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La Rotunno incanta con un monologo onirico con metafore, divertimento e riflessioni

La magia del teatro di Manola

Uno spettacolo dove la mutaforme attrice da vita a numerosi personaggi dai fantasmi giocherelloni a Rocky Balboa

Tempo senza tempi, ma il simbolico del teatro di Manola scandisce i tempi; via la piccola casetta, ormai è diventata grande e non abita più nel quartiere; via il cassonetto ormai c’è la differenziata. Cambia il gioco di luci, via le treccine ora Manola ha i capelli lunghi, sciolti da masciara osco lucana, chissà lo è…

Le note di Summertine soffiate da una tromba colorata di blues scivolano nell’aria, in attesa che si alzi il sipario; le note sembrano volare sino al cielo affrescato del teatro Stabile. Poi inizia il colpo di scena, buio in sala ed una voce tra il faceto ma non troppo ed il serioso ma non troppo avverte gli spettatori di spegnere i cellulari. Avvisa che pur rimanendo comodamente seduti inizieranno un viaggio, senza tempo e senza confini e senza luoghi precisi; sarebbe facile definirlo un non luogo quello scenario. Simbolico, particolare da colpire subito l’attenzione : fogli appesi da un filo quasi invisibile, che saranno? Icone ? Metafore materiali? Semplici accorgimenti per catturare l’attenzione?  Manola si sveglia già pettinata, ed arriva lei la Rotunno, con due treccine d’altri tempi; un po’ vintage un po’ scolaretta di un tempo che non esiste più. La scena è falsamente scarna, un box, una casetta, una finestra sul cortile, un modellino di camioncino forse di pompieri. Manola ha sette anni, anno più anno meno, la voce di una Peter Pan che non vuole crescere, e mai crescerà anche nel corso del trascorrere degli anni condensati in una ora di suggestioni verbali e pirotecnici giochi di parole, non affettati e non tecnicamente costruiti per stupire con effetti speciali; ma in simbiosi con i personaggi di Manola.

La Rotunno mutaforme, si assiste ad un monologo che non è un monologo, è una polifonia di voce intrecciate e di personaggi forse reali, forse immaginari ma che ritroviamo in ogni angolo del nostro bel Paese. I centri e le periferie, le semiperiferie di ogni cittadina italiana. La finestra potrebbe essere a Potenza, come a Ferrara, come a Catania. Monologo da polifonia, al ritmo semplice di una luce che si accende e spegne, troviamo Manola a sette anni oppure l’esilarante signora Capozza, un po’ vispa per non dire svitata; una signora senza età come la stessa Manola con le treccine, ma che è il grande Fratello che esiste nella nostra provincia. Non sfugge nulla dall’uomo puzzolente al ladro di gomme, al semplice passante. Notte e giorno, giorno e notte non sfugge nulla; nessun  servizi segreto al mondo è efficiente come le tante signore Capozza della vita sonnolenta di un quartiere di periferia. Non sfugge nulla, non cambia mai nulla anche se il tempo vola. La piccola Manola con le treccine giocava con i playmobil; voleva scoprire il segreto del cassonetto della spazzatura e dell’uomo puzzolente, un tempo si chiamavano spazzini, ora operatori ecologici, chissà domani il politicamente corretto come li chiamerà.. Tempo senza tempi, ma il simbolico del teatro di Manola scandisce i tempi; via la piccola casetta, ormai è diventata grande e non abita più nel quartiere; via il cassonetto ormai c’è la differenziata. Cambia il gioco di luci, via le treccine ora Manola ha i capelli lunghi, sciolti da masciara osco lucana, chissà lo è…

Per magia prendono vita i fogli appesi, sono liste, tante liste dalle disparate tassonomia: i desideri, le cose da fare, le case cambiate, i titoli dei racconti da mandare alla casa editrice. Già, Manola senza età e Peter Pan che rimane se stessa sempre ora è una scrittrice ma chissà se avrà mai scritto un racconto; la bambina dai vestiti bianchi di una volta ci insegna anche la musica del silenzio; ci insegna la musica e la magia della parole passate: vetusto, bizzarro, perditempo, vintage. Quelle parole che presi dalla fretta non usiamo più; impoveriti da un vocabolario modernamente sciatto. Manola si sveglia già pettinata è un monologo che non è un semplice monologo; La Rotunno multiforme, esilarante nel interpretare la maestra partenopea, il papà che le rompe i capillari non si vede ma c’è, il suo ex fidanzato abruzzese che canta come un usignolo ma farebbe meglio a tacere; poi si trasforma in Rocky; Manola Balboa con i guantoni ed il ghigno alla Stallone è esilarante, il pubblico ride, miscela Rocky IV e il primo Rocky che grida Adrianaaaa.  So Quà, risate ma un messaggio c’è: se io posso cambiare, voi potete cambiare; il Mondo può Cambiare… Nessun moralismo facilone, nessun pretesa di essere guru come capita a troppi personaggi dello spettacolo ma Manola pur divertendo, pur nei suoi pirotecnici gioco di parole e palloncini che volano; tocca le anime del cuore. Il ricordo del terremoto, il mare che non si è mai visto, il ricordo di Teresa e poi ancora lei cambia, la mutaforma Rotunno; una luce bianca da masciara la fa diventare uno spettro; sullo sfondo una luce rossa; Auschwitz Birkenau, l’inferno dove c’erano morti viventi, dove il fumo era lento dopo la velocità di sterminare i diversi. Auschwitz Birkenau, patrimonio dell’umanità: ne avremmo fatto ameno e ritorna Rocky: se noi possiamo cambiare, tutto il mondo può cambiare.

Manola ti spiezzo in due la banalità del male  , e ci riesce nel polifonico monologo divertendo, coinvolgendo, facendo riflettere. Sarà merito di Lumiere? Il suo amico immaginario? Chissà forse esiste quel fantasma che gli fa scherzi, gli accende sempre le luci, anche di notte, del resto il teatro è magia come la vita. Ebbene sì; Manola si sveglia già pettinata perché non dorme mai; ritorna il tempo senza tempi e chi non dorme vive due volte ma chi assapora l’illusione del teatro  vive più vite e Manola Rotunno ci ha regalato questa sensazione.

“Mi sveglio già pettinata” andrà in scena a Roma in scena al Teatro Tordinona  in Via degli Acquasparta 16, all'11 al 14 maggio. Dal giovedì al sabato alla 21.00 e la domenica alla 18.00. Per informazioni e  prenotazioni 06 7004932.

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