IL MATTINO
Forever
17.07.2016 - 10:10
Luisa Ranieri (alias Sofia) in "Mozzarella stories"
Sono alcune domande dell’intervista che Manilaci M. Nazzaro - il Community ufficiale dei fan di Manila Nazzaro, Miss Italia 1999, attrice teatrale e conduttrice televisiva RaiTv (rai2infamiglia) – mi ha fatto su Twitter e che ripropongo per i lettori del mio blog domenicale.
Caro Michele, il filosofo Feuerbach sosteneva che “siamo quello che mangiamo”: è veramente così?
Occorre fare una premessa. L’uomo è un essere vivente dal metabolismo molto versatile che gli permette di vivere in condizioni “estreme”. Si adatta a tutti i climi e temperature. Riesce a vivere a tutte le latitudini: da Alert sull'isola di Ellesmere in Canada, insediamento umano più a nord del pianeta, a Puerto Toro in Cile, località più a sud del mondo. Passando, ovviamente per l’equatore, tropici, eccetera. L’uomo riesce in questa impresa (unica nel suo genere e che condivide con un altro essere vivente, anche se quest’ultimo può non risultare simpatico a molti), perché come dicevamo ha un “metabolismo” che può ricavare energia e glucosio (molecola energetica per tutte le cellule, specialmente per il cervello) da tutti i macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine). Bene, ora possiamo rispondere: la qualità della nostra vita è nella prospettiva della sua durata. Se la durata della vita media fosse inferiore ai 60 anni, non dovremmo preoccuparci di che cosa mangiare. Perché proprio i 60 anni? Perché è dopo questa età che compaiono più frequentemente le cosiddette malattie cronico-degenerative (diabete, cancro, malattia cardiovascolare, ictus, demenze, ecc.). Tutte malattie associate alla cattiva alimentazione quale fattore principale di rischio. E le evidenze scientifiche concordano nel sostenere che la qualità della vita può essere migliorata grandemente con la cosiddetta alimentazione ricca in alimenti di origine vegetale e povera in quelli di derivazione animale, e con un bilanciamento equilibrato dell’apporto di grassi, proteine e carboidrati. Quindi, non siamo d’accordo con Feuerbach. L’uomo, infatti, è molto di più. E non siamo d’accordo anche per un altro motivo. La frase di Feuerbach viene interpretata in malo modo in particolare nel mondo dei “palestrati”, con ripercussioni negative sulla salute. In questo mondo, si salta alla conclusione che siccome i muscoli sono costituiti soprattutto da materiale proteico, occorre mangiare molte proteine per "fare massa". Ci sono ragazzi, che spinti da tali assurdità (ma Feuerbach non ne ha alcuna colpa!), arrivano a mangiare ben 7 albumi d’uovo al mattino, a rimpinzarsi di carne rossa, di prosciutto, cotto e crudo, ecc., sbilanciando fortemente il loro metabolismo verso l’acidosi e provocando danni renali che, se tale assurdità alimentare viene protratta nel tempo, può compromettere seriamente la funzionalità renale, oltre che epatica.
