IL MATTINO
L'operazione
11.02.2020 - 12:38
In carcere sono finiti Libero Perugini, 38 anni, titolare dell'omonima azienda agricola con sede a Foggia in località tratturo Castiglione; e, ai domiciliari, Giovanni Capocchiano e Natale De Martino, entrambi di 66 anni, rispettivamente di Zapponeta e Manfredonia, per l'azienda "Ortofrutta De Martino", di Zapponeta.
Per l'"Ortofrutta De Martino", gli inquirenti fanno sapere che "sono stati accertati e contestati addirittura casi di violenza ai danni di due fratelli, entrambi licenziati in tronco perché colpevoli di aver osato chiedere un aumento della retribuzione, per costringerli a lasciare i propri alloggiamenti all'interno di una sorta di "ghetto-lager" che era stato realizzato all'interno dell'azienda, che non assicurava nemmeno i minimi requisiti dell'umana decenza, per non parlare di quelli della sicurezza. Negli stessi ambienti di lavoro, in più, a ribadire lo stato di subordinazione dei dipendenti, era anche stato rinvenuto un cartello che minacciava la perdita del titolo abilitativo alla permanenza sul territorio nazionale in caso di licenziamento o di dimissioni del lavoratore, un atto di autentico “terrorismo psicologico”. Anche all'interno dell'altra azienda agricola oggetto di indagine, la "Perugini Libero" di Foggia, le cose non andavano in modo migliore. Infatti, pur di guadagnare a discapito della sicurezza e del rispetto delle norme minime previste a tutela dei lavoratori occupati, il titolare dell’impresa applicava condizioni economiche svantaggiate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato dai braccianti agricoli, diversi dei quali ingaggiati, grazie al reclutamento effettuato da un africano irregolare sul territorio nazionale che agiva con funzione di intermediario, anche dal ghetto ex Pista di Borgo Mezzanone o da altri domicili di fortuna della provincia. Alcuni lavoratori erano stati addirittura collocati in due roulotte ubicate all’interno dell’area aziendale, allestite come dormitori e cucina, prive dei benché minimi requisiti di abitabilità, oltre che in condizioni di degrado e di sporcizia diffusa. Diversi gli accumuli di rifiuti presenti a ridosso di tali dimore improvvisate, per le quali veniva perfino versata una quota mensile di 15 euro da parte dei relativi occupanti. L’orario standard di lavoro era di 10 ore, con una pausa minima, quando questa veniva riconosciuta, ed in assenza di concessione dei prescritti periodi di riposo e malattia. Lo stesso GIP del Tribunale di Foggia, nella propria ordinanza, parla di modalità di sfruttamento “inquietanti”, quelle appunto consumate da Libero Perugini nell’ambito della propria azienda agricola".
Le mirate attività di investigazione poste in essere, nate in momenti diversi e da spunti diversi, sono poi state contemporaneamente dirette dal pool anticaporalato appositamente costituito in seno alla Procura della Repubblica di Foggia e condotte “sul campo” dai Carabinieri del Comando Provinciale e del Nucleo Ispettorato del Lavoro, anche mediante l’utilizzo di mezzi tecnici, ed hanno permesso così di accertare come, in entrambe le aziende sottoposte a verifica, i rispettivi titolari si servissero di manodopera composta esclusivamente da stranieri extracomunitari, per lo più di nazionalità albanese e marocchina, solo apparentemente assunti in modo regolare, ma sfruttati approfittando delle relative condizioni di inferiorità, sia economica che psicologica, in totale spregio di ogni normativa attualmente in vigore in materia di assunzioni, retribuzioni, sicurezza e dignità dei lavoratori, tutto al fine di trarre un notevole vantaggio economico derivante dalle economie ottenute rispetto ad una corretta gestione aziendale.
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