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Questa mattina presso il Dipartimento di studi umanistici

Alberto Mieli racconta Auschwitz e Mauthausen, l’apice della cattiveria umana

Laurea honoris causa a un testimone della storia del ‘900. Per non dimenticare la Shoah. «Non portate mai odio, né vendetta, né rancore verso qualcuno perché formano un circolo vizioso dal quale non si esce più; quando siamo nati nostro Signore ci ha donato la libertà e nessuno può togliercela!»

Alberto Mieli racconta Auschwitz e Mauthausen, l’apice della cattiveria umana

«La mia vita cambiò un giorno di novembre del 1943, per l’acquisto di due francobolli senza importanza, che misi nel taschino della camicia. Avevo 17 anni e il destino volle che tre giorni dopo fui preso durante un’ispezione e mi chiesero dove avessi preso e chi mi avesse dato quei francobolli con l’effige della Repubblica spagnola. Ma io non appartenevo alla Resistenza, non ero partigiano, non mi interessava», così comincia il racconto di Alberto Mieli. Alberto, che nel corso della sua lunga vita ha vissuto più esistenze, che ha avuto più nomi (quello all’anagrafe, quello del numero impressogli nella carne ad Auschwitz 180060, quello di “sopravvissuto” come è stato etichettato poi); Alberto, che è stato all’inferno ma da quell’inferno è tornato e ora racconta quella storia, perché è necessario avere memoria del passato se non si vuole correre il pericolo di riviverlo...

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