Il Crob di Rionero in Vulture non è una semplice azienda ospedaliera, in quanto può fregiarsi del titolo di Irccs: pertanto gode di particolari attenzioni anche di natura economica da parte del ministero della Salute ed oltre alle prestazioni di ricovero e di chirurgia è centrale l'attività di ricerca. Gli Irccs in Italia sono 51. 21 pubblici e 30 privati. Nel Mezzogiorno sono tre e tra questi vi è il Crob di Rionero. Con due ospiti di eccezione ovvero il direttore generale Massimo De Fino e il direttore sanitario Rocco Mario Calabrese andiamo alla scoperta del nuovo corso dell'Irrcs lucano: un rinnovato management per un rilancio totale e per le nuove sfide del futuro
Direttore De Fino, lei lo scorso dicembre si è detto convinto che il 2024 avrebbe rappresentato "l’anno delle risposte alle aspettative e al bisogno di salute della popolazione lucana e non solo, grazie anche alla collaborazione già nata con i colleghi delle altre aziende sanitarie regionali", può tirare un bilancio di questo primo trimestre e soprattutto del lavoro posto in essere a pochi mesi dal suo insediamento alla guida della direzione generale?
“Voglio essere chiaro: c'era un'ottima macchina da rimettere in moto ed ho riscontrato grande dedizione da parte di tutti gli operatori. Avendo esperienze in altre aziende sanitarie territoriali posso affermare senza ombra di dubbio che l'età media è bassa, questo implica tanta voglia di fare, soprattutto di fare bene e di crescere. Con il direttore sanitario, in attesa del direttore scientifico, ho girato reparto per reparto. I primi dati dimostrano che c'è un ritorno al periodo d'oro del nostro Crob ed anche la parte politica è attenta e consapevole dell'importanza della nostra struttura. Ho chiesto carta bianca per quelle che possono essere le mie funzioni ed ho presentato alla Regione Basilicata un documento programmatico che traccia la mission del Crob del futuro”
Ci può anticipare qualcosa?
“Il documento è ancora riservato però posso anticipare che oltre ad un investimento rilevante in termini di attrezzature è previsto un importante aumento dei posti letto fino a 124 unità. Inoltre puntiamo alla deroga ai limiti del personale per procedere a nuove assunzioni ed incrementare il nostro capitale umano con un piano edilizio per ampliare ambulatori e sale di attesa, non da ultimo un progetto di espansione dei parcheggi per la sosta delle auto. L'ho voluto definire Crob 2.0 per essere all'avanguardia e per offrire prestazioni di altissimo livello”
L'elemento caratterizzante del Crob è la ricerca: a che punto siamo e quale può essere il ruolo del Crob nel panorama scientifico?
“Il Crob rispetto al recente passato ha portato avanti la stabilizzazione del personale e l'aumento del personale stesso. Ad oggi abbiamo 40 ricercatori e ne possiamo assumere altri 15, di questi 40 ben 29 non erano stabilizzati e si è proceduto alla stabilizzazione negli ultimi mesi finanche negli ultimi giorni. Questi ricercatori si occupano di linee di ricerca diversificate. Il lavoro portato avanti è di qualità e ne sono orgoglioso perchè abbiamo già un brevetto nazionale. La nostra è una ricerca pura con esperienze che vanno dal letto dell'ospedale verso il laboratorio per ritornare poi al paziente. Abbiamo un brevetto italiano collegato con la medicina nucleare, abbiamo presentato recentemente un altro brevetto in collaborazione con l'Università degli studi Foggia e ne siamo titolari al 67 per cento. I numeri sono importanti ma ritengo che un istituto di ricerca di piccole dimensioni come il Crob debba necessariamente essere collegato con istituti di ricerca più grandi e con le università a partire dall'Unibas. Proprio questo concetto di rete che reputo indispensabile è alla base, con gli altri Irrcs del Mezzogiorno, della così detta rete 'Amore', un bellissimo acronimo che indica Alleanza Mediterranea Oncologica in Rete, si tratta di una collaborazione con l'istituto Pascale di Napoli e con il Giovanni Paolo II di Bari. Una partnership per sviluppare e condividere le linee di ricerca mettendo a disposizione le nostre informazioni, le nostre esperienze e i nostri ricercatori. Limitatamente ai dati il Crob può fregiarsi di un registro tumori tendenzialmente unico in Italia perchè geolocalizza una particolare patologia dal domicilio del paziente alle aree circostanti. In questo modo si è capaci di catalogare ad esempio l'incidenza e la diffusione del tumore al polmone in una specifica zona in rapporto alla densità abitativa ed avviare analisi più concrete, siamo unici ad avere questa possibilità”
Sul fronte delle risorse?
