IL MATTINO
Personaggi
31.01.2024 - 19:53
Isabella Ducrot è una delle più importanti narratrici del nostro tempo, lo testimoniano la sua abilità artistica, dimostrata ampiamente attraverso mostre, installazioni, libri, e quel filo che tesse e dipana, filo di cui possiede il bandolo. Tutto questo è accaduto perché di fronte all'umana e diffusa difficoltà di comunicare ha cercato la sua strada per farlo, e cioè sia incollando pezzi di tessuto, tali da ricomporre la tela in cui ci disperdiamo ogni giorno alla ricerca di senso, sia incollando parole e canzoni da portare con sé in giro per il mondo. Benché il suo lavoro tracci e mappi ciò che siamo è una persona molto più conosciuta fuori dai confini nazionali. Eppure grazie a lei, alle sue opere, allo studio che ha fatto della realtà, potremmo operare un totale ribaltamento dell'idea stessa che abbiamo proprio della narrazione, e anche il ragno smetterebbe di essere un animale che passa il tempo a tessere la tela. La signora Ducrot, molto più logicamente, ci dice che il ragno attacca e incolla, in pratica quello che ognuno di noi fa quotidianamente nella propria vita. Allo stesso modo in cui faceva Penelope, che ci è stata consegnata invece come un personaggio che tessendo attendeva il ritorno di Ulisse. Una cosa falsa per la signora Ducrot: Penelope incollava pezzi di tessuto non in attesa di Ulisse, ma nell'attesa di scoprire se stessa e il suo senso del mondo.
Cos’è per lei narrare o meglio cos’è per lei la narrativa?
La narrativa è per me opposizione, senza opposizione non c’è possibilità di modificare e di comprendere l'esistente. Pensi che per Eraclito la guerra era qualcosa di necessario e da cui non si potesse prescindere, e invece noi continuiamo a stupirci ogni giorno della guerra, soprattutto in un momento storico come il nostro in cui la guerra è a portata di mano, oserei dire. Solo perché siamo ossessionati dall’idea di dovere amare, qualcuno, gli altri e invece senza opposizione non è possibile niente, nemmeno l'amore.
E cos'è per lei il tessuto?
Il tessuto è la possibilità che ci viene data di andare più a fondo nelle cose, senza essere travolti dal balletto delle emozioni. Attraverso il tessuto tutto diventa più chiaro, e le cose si fanno vedere. Il tessuto che ho frequentato di più mi ha suggerito delle cose che non avevo letto nei libri, mi ha fatto riflettere, meditare. Per me il tessuto è un elemento simbolico, un puro contenitore di spirito. E poi il tessuto è il frutto del lavoro di un popolo, di una cultura, l'affermazione di un'identità, un atto di democrazia, attraverso il quale si annulla l'individuo e si afferma un’appartenenza umana. Non a caso il mio viaggio tra i tessuti tocca quattro continenti, che ho attraversato frequentando, mercati, bancarelle, antiquari. Una ricerca personale per dare voce al mio bisogno di comunicare, un bisogno che non sapevo come veicolare, di cui non conoscevo il suono, il tessuto è stata la mia voce.
Lei è napoletana e questa appartenenza la rivendica, benché viva altrove da tempo, perché?
Partiamo da lei, da questa sua cadenza musicale, che denota un’appartenenza, e che me la rende già cara all'ascolto. Per me Napoli è questo: l’appartenenza e il senso del ritmo, cose che attraverso i tessuti ho ricomposto.
Guardi che Napoli ai miei tempi era una città medievale, ma è il luogo che mi è servito sempre come misura in ogni viaggio che ho fatto e in tutte le mie ricerche.
Come è accaduto anche a Raffaele La Capria?
La Capria era ossessionato da Napoli e da questa sua avventura con il mare. Era ossessionato dall'incanto di essere napoletano, che è rappresentato da quel suo tuffo in mare direttamente dal balcone di casa, che è il senso del suo scrivere, ed è stato il senso anche del suo vivere. E per questa nostra comunanza napoletana ha curato la prefazione di “Suonn” il libro in cui racconto dell’importanza delle canzoni d'amore per la cultura napoletana. A Napoli non si usa il verbo amare, si dice invece “Ti voglio bene”. Allo stesso modo piuttosto che esaltare l'atto sessuale nella canzone napoletana c’è l'esaltazione del dormire insieme.
E infatti La Capria scrive: «Quante volte, noi abbiamo cantato a mezza voce la canzone di questo dormire smemorato senza farci caso. Isabella Ducrot in questo suo breve e denso scritto ce ne dà conto, ci offre una serie di citazioni che lo confermano e ci presenta una lista di titoli impressionante per il numero, dove ricorre il sentimento che si è detto. La sua è una vera e propria documentazione finora del tutto inedita». Cosa mi risponde?
Dormire con chi ci è caro è un privilegio, un fatto però che le donne subivano, le canzoni, quelle classiche, a Napoli sono interpretate da uomini. La Piaf è stata invece la prima donna a cantare d'amore, in maniera struggente e personale. Rimane il fatto che la lingua napoletana abbia un suo andamento, ma da Roma in giù ce più grazia, e serve sottolinearlo.
La sua vita è già un romanzo, non è d'accordo?
No, la vita di tutti è un romanzo, poi se ci mette la vecchiaia allora vede come sia la vecchiaia stessa a trasformare in un romanzo la vita.
E in cosa differisce la sua esistenza oggi rispetto a ieri?
Oggi mi sta a cuore una felicità che non provavo quando ero giovane. Da giovane ero ammutolita dalle ragioni delle emozioni e dalla timidezza. Allora ho orecchiato qualcosa della vita, un qualcosa che in questo attimo della mia vita ha dato risultati. Adesso c’è una conciliazione tra ciò che sento e ciò che scrivo, allora non c’erano in me i modi. Questa maggiore confidenza con la lingua, cui sono approdata vivendo fin qui, mi ha portato a una felicità tutta nuova e assolutamente sconosciuta.
«Isabella Ducrot dice di se stessa che è una collezionista di tessuti. Io dico che non è una collezionista di tessuti, o almeno non lo è più da quando ha preso a scomporre la propria collezione, usando pezzi bellissimi di questa per ricomporli in nuove forme. […] Chi raccoglie e ama questi oggetti è certamente attratto da questa loro natura ibrida, che li fa esistere come memoria del tempo fisico e come simulacri di sé stessi, e che fa sì che si abbia con essi un rapporto ambiguo, a metà tra la contemplazione e la nostalgia.
[…] quel che segna gli arazzi, i teli, i frammenti di Isabella Ducrot è soprattutto l’illusione di un equilibrio delicatissimo tra la materia che è già data in sé stessa e chi, di questa, ne accoglie le qualità per destinarle a una forma.»
Patrizia Cavalli
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