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19 anni fa ci lasciava Marco Pantani, fragile e sfortunato Pirata con la bandana

Il giorno di San Valentino del 2004 moriva il Pirata, uno dei più grandi ciclisti di sempre. Sono ancora molte le ombre su quella maledetta notte nella stanza dell’hotel 'Le Rose' di Rimini. Professionista dal 1992 al 2003, ha vinto ben 46 volte in carriera. La sua stagione magica, nonchè quella della consacrazione, è stata il 1998: anno in cui ha vinto sia il Giro d’Italia che il Tour de France. Nella celebre bandana il suo marchio di fabbrica, diventata poi un must per appassionati e non

19 anni fa ci lasciava Marco Pantani, fragile e sfortunato Pirata con la bandana

Osannato dai suoi tifosi e idolo dei giovanissimi che proprio grazie a Pantani si erano avvicinati al mondo della bicicletta. Nessuno dopo di lui è mai riuscito a tenere incollati alla tv milioni di telespettatori durante una corsa ciclistica. Il 5 giugno del 1999 fu fermato da un test anti-doping a Madonna di Campiglio, quando Marco era ormai sicuro della seconda vittoria consecutiva al Giro d'Italia. Anni dopo nella relazione della Commissione parlamentare Antimafia vengono messe nero su bianco tutte le anomalie che hanno caratterizzato il test di Madonna di Campiglio, ma anche quanto emerso in seguito alle dichiarazioni di Renato Vallanzasca, il boss della mala milanese, a cui un detenuto avrebbe confidato che dietro alla squalifica ci fosse la mano della camorra. La vittoria di Pantani al Giro d’Italia del ’99 avrebbe fatto saltare il banco delle scommesse clandestine e per questo, con il Pirata in testa a una tappa dalla conclusione, sarebbe scattata la trappola. La possibile manomissione del test ematico e la tesi del giro delle scommesse clandestine erano già agli atti del primo processo, quello per frode sportiva terminato con l’assoluzione del Pirata, ormai umanamente segnato e sprofondato nel baratro della depressione e della solitudine. Dopo il decesso di Pantani la Procura della Repubblica di Rimini ha condotto due inchieste: la prima aperta nel 2004 subito dopo la morte del ciclista; la seconda, invece, avviata a seguito di un esposto della famiglia di Marco nel quale venne portata avanti l’ipotesi che la morte fosse conse­guenza di una azione omicidiaria. In entrambi i casi venne ritenuta verosimile l’ipotesi dell’accidentalità del decesso, piuttosto che quella di un’azione suicidaria. Per i giudici, dunque, Marco Pantani non venne ucciso ma morì a causa dell’autoassunzione di cocaina e psicofarmaci. Ma i genitori del Pirata hanno cercato a più riprese di dimostrare che il figlio sarebbe stato ucciso, o comunque che al momento della morte fosse in compagnia di qualcuno che in seguito ha spostato il corpo e alterato la scena

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