due alla fine ce la potranno fare. L'intelligenza, la passione, la dedizione e l'impegno, vivaddio, non hanno connotazioni sessuali, non hanno appartenenze assolute o privilegiate di genere, non sono invenzioni speciali create e attribuite ad uno piuttosto che ad un altro, sono qualità soggettive che sono proprie delle persone. Le persone, poi, fanno la differenza. Avevo, anni fa, l'idea ingenua di un futuro prossimo corredato da qualche certezza di naturale parità, di quella uguaglianza che è interscambio, interattività, reciprocità. Avevo l'illusione di una concreta collaborazione complementare, resa più affascinante e seducente dalla diversità morfologica nei tratti sessuali e biologica nell'apparato riproduttivo, ma sono proprio questi gli elementi che ci rendono umanamente attratti ed intersecanti. Pensavo ad un 'potere' che avesse inclinazioni ampie, con apporti sentimentali che lo rendessero meno aspro, meno avaro e più accogliente per tutti, più solidale, più portato all'ascolto e meno all'aggressività del possedere. Credevo fossimo capaci di sperimentare una nuova grammatica ed un coraggioso, inedito lessico. Pensavo, oggi penso che non è ancora andata così. Ma resto convinta che una società in cui si dia spazio al femminile possa essere meno verticale e più accorta ai bisogni del basso, del sommerso e del silenzioso. Le vere rivoluzioni non richiedono spargimenti di sangue, ma solo approfondimenti onesti, studi antropologici, cambiamenti coraggiosi e nuovi approcci culturali. Le convinzioni patriarcali non sono assiomi inamovibili. Sarebbe più ricca e più equilibrata una società in cui si potesse camminare fianco a fianco, senza il bisogno della prevaricazione e del supposto senso di superiorità, andare insieme in forma parallela ed in sostanza simile. Avere una direzione comune, cercare una patria calda e lì fare comunità di pensieri, progetti, di sostegno. Dopo potremmo pure, in un confronto consapevole e senza colpi bassi, prenderci anche la felice libertà di imparare, umanamente, a non andare d'accordo.
edizione digitale
Il Mattino di foggia