“Devo essere sincero, le risorse non sono sufficienti per una adeguata attività di ricerca, le attrezzature vengono acquistate con risorse proprie, nelle quali confluisce anche il 5x1000. A tal riguardo lanceremo una campagna specifica con patronati e Caf per stimolare la disponibilità dei cittadini a donare il 5x1000 al nostro istituto. Mentre sul tema delle donazioni c'è sicuramente una spiccata sensibilità dei privati, da parte di chi è guarito, di chi è stato in cura o da familiari di pazienti che a Rionero hanno avuto una buona esperienza”
Un serio problema riguarda la mobilità sanitaria che vede la Basilicata avere un saldo negativo di circa 83 milioni di euro, come certificato da Gimbe. Da manager esiste una ricetta per mitigare la migrazione sanitaria?
Il Crob è il Crob e lo rivendico con orgoglio. Abbiamo la nostra funzione e c'è tanta migrazione attiva specialmente per l'attività ordinaria da Puglia, Campania e Calabria. Abbiamo apparecchiature ad alto livello di complessità con operatori di eccellenza alcuni dei quali si sono formati negli Stati Uniti. Abbiamo collegamenti diretti con gli altri Irrcs e possiamo curare le medesime patologie a Rionero come al Pascale o all'Ieo. In via più generale dobbiamo aprirci alla conoscenza di quello che si fa in Basilicata e a questa domanda rispondo convintamente si, è possibile mitigare la migrazione sanitaria: è importante far comprendere ai cittadini che in terra lucana ci sono le tecnologie e ci sono ottimi medici. La prima voce della migrazione sanitaria è l'ortopedia, si decide di andare fuori regione non per patologie complesse come ad esempio l'oncologia ossea, ma per interventi di routine al ginocchio. Questo deve fare riflettere. Il Crob anche grazie alle associazioni di volontariato che ci sono molto vicine e ringrazio per l'impegno profuso, ha avviato un percorso di sensibilizzazione con una serie di incontri pubblici, il primo si è tenuto a Lagonegro. Dal primo marzo a Policoro abbiamo attivato l'ambulatorio di oncologia e andiamo ogni 15 giorni con i nostri specialisti all'Ospedale di Policoro e da settembre ogni settimana all'Ospedale di Matera perchè siamo in rete per la radioterapia. Perchè dico questo? Perchè è dal materano che abbiamo riscontrato la maggiore migrazione e dunque, nel limite del possibile e delle attività da erogare, è il Crob che può e deve andare dal cittadino. La nostra attrezzatura non è presente nelle strutture vicine come ad esempio Acquaviva delle Fonti e non hanno neppure il nostro know how. Se riusciamo a recuperare un buon 30 per cento di pazienti possiamo ulteriormente potenziare i nostri servizi ed è nelle nostre capacità. Bisogna fidelizzare le nostre strutture a 360 gradi e in questo è importante anche il ruolo dei medici di base, i primi ad incontrare il bisogno di salute dei cittadini. Chiudo con una riflessione: tra i 3 direttori generali e il commissario delle 4 aziende, nel corso delle varie riunioni emerge oltre alla stima reciproca, soprattutto la grande voglia di lavorare in maniera proficua e in sinergia per il bene della nostra sanità".
