IL MATTINO
Le nuvole parlanti
27.11.2022 - 11:23
Il fumettista e regista foggiano Alessandro Guida
«Il paradosso della globalizzazione è proprio questo: siamo talmente informati in tempo reale su tutto quello che accade nel mondo che ci dimentichiamo delle piccole cose che ci circondano o addirittura di noi stessi», ci dice il giovane regista nell'intervista rilasciataci
Una penna, cortometraggio del giovane regista foggiano Alessandro Guida è ufficialmente in concorso per il prestigioso premio David di Donatello 2023. Nell'intervista il regista ci racconta la sua emozione per questa splendida opportunità e la genesi dell'interessante opera cinematografica che mostra le mille sfaccettature della solitudine.
Alessandro, è una notizia incredibile essere selezionati per un premio così importante per un regista giovane come te. È un grande successo, ma come è nato il cortometraggio Una penna?
Il corto è nato dalla necessita di raccontare qualcosa che sento e sentiamo vicino. Un senso di inadeguatezza nei confronti della realtà che oramai ci ha quasi totalmente sopraffatto. Siamo navigatori in balia della tempesta, in questo caso la tempesta sono gli ultimi eventi che hanno scosso il mondo. Il paradosso della globalizzazione è proprio questo: siamo talmente informati in tempo reale su tutto quello che accade nel mondo che ci dimentichiamo delle piccole cose che ci circondano o addirittura di noi stessi.
Stai esplorando varie fasi dell'arte: fumetto, cinema... in fondo, arti simili e unite da un profondo legame; ma a quale delle due ti senti più legato?
Sicuramente il cinema è la forma d’arte più diretta, poiché si fornisce un riferimento visivo al messaggio propinato. Io ritengo che in realtà tutte queste (fumetto, musica o poesia) non siano “arti” distinte, ma si tratti in realtà di varie tecniche da utilizzare per mandare un messaggio.
Come regista, quali sono i tuoi miti di riferimento?
I veri miti dell'arte cinematografica oramai sono un ricordo, purtroppo il cinema si è gradualmente trasformato in una totale industria, perdendo quell’impronta artistica data dai maestri europei del primo cinema del 900 sino alla New Hollywood di Scorsese, de Palma e Spielberg. Ho trovato interessante scoprire ultimamente una nuova corrente di artisti innovatori nel cinema europeo che si stanno imponendo nel panorama cinematografico unitario, in particolare mi sono soffermato su Gabriele Mainetti e Paolo Sorrentino i quali costituiscono ad oggi i miei due modelli più recenti. Per quanto riguarda i miei miti cinematografici, inserirei fondamentalmente tre nomi: Federico Fellini, Werner Herzog e Lina Wertmüller.
Quale è il tuo ideale estetico di arte cinematografica?
Il mio ideale estetico si avvicina per alcuni versi a quello proposto dai registi del Dogma 95; in poche parole, ritengo che il film in sé non necessita obbligatoriamente di grandi effetti visivi, movimenti di macchina arditi o di costumi sfavillanti. Ritengo che il primato sia da attribuire alla narrazione, alla storia e al messaggio.
Di cosa parla Una penna?
Una penna tratta dell' indescrivibile paura di essere soli, ma anche per ciò che non si è riuscito a realizzare o per quello che deve arrivare. Quindi il protagonista del corto si trova a parlare con lo strumento che può dare la possibilità di creare qualsiasi cosa: una penna, la quale diventa l’oggettificazione della sua coscienza, che rigetta tutto ciò che va male in lui.
Progetti futuri legati al cinema?
Una penna è il secondo capitolo di una “trilogia della solitudine” che si è aperta con Sotto assedio, il mio primo lavoro, e si concluderà con un cortometraggio di cui ancora non posso rivelare il titolo, ma con il quale esplorerò il tema della solitudine in tutti i suoi aspetti e le terribili conseguenze che può provocare.
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