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23 novembre 1980

Quel terremoto che da noi rase al suolo le coscienze

Quel terremoto che da noi rase al suolo le coscienze

Era una domenica assolata e temperata, quella del 23 novembre 1980. Avevo quindici anni ed ero appena uscito di casa per raggiungere a piedi la discoteca del paese in cui vivevo, Rocchetta Sant'Antonio, quando il mondo prese a girarmi letteralmente intorno: le case, le strade, le poche auto parcheggiate lungo la via, riassunte d'un tratto in un mulinello di indescrivibile vertigine che nel mentre mi rendeva incosciente di cosa stesse accadendo, nello stesso istante, per 90 interminabili secondi, col suo lampo ferale stava scuotendo 170 mila chilometri quadrati tra l'Irpinia e la Basilicata distruggendo 362mila abitazioni, uccidendo 2.914 persone, ferendone altre 8.848. Il terremoto più disastroso della storia, dopo quello del 1930, che ha cambiato radicalmente il volto delle comunità coinvolte, la cui conseguenza peggiore fu, successivamente, quella di devastarne le coscienze con la gestione dei fondi per la ricostruzione: 60 miliardi di lire prima, 22 milioni e 716 mila euro nel 2011, solo per i 14 comuni della provincia di Foggia interessati dal sisma. Un’ingordigia che dopo 22 anni, da quel 23 novembre 1980, non si è fermata neppure di fronte ai bambini vittime del terremoto di San Giuliano; perché lì si contavano i morti e a 118 km di distanza dai sussulti tellurici, a Rocchetta S. Antonio, per citare il paese che diede la stura ai cospicui contributi beneficiati dai comuni del Subappennnino dauno, i tecnici e gli amministratori erano già al lavoro nell’istruire le pratiche per la richiesta di risarcimento dei danni allo Stato. Con la complicità della gente. Perché è negoziando con la nostra coscienza, alimentando il nostro egoismo e la nostra avidità, che tecnici, politici, imprese fanno affari erigendo ospedali che, come il San Salvatore a L’Aquila, crollano dopo otto anni dalla loro costruzione. E’ sulla cecità, l’indifferenza e l’irresponsabilità di tutti noi che scientificamente, prima e dopo le lacrime di ogni evento luttuoso, i professionisti del malaffare erigono il proprio tornaconto, manipolando le nostre illusioni. E «L'illusione – metteva in guardia Antonio Gramsci - è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari». Così, dopo 37 anni da quel tragico evento che nella vicina Irpinia seminò morte e disperazione, bisogna realizzare che da noi il terremoto è servito soprattutto alle amministrazioni comunali per tenere in pugno le collettività nel susseguirsi delle elezioni; che il governo dei piccoli centri si è, di fatto, trasferito nelle mani di geometri ed ingegneri che, regolando il flusso dei finanziamenti attraverso gli stati di avanzamento dei lavori, hanno deciso se, come e quando le imprese dovevano lavorare; che finanche i singoli proprietari di immobili in ricostruzione hanno pretesto dalle imprese trattamenti di favore per consentire loro l’affidamento degli appalti. Un circolo vizioso che non si è mai interrotto e che, nella corsa sfrenata al mattone, ha calpestato diritti umani, ha favorito una pericolosa mentalità del compromesso e del sopruso, devastando non le case ma le coscienze. Aveva ragione Franz Kafka: «La vita è una perpetua distrazione, che non lascia neppure la consapevolezza di ciò da cui distrae».

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Antonio Blasotta

Antonio Blasotta

Alla passione per la scrittura e la comunicazione ho dedicato il mio tempo, senza mai risparmiarmi. Così, da quando avevo 15 anni, ho scritto per diversi giornali (Puglia, La Gazzetta del Mezzogiorno, il Roma), ho diretto la prima tv di Foggia, Teleradioerre; ed ho finito con il fondare la Casa Editrice "Il Castello", che, oltre ad editare diversi libri, pubblica "Il Mattino di Foggia". Divido la mia vita tra la passione editoriale e quella per la formazione relazionale e direzionale, essendo Master Trainer con licenza USA di PNL.

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