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La storia di Nino Pignataro medico in pensione che cura i pazienti Covid in telemedicina

«Da 35 anni sono un normale medico, ho fatto il 118. Le polmoniti interstiziali le abbiamo sempre curate prima del Covid con antibiotici e cortisonici, le terapie tradizionali. Poi da quando il ministero della Salute ha imposto il protocollo di tachipirina e vigile attesa ci hanno distrutto»

La storia di Nino Pignataro medico in pensione che cura i pazienti Covid in telemedina

Pignataro fa parte della rete di medici (geriatri, pneumologi, anestesisti, medici di base) messa in campo dal Comitato Ucdl e da quando ha iniziato a curare in telemedicina i pazienti Covid non ha registrato neppure un decesso su circa 500 pazienti curati. «Nelle ultime settimane ho avuto molti casi da Reggio Calabria, la mia città di origine, alcuni anche molto gravi. Abbiamo un’infinità di patologie molto più gravi del Covid, è inammissibile quello che sta succedendo». E la vigile attesa con la tachipirina? «Ha determinato per l’Italia il più alto tasso di mortalità d’Europa e uno dei più alti del mondo. Eppure abbiamo fornito il nostro protocollo di terapie domiciliari al ministero della Salute, lo abbiamo fatto gratuitamente già dallo scorso anno. Sarebbero crollati i morti e i ricoveri, ma il ministro Speranza non l’ha voluto ammettere e nessuno sa perchè. Avevamo anche un accordo con il sottosegretario Sileri, era d’accordissimo con noi, ci ha sostenuto. Poi Speranza ha bocciato la proposta e non se n’è fatto nulla».

