IL MATTINO
Controverso
21.02.2016 - 18:17
Leggere seppur una sintesi, comunque di oltre 40 pagine, del ben più ampio rapporto RES pubblicato da Gianfranco Viesti "Nuovi divari" - un'indagine sulle Università del nord e del sud -, conferma con dovizia di dettagli quel che è noto, almeno nella percezione, ai più. L'Italia è all'ultimo posto, tra gli Stati membri dell'UE, per percentuale di giovani laureati. L'Italia non sta investendo nella formazione universitaria e questo è ancor più evidente al sud, proprio lì dove invece l'università potrebbe svolgere un ruolo importante per lo sviluppo economico e civile. Viesti definisce atenei di serie "A" e tutti concentrati al nord e di serie "B", periferici, spalmati sul resto d'Italia. Mentre è proprio sui territori più deboli che bisognerebbe concentrare le migliori iniziative di formazione avanzata. Il divario nord-sud emerge anche nella "qualità media rilevata" del personale docente. Le immatricolazioni, poi, sono in caduta libera, la spesa per le borse di studio è ferma da dieci anni e se in Italia si "investono" 280 milioni, in Francia quasi 2 miliardi. Nel sud, circa il 40% degli idonei non riceve la borsa di studio per carenza di risorse e sono risibili le percentuali di chi può godere di un alloggio nelle poche residenze universitarie, mente molti studenti cadono nella rete delle locazioni "in nero". Circa il 29% degli immatricolati del sud si iscrive in altra regione, alimentando così la mobilità, positiva certo, se non fosse a senso unico però. E questo, come evidenzia Viesti, è un dato su cui riflettere. A partire verso il nord sono soprattutto i giovani pugliesi e quindi, adesso, ci si può legittimamente domandare quale sia la capacità attrattiva delle nostre università. Il personale docente di ruolo al Sud è diminuito negli ultimi anni del 18,3% mentre lo squilibrio studenti/docenti è ormai del 32,4%, ed ogni docente può contare su un solo collaboratore. Dal 2008 al 2015 gli ammessi al dottorato nel Mezzogiorno sono scesi del 28,4%. In Puglia si stima che il rapporto tra studenti di dottorato e popolazione sta scendendo sotto lo 0,3 per 1000 abitanti (un decimo del valore tedesco!). Fin qui i dati riportati nella sintesi della ricerca.
Torniamo però, appunto dopo i "nuovi divari" al tema attrattività e poniamo a noi stessi alcune domande. È un cane che si morde la coda? Come potrebbero le università del sud e nello specifico quella di Foggia attrarre altri studenti, di altre regioni? Quali le politiche da attivare? Qual è l'incidenza che ad esempio può avere ed ha il ben più complesso sistema delle infrastrutture, dei trasporti? Quanto può o potrebbe essere determinante la rispondenza e coincidenza dei corsi di laurea con le specificità economiche territoriali? È l'università un attore strategico per lo sviluppo complessivo del territorio? L'università che ruolo svolge nei processi di innovazione sociale? Foggia, ad esempio, ha l'identità di una città universitaria? La sua presenza quanto incide nella promozione di comportamenti creativi, capaci di stare al passo con i cambiamenti tecnologici? Ed il riferimento, in questo caso, non è al solo trasferimento tecnologico. In altre parole proprio il rapporto "nuovi divari" riapre il confronto sull'intero sistema universitario, che dovrebbe proiettarsi a livello internazionale, e quasi ci obbliga - se non vogliamo essere distratti - a porci queste domande, proprio ora mentre è forte, almeno in premessa, il dibattito sul sud, su dove va o vorrebbe andare il Mezzogiorno. Anche in questo caso i numeri non devono e non possono restare solo statistiche.
edizione digitale
Il Mattino di foggia