Molti infatti pensano che “dieta” significhi semplicemente “mangiare meno”, ma l’etimologia del termine ci riporta al greco dìaita, “modo di vivere”…
Si è vero. Si è diffusa l’opinione che dieta significhi mangiare meno, aggiornata alla versione 2.0 del “senza”: senza glutine, senza cereali, senza grassi,senza muco, e la lista potrebbe continuare. Dieta invece nel significato originario rimanda allo “stile di vita”, che comprende anche quello alimentare, ma non si ferma qui. Va ben oltre. Prendiamo ad esempio la Dieta Mediterranea. Ancel Keys, lo scienziato americano che per prima coniò questa espressione, aveva scoperto nei suoi numerosi studi, condotti in maniera rigorosa dal punto di vista epidemiologico, che le popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo avevano delle caratteristiche in comune: basso colesterolo nel sangue, non si ammalavano di cardiopatie ed il cancro era sconosciuto; al contrario degli Stati Uniti dove queste condizioni erano già prevalenti. Quando Keys, da fine epidemiologo, volle indagare sulla relazione tra modello alimentare e prevalenza della malattia coronarica, con il famoso Seven Countries Study(condotto in Grecia, Italia, Spagna, Sud Africa, Giappone e Finlandia), trovò che la Dieta Mediterranea era il pattern più protettivo. Ne restò così affascinato da voler vivere l’ultima parte della sua esistenza nel Cilento, a Pioppi esattamente, nella villa “Minnelea”, costruita insieme alla moglie Margareth. Ho la fortuna di essere amico di Alessandro e Maria Notaro che erano tra i gli amici più cari dei Keys, e quindi ho informazioni di “prima mano”. Ancel e Margareth di quella terra amavano e dei suoi abitanti amavano lo spirito di accoglienza, il buon umore, l’attività motoria (il camminare/passeggiare, quello che viene chiamato “struscio”), oltre all’alimentazione prevalentemente vegetale (legumi, olio di oliva, pasta e pane integrale, frutta secca in guscio, il tutto innaffiato da un buon bicchiere di vino). La coppia di scienziati pubblicarono libri di ricette e consigli sulla dieta mediterranea. Per ritornare alla dieta e allo stile alimentare, le evidenze scientifiche più recenti concordano nel sostenere che non è il singolo alimento ad essere “cattivo” o “buono”, “dannoso” o “protettivo” per la salute. Ma è lo stile alimentare nel suo complesso a fare la differenza in termini di salute.
A proposito di “dieta” nell’accezione di “regime alimentare”: ciclicamente, sui media, viene dato spazio – talvolta anche spettacolarizzando sull’argomento – a teorie che contraddicono le conoscenze scientifiche consolidate. Cosa pensi di questo atteggiamento?
È un atteggiamento irresponsabile. Umberto Veronesi, scienziato e oncologo di fama internazionale, è stato il primo in Italia ad attualizzare il concetto “fa che il cibo sia la tua medicina”, enunciato molti secoli fa da Ippocrate, in “cibo uguale farmaco”. Ebbene, se ciò che introduciamo con gli alimenti ha effetti farmacologici (e dal punto di vista medico è esattamente in questi termini), è da incoscienti spettacolarizzare ciclicamente mode dietetiche che le evidenze scientifiche hanno bocciato sonoramente. Il danno per la salute può essere davvero grave, come può accadere ad esempio per diete iperproteiche protratte per molto tempo. Le diete iperproteiche sapete perché funzionano nel breve termine per dimagrire? Perché intossicano letteralmente il cervello con i “corpi chetonici”. I malcapitati avvertono subito il senso di sazietà: il loro ipotalamo (dove è situato il “centro della sazietà”) è messo fuori uso. Un danno enorme per la salute.
Come distinguere un professionista dell’alimentazione meritevole di ascolto e considerazione da un ciarlatano?
Gli inglesi risponderebbero con “this is a good question”. Ovvero, questa è la madre delle domande in tema di alimentazione e diete. Ed i miei colleghi anglosassoni hanno trovato un metodo formidabile per operare tale distinzione. Da premettere che nella gran parte dei Paesi, sia europei che al di là della sponda Atlantica, la laurea non ha il valore legale, contrariamenteall’Italia. E, quindi, per loro il problema di operare distinzioni tra ciarlatani e professionisti è molto più sentito che da noi, dove almeno potete valutare i titoli ed i curriculum. Tuttavia,per smascherare il ciarlatano, gli amici/colleghi americani hanno un metodo a dir poco infallibile. Essi suggeriscono di chiedere al presunto espertoqual è il modello alimentare migliore per “prevenire” il diabete oppure il cancro o le malattie cardiovascolari. O, al contrario, quello che a loro interessa è solo il dimagrimento. Quindi, niente esibizioni di titoli accademici, curriculum od altro, quanto semplicemente occorreporre la domanda giusta. Se vi rispondono che non è importante che prevenga le malattie oppure ammettono candidamente di non saperlo, o ancora che non si sono posti la questione, siete di fronte ad un ciarlatano. Credo che la stessa domanda possa servire anche per smascherare i ciarlatani dai professionisti anche in Italia, oltre ovviamente ai titoli di studio e al curriculum.