Si chiama Nino Pignataro ed è noto e stimato medico di Oppido Mamertina (Reggio Calabria) che qualche mese fa ha raccontato ai microfoni di "StrettoWeb" come è riuscito a curare alcuni pazienti. Premessa, necessaria sempre di questi tempi: è vaccinato, non manda avanti teorie No Vax o complottiste, non ha alcuna intenzione di alimentare qualsivoglia tipo di polemica. E’ assolutamente favorevole ai vaccini per combattere il Covid ma ha portato in campo delle tesi – non a parole, ma coi fatti – che supportano l’idea secondo cui in alcune situazioni il virus si può curare a casa senza accorrere agli ospedali e intasarli. Pignataro si laurea a Roma e si specializza al Gemelli. L’attività lavorativa inizia invece al 118 di Como, dove rimane per 10 anni, prima di ritornare a Roma e svolgere la professione di medico di base per diversi decenni. Dopo 35 anni di attività medica è costretto a fermarsi per un problema oncologico, ottenendo il pensionamento anticipato. Dallo scorso anno si dedica ininterrottamente a curare pazienti Covid con il gruppo della terapia domiciliare precoce e con tanti altri colleghi del settore sanitario, fa parte - appunto - del Comitato Terapia Domiciliare Covid fondato dall’avvocato Erich Grimaldi. «Era maggio 2020 e fino a quel momento stavo assistendo passivamente alla pandemia, ero inerme e mi chiedevo se era possibile che stesse succedendo tutto quel cataclisma, con così tanti morti e le gravi conseguenze sulla società e l’economia, per un’infezione simile all’influenza. Quindi ho iniziato a guardarmi intorno, a studiare i dati, a cercare di capire con voglia di imparare e tanta curiosità. Mi sono accorto che in un piccolo spicchio di terra tra la Lombardia occidentale e il Piemonte orientale c’era una zona in cui c’era un numero di morti e ricoveri molto più basso della media degli altri posti. Ho approfondito e ho scoperto che proprio in quella zona c’era un medico siciliano, di cui purtroppo adesso non ricordo il nome, che andava a curare i pazienti colpiti dal virus casa per casa con risultati straordinari: tra i suoi pazienti nessun morto e pochissimi ricoverati in ospedale. Ho quindi capito che, se fronteggiato nel modo giusto, il Covid poteva essere risolto senza molte vittime e senza intasare gli ospedali. Ho continuato le ricerche in quella zona e mi sono accorto che c’era il prof. Fabrizio Salvucci che aveva curato tantissime persone con una terapia speciale che aveva deciso di mettere in campo subito dopo aver consultato i risultati delle prime autopsie. Quegli esami, infatti, evidenziavano come le vittime di Covid in realtà non morivano di polmonite, come erroneamente si riteneva, ma morivano a causa della CID (coagulazione intravascolare disseminata), cioè per trombosi diffuse. Abbiamo così iniziato a capire che in realtà il Covid è una malattia infiammatoria, e che quindi andava trattata come tale. Ho scoperto il gruppo delle terapie domiciliari precoci grazie a una collega di Cosenza, Francesca Perri, e ho subito iniziato a curare pazienti in telemedicina. Ne seguivo cinque-sei al giorno, era molto dura perché c’erano moltissime richieste e inizialmente eravamo pochi medici. Non abbiamo avuto Natale, Capodanno, abbiamo lavorato notte e giorno per dare supporto alle persone, non solo a chi stava davvero male (più o meno il 5% di tutti i casi), ma anche a tutti gli altri che non avevano problemi di salute ma erano terrorizzati e quindi beneficiavano del nostro supporto psicologico. Le polmoniti interstiziali – continua il suo pensiero – le abbiamo sempre curate prima del Covid con antibiotici e cortisonici. Quando si vedevano i primi casi di Covid tra novembre 2019 e dicembre 2020 non sapevamo che era Covid e non avevamo morti perché li curavamo con le terapie tradizionali. Poi sono iniziati i morti da quando il Ministero ha imposto il protocollo di tachipirina e vigile attesa, lì ci hanno distrutto. E ancora oggi molti medici hanno paura, non somministrano le terapie giuste perché dovrebbero farlo disobbedendo alle linee guida del Ministero assumendosene la responsabilità. Io lo faccio e noi del gruppo lo facciamo, e pur raccogliendo le critiche degli allineati e omologati alla verità assoluta e al pensiero unico, ci godiamo la soddisfazione più bella e più grande: il benessere dei nostri pazienti. Ogni giorno ricevo chiamate di pazienti che sono felici, urlano, sorridono, cantano, perché hanno superato l’incubo. Perché si sono negativizzati. Perché possono tornare alla vita normale. E’ il momento più emozionante che ti ripaga di tutte le angosce che hai mentre li curi e non dormi mai tranquillo, perché hai sempre una grande responsabilità e vivi in simbiosi con loro. Io sono calabrese, sono nato ad Oppido Mamertina in provincia di Reggio Calabria, e ho nel dna il trasporto e la passione di dare il cuore in quello che faccio. Tanti pazienti sono venuti a conoscermi per ringraziarmi, non dimenticherò mai lo sguardo di un uomo che è venuto da me a Roma partendo da Udine semplicemente per stringermi la mano. Mi ha commosso». L'aneddoto: «Mi è successo che in un monastero delle Marche, nel pesarese, c’era un focolaio e 16 suore erano positive. Erano disperate, mi ha chiamato la superiora tramite il gruppo della terapia domiciliare. Alcune erano già allettate, molto anziane. Davano per scontato che sarebbero morte, lo mettevano in conto. Volevano salvare le altre. L’ho invitata a mandare in ospedale quelle in condizioni critiche, mi ha detto che qualche mese prima in una situazione analoga altre consorelle erano andate in ospedale e le hanno viste andare via con l’ambulanza, poi hanno saputo che le avevano intubate e dopo qualche giorno hanno ricevuto telefonicamente la notizia del decesso. Non le hanno più neanche potute vedere o salutare. Mi ha quindi detto che in ogni caso non sarebbero andate in ospedale, che avrebbero preferito accompagnarle alla morte lì nel monastero. E allora mi sono messo con la mia cam, in telemedicina, a valutare tutte le suore caso per caso e somministrare la terapia. E’ stata dura, è stato molto faticoso, ma quelle suore oggi sono tutte vive. Sono tutte guarite e stanno tutte bene». «Sono deluso, demoralizzato. Quello che fanno - prosegue ancora il medico calabrese - soprattutto politici e giornalisti mette tristezza, l’unico a darci ascolto è stato Mario Giordano su Fuori dal Coro. Eppure ci limitiamo a fare la nostra professione come da giuramento. Curiamo la gente che ne ha bisogno. Lo facciamo gratis, senza alcun interesse, a fronte di tante speculazioni sulla pandemia. La gente è terrorizzata, erroneamente. La gravità della situazione è stata gonfiata, la popolazione è troppo spaventata rispetto alla realtà. Da un lato senti Draghi, che è il Premier e rappresenta le massime istituzioni del Paese, che ti dice che se non ti fai il vaccino muori. Dall’altro senti Montagnier che è premio Nobel per la medicina e ti dice che c’è correlazione diretta tra vaccino e decessi per gli effetti collaterali. E così la gente è terrorizzata sia per il virus che per il vaccino, ma in realtà non dovrebbe esserlo nè per l’uno nè per l’altro. Io sono un free vax, quando curo i pazienti non mi interessa se sono vaccinati o meno, neanche glielo chiedo, è una loro libera scelta. Ne ho dovuti curare molti che hanno avuto problemi col Covid anche se vaccinati,

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