IL MATTINO
LUPO ALBERTO
11.01.2013 - 16:06
Una foto di Foggia inizio secolo (www.manganofoggia.it)
Spesso si é parlato dei diritti delle donne non sempre rispettato soprattutto durante i secoli scorsi quando, in certe realtá meridionali, esisteva ancora il padre, marito, fratello-padrone. Eppure a Foggia, che non si è mai distinta per una marcata emancipazione, in passato si sono registrati episodi che hanno saputo esaltare le capacitá di tante donne. Ad esempio, a metá del XIX secolo, nella via Maddalena, esisteva un Conservatorio con annessa chiesa dedicata a Maria SS. della Maddalena, nel quale venivano ricoverate le donne pentite, cioè quelle che si erano rinsavite dalla prostituzione. Queste giovani erano addette alla lavorazione della pasta a mano e alla confezione dei guanti ma subito dopo furono impiegate anche nella costituenda filanda per la dipanatura della seta. Il lavoro, molto produttivo, era anche abbastanza faticoso e una reclusa, tale Agnese Mastracchio, si ammalò gravemente e tutte le compagne, il 14 febbraio 1849, si astennero dal lavoro sostenendo di non poter operare in un ambiente surriscaldato dalle stufe, calore necessario per provocare la morte delle crisalidi, ma soprattutto contestarono il fatto di dover stare sempre con le mani nell'acqua calda per liberare i bozzoli dalla sericina e per ricercare il capofilo. Questa protesta, che fece molto rumore in cittá, portó a drastiche conseguenze: l'anno seguente la filanda della Maddalena chiuse i battenti e le macchine furono rimosse e trasferite in uno dei locali del porticato della villa.
Piú avanti negli anni e precisamente nell'aprile del 1898, si realizzò un episodio che sarebbe passato alla storia come “La rivoluzione della fame” . Una donna foggiana, Filomena Cicchetti detta"zia Monica", guidò una piccola folla al Palazzo Dogana, sede della Prefettura e dell'Ispettorato della Pubblica Sicurezza. Il Prefetto, dr. Donati, promise provvedimenti urgenti, mentre il sindaco, Emilio Perrone, cercava di calmare gli animi. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso, era stato un ingiustificato aumento del prezzo del pane, unico sostentamento per una popolazione praticamente alla fame. Purtroppo, la folla esasperata continuó la protesta intenzionata a raggiungere il Municipio situato nel cuore della città, tra la porta arpana e i ruderi del Palazzo di Federico II, tra il Piano delle Fosse e Via Arpi: giunta a destinazione, con grosse casse di petrolio diede fuoco all'edificio del Comune. Nell'incendio, con l'archivio comunale, furono distrutti tutti gli antichi documenti e libri della storia foggiana; successivamente furono svuotati anche i Magazzini Generali. Questa sommossa fu sempre guidata dall'inizio alla fine dall'intraprendente zia Monica.
Un ulteriore episodio che seppe esaltare la figura femminile a Foggia è legato alle elezioni comunali del 1946, le prime nelle quali erano chiamate ad esprimere la propria volontá anche le donne; i partiti vollero inserire nelle liste numerose candidate ed il primo consiglio comunale eletto dopo la seconda guerra mondiale poté contare dell'apporto di ben tre rappresentanti del gentil sesso: Anna Matera Di Lauro, eletta tra le fila del Partito Socialista; Emilia Da Lima, tra quelle del Partito Comunista ed infine Antonietta Acquaviva, democristiana. Certo quei partiti seppero interpretare al meglio la paritá dei diritti tra uomini e donne anni ed anni prima dell'avvento delle ormai famose "quote rosa".
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