IL MATTINO
Controverso
11.12.2016 - 14:22
La scoppola è arrivata. Forte e chiara. Il premier in un discorso carico di pathos, camuffato da sorrisi di sorta, ha consegnato la sua poltrona in diretta TV (forse anche usando uno sgarbo istituzionale al Presidente Mattarella), i mercati hanno ben digerito e presto, quindi, nessuna tempesta perfetta, anche perché le previsioni - e questa volta i sondaggisti non hanno preso una cantonata - sono state rispettate.
60 a 40, sembra quasi il risultato di una partita di basket, eppure si è provato, anzi si continua, a far tentare di vivere agli oltre 19 milioni di italiani che hanno votato no, una sorta di senso di colpa. Quel che è stato scritto dai più - ovviamente ognuno a proprio modo legato a doppio filo da un qualche interesse- spazia da un'incapacità diffusa del Sud, dei cittadini del Sud, di fronte al voto (l'autolesionismo di Vittorio Zucconi) ad una assurdità di questi maledetti giovani che sono vecchi dentro, rifiutano ogni cambiamento, dalla povertà che risucchia le famiglie ma che in fondo in fondo forse è solo un film da commentare, al lavoro che non c'è (ma non bastano i voucher?), dalla scuola che tanto bella non è (nonostante le assunzioni) al jobs act che ora dovrà passare per le forche caudine di un altro referendum.
E se la maggior parte ha votato no per far fuori (politicamente parlando, Renzi e le sue politiche) il resto questa riforma (o deforma o schiforma) non l'ha proprio voluta assecondare e, soprattutto, non ha festeggiato un bel niente all'esito delle urne. Checche' se ne dica. Anzi, ha dovuto "difendersi" dagli attacchi di gastroenterite di chi - come al solito - vomita veleno, altro che bagno di umiltà di De Luca rassegnato a non poter offrire nessuna frittura, blindandosi in un davvero ipotetico, anzi falso 40% di consensi, trasmigranti dal cosiddetto "popolo" al partito, anzi direttamente all'ancora segretario del partito (la ditta) che la scoppola, più di tutti, l'ha sentita.
Il tentativo di liquidare una vagonata di no con un'overdose di populismo, violentemente somministrata dal blocco dei partiti contrapposti all'esaltazione spasmodica del pensiero unico, e preservare, invece, quei pochi che "avevano visto giusto", la minoranza cioè, non sembra proprio una genialata. Come si dice...non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire ma, questa volta, l'urlo con una scarica di decibel non da niente, ha fatto tremare il timpano.
La caccia all'untore, un vizio tutto italico di chi non sa, non vuole, non può accettare una sconfitta, incollato com'è alle poltrone più comode o all'abitudine di compiacere il potentato di turno, finirà e si sposterà da Facebook e Twitter nelle stanze - nemmeno segrete - della resa dei conti partitica che, se abusata, potrà solo aggiungere un altro gradino alla scala delle tante disaffezioni, ad iniziare da quelle di partito. E, questo concetto, vale anche per chi s'appunta al bavero la stelletta di una vittoria, tentando di cavalcare l'onda, dimenticando l'alta dose di infedeltà dell'elettorato. Attenzione, ci si può schiantare.
Nessun senso di colpa, quindi, per carità. Chi ha votato no, consapevole del suo voto, deve ripartire da un profondo senso di orgoglio. Basta immaginare cosa sarebbe successo se avesse vinto il si, per convincersene. E bisognerà essere orgogliosi di scegliere in nome della propria libertà di pensiero e di giudizio sempre, ad ogni elezione, da quella del condominio, al consiglio studentesco, alle comunali, alle regionali, al prossimo referendum.
Certo, alcune affermazioni - tipo quella del Chicco nazionale (Testa) hanno anche fatto sorridere. Si può ripartire dalla spocchia nemmeno camuffata di chi è abituato a pasteggiare ad arroganza. Quella stessa arroganza che gli resterà sullo stomaco.
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