Un messaggio di speranza per chi sta affrontando una patologia oncologica e per le rispettive famiglie
“Alcune patologie non fanno più paura come 10 anni fa, anche come un anno fa. Bisogna in primis credere in una sanità di eccellenza, di giorno in giorno nuovi farmaci e nuove metodiche possono accompagnare il paziente alla guarigione e ad una rispettabile condizione di vita. Uno stile di vita sano è indispensabile, a questo si aggiunge la centralità della prevenzione perchè una diagnosi precoce è alla base del successo delle cure e dell'approccio alla malattia. Il tumore si può sconfiggere, il nemico può essere piegato e bisogna credere nel Crob perchè abbiamo la possibilità di curare, non abbiamo liste di attesa a differenza dei grandi istituti oncologici del nord e sappiamo bene che il tempo per queste patologie è sovrano”
Il Crob è anche tanta attività chirurgica, direttore Calabrese lo scorso gennaio sono stati eseguiti due delicati interventi su pazienti affetti da tumore dell'esofago con la ricostruzione dell’organo con parte dello stomaco. I centri in Italia specializzati in questa patologia sono pochi e si trovano al nord. Il Crob alla luce dei risultati raggiunti può rappresentare un faro nel sud Italia?
"Assolutamente si, è stato ultimato il concorso per direttore di struttura complessa per la chirurgia addominale che si riferisce a tutto l'apparato gastroenterico e annessi organi. Noi puntiamo a diventare un'eccellenza in questo campo perchè in Basilicata c'è un vuoto da colmare e abbiamo individuato una figura di grande spicco, il dottor Vagliasindi, che arriva dall'Emilia Romagna ed è un professionista di primo livello. Contiamo di arrivare a circa 200 interventi all'anno. C'è una grande sinergia tra le equipe a livello interdisciplinare o multidisciplinare in tal caso addominale e toracica che produce gli effetti sperati. Una modalità similare al rinomato modello americano per la collaborazione ed il dialogo continuo tra i vari colleghi che afferiscono a discipline differenti, al centro vi è ovviamente il paziente con un livello di umanizzazione che è difficile da trovare altrove per la qualità del rapporto che si instaura"
A tal riguardo la nostra Regione è in grado di prendere in carico un paziente con diagnosi tumorale sospetta e di seguirlo nel suo percorso di cura offrendo prestazioni di qualità?
“Assolutamente si, il paziente è seguito in tutto il suo percorso. Abbiamo un progetto importante sulla telemedicina con Regione ed Asp con la possibilità di somministrare le terapie ormonali orali presso il domicilio del paziente. Stiamo lavorando a due Pdta (Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) ovvero quello sulla mammella e quello sul polmone, per intercettare i pazienti ed evitare una migrazione passiva con i nostri specialisti che si muovono verso le strutture in gergo 'frontaliere' ovvero Policoro, Matera, Lagonegro, Villa d'Agri. Il Crob è l'hub di riferimento per la rete oncologica regionale a partire dallo screening che è un nostro fiore all'occhiello. Abbiamo avuto un incremento di adesioni per mammella e cervice uterina come pure per il colon retto. Riassumendo vi è la presa in carico totale. Abbiamo in mente di implementare i due Pdta nelle zone scoperte e puntiamo a gestire il paziente oncologico da remoto in sinergia con i nostri specialisti con terapie ambulatoriali evitando che i pazienti possano fare viaggi impegnativi verso Rionero. Il concetto puro della rete, senza campanilismi, dobbiamo tutti collaborare, ogni struttura deve fare la propria parte con il Crob in qualità di centro di riferimento”
Oncologia e psicologia, quanto è importante il sostegno, come detto, nell'umanizzazione del rapporto con il paziente?
"Fondamentale. Le nostre ottime equipe di psicologi si muovono su tutta la struttura intercettando il bisogno e umanizzando al massimo il sostegno. La patologia oncologica va vista con occhi diversi: si cura, si può curare, si può guarire. Il 21 di questo mese (oggi ndr) sarà attivato il primo servizio italiano pubblico di onco-sessuologia. I pazienti vengono seguiti con terapie di coppia e percorsi dedicati in un iter che inizia dall'onco-ginecologia per transitare nella psico-oncologia vera e propria. Abbiamo reclutato 6 psicologi più il responsabile. Il Crob sarà modello pilota e ne siamo fortemente orgogliosi"
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