Considerata l’importanza dell’alimentazione, ritieni sarebbe utile introdurre nei programmi scolastici fin dalla scuola primaria l’“educazione alimentare”? Avresti qualche suggerimento a riguardo?
Nei Paesi dove è stata introdotto l’educazione alimentare nella scuola primaria, e penso alla Danimarca, i risultati sono stati incredibili. In pochi anni sono passati da un’alimentazione prevalentemente onnivora ad una mediterranea. Tanto che ora sono i bimbi che in Europa seguono la dieta mediterranea più di tutti gli altri. Sono al primo posto. Quelli italiani al penultimo, seguiti dai ciprioti. Se vogliamo avere gli stessi risultati, non dobbiamo fare altro che emulare ciò che è stato fatto ed introdurre rapidamente l’educazione alimentare nella scuola primaria. È uno dei migliori investimenti in termine di salute e di risparmio di risorse e di malattie degenerative.
Disturbi alimentari nell’adolescenza quali anoressia, bulimia e obesità meritano da subito la massima attenzione: quali segnali possono far intuire a un genitore l’insorgere di una di queste patologie nei propri figli?
I segnali che i genitori non devono mai trascurare sono un’eccessiva preoccupazione per il cibo, il peso e le forme corporee da parte dei figli. Tuttavia, gli studi ci dicono che è importante per i genitori, ma anche per tutti gli educatori, rinforzare il “nucleo dell’autostima” nei ragazzi sin dalla più tenera età. Le parole sono pietre. Mai apostrofarli con frasi del tipo “sei uno scemo”, “non capisci nulla”, “vai al tuo banco, sei uno stupido”, o peggio “che sei nato a fare? Solo per inguaiare la mia vita?”. Quest’ultima ascoltata con le mie orecchie da un padre incavolato col figlio perché aveva fatto inavvertitamente rovesciare il vassoio in un self-service. Quando i piccoli commettono delle sciocchezze, il consiglio è di separare sempre il “fare” dall’ “essere”. Quindi, non sei stupido, ma hai fatto una cosa stupida. Tuttavia, occorre dare e mostrare il nostro affetto a “prescindere” e non in maniera condizionata rispetto ai risultati attesi dai figli. Errore, peggiore è quello di legare la ricompensa al cibo.
A quale specialista dovrebbe rivolgersi un genitore? Qual è il percorso corretto da affrontare?
Sulla base delle evidenze scientifiche, la migliore terapia per i Disturbi del Comportamento Alimentare (Anoressia, Bulimia, Alimentazione non-controllata) è quella cognitiva-comportamentale. Questa ha il più alto punteggio nei risultati di guarigione e di recidive. Seguono quella familiare, psicoanalitica, ecc. Tuttavia, per la cura dei disturbi del comportamento alimentare (DCA, in acronimo) non serve tanto uno specialista, ma un’intera equipe, costituita, ad esempio, dal nutrizionista, dal dietista e dallo psicoterapeuta. Un’equipe non eclettica, cioè dove ognuno ha unapproccio diverso ai disturbi alimentari, ma formata da professionisti che, ciascuno per la sua competenza, abbiano tutti la stessa formazione terapeutica.
Cosa ti sentiresti di dire o consigliare a un/una ragazzo/a che non vive con serenità il rapporto con il proprio corpo?
I ragazzi sono molto attenti ai ragionamenti astratti e mi sentirei di dirgli che l’eccessiva attenzione alle forme coporee, al peso, così come ad esempio l’enfasi della magrezza, è una trappola preparata da chi vuole speculare e guadagnare su di lui. Che il suo essere, la sua esistenza è molto di più del suo peso e delle forme corporee, che il suo valore è inestimabile, che la voragine dei disturbi alimentari si apre sotto i piedi e cascarci dentro significa rinunciare alla vita, alle cose più belle e alla felicità. Questo è quello che gli direi, a prescindere da tutto il resto. E solo quando si è stabilita una relazione “pacifica” con il cibo e la propria immagine, gli suggerirei un percorso nutrizionale. Dopo, ma solo dopo.
edizione digitale
Il Mattino di foggia