IL MATTINO
Pellicole
05.01.2024 - 19:14
Alessandro Siani
Il 2013 Alessandro Siani era nelle sale cinematografiche con “Il principe abusivo”, un film che segnò l'esordio di Siani alla regia, e che gli regalò una nomination al David di Donatello giovani. Un film che mi piacque perché mi "alleggerì la testa", una cosa molto complicata a farsi, e benché non ami particolarmente quella che viene definita commedia italiana contemporanea, questo ricordo mi ha spinto ad andare a cinema a vedere “Succede anche nelle migliori famiglie”, il settimo film di Siani come regista, e attualmente campione d'incassi. Il primo giorno di proiezione il film ha guadagnato 950mila euro con una media copie di 2561 su 366 schermi e oltre 126mila spettatori.
Il risultato? Il film non fa ridere, e benché il cinema fosse affollato (per uno spettacolo delle 17,30, ma non in maniera esagerata) una nuvola di malcontento aleggiava nell'aria.
Suppongo che anche gli altri si fossero precipitati a vederlo per le mie stesse ragioni, e cioè credendo di farsi due risate senza troppi problemi e invece si sono ritrovati con un film incompiuto e mal girato.
Eppure Siani ha dichiarato: «Ieri sono andato al cinema, sono entrato in sala e durante la proiezione del mio film sentivo il pubblico ridere, divertirsi. È una cosa meravigliosa. La gente, le risate collettive, la magia che solo il cinema riesce a ricreare. Grazie a tutti dal profondo del cuore. Evviva il cinema. Evviva la commedia»
Partiamo dalle cose che funzionano.
La seconda parte del film funziona meglio della prima dove Alessandro Siani, regista e protagonista, è quello più ingessato proprio dal punto di vista della recitazione, al punto di sembrare a disagio, senza riuscire a trasformare il suo disagio in comicità, gli altri attori gli vanno dietro in maniera fanfaronesca con l'esclusione di Sergio Friscia che se pure recita "a sentimento" è in grado di farlo, e di Antonio Catania che però è morto per gran parte del film….
La recita "a sentimento" è la cifra stilistica della pellicola, è Siani stesso a dichiararlo e ad imporlo ai suoi attori, una cosa che per funzionare richiede una mostruosità professionale che non è proprio a portata di chiunque, ma che se pure fosse possibile sarebbe il frutto di anni e anni di prove, prove di cui il film rivela la scarsa esistenza.
È vero che adesso gli attori non professionisti sono diventati di moda ma a cinema, come a teatro, non possono funzionare, soprattutto se la regia e la sceneggiatura non li "imbracano". E cioè senza un regista capace di amalgamare il tutto, insieme alla fotografia e a una sceneggiatura a prova di bomba, pure gli attori che recitano di professione non riescono a centrare la parte. Alla scenografia ormai si sopperisce con i paesaggi, però pure le riprese dall’alto di posti bellissimi fatte con i droni hanno stancato, sono riprese che fa chiunque, e questa non è una buona ragione per sorbirsele a cinema.
Il pubblico in sala era un pubblico medio, famiglie con bambini, questi ultimi a giocare con il cellulare ai videogames, signore di età varia, e coppie, un campione da TV, praticamente e quindi il target da commedia all'italiana, quel target che va a cinema solo se si tratta di film di cassetta, ma era questo un film per loro?
No e allora a chi è rivolto il film?
A Siani e alla sua paura di non essere più di cassetta, una cosa umana ma assolutamente nefasta, perché comunque vada è/sarà un successo commerciale, ma a quale prezzo?
Il cinema italiano è una meteora, al punto che anche quando ci sono film, che meriterebbero un'altra attenzione vengono cestinati e declassati, perché chi li guarda non è capace di riavvolgere il filo che lega ogni film all'altro, a prescindere dal genere e dell'argomento, e poi ci sono film come questo di Siani che si vendono a scatola chiusa, ma che mettono a nudo l'assoluta abulia di chi li interpreta e di chi li produce. Fare cinema oggi vuole dire fare soldi, ma se vado a cinema per pagare il biglietto e basta, cosa ne sarà del cinema, e pure di Siani, di questo passo?
Non mi aspetto di vedere le commedie americane, francesi, quelle italiane del tempo che fu, e nemmeno m’interessano tutti i film coreani che vanno tanto di moda e che francamente sono abbastanza noiosi, ma un minimo di verve quella sì vorrei vedere quando scelgo una qualsiasi commedia, non fosse altro per rispetto delle tonnellate di pellicola cinematografica consumata fin qui, pellicola cinematografica che almeno Siani dovrebbe avere visto prima di arrivare a fare l'attore e il regista, ma anche nel mentre.
Eppure Roman Polanski dice che «il cinema dovrebbe farti dimenticare di essere seduto in un teatro» ma proprio Siani se lo è dimenticato, deludendoci.
Perché rimanere delusi a cinema è peggio di una qualsiasi delusione altra, poi se ci si accontenta dei titoli su i giornali tutto a posto, ma fare cinema è un'altra cosa, al posto suo lo girerei da capo il film, con ferocia, ironia, buongusto e quel mestiere che ha paura di non avere.
Il suo tallone d'Achille che non può scaricare su chi lo guarda aspettandosi magia, e quel cinema che faceva scrivere a Francois Truffaut a proposito di Alfred Hitchcock nel suo libro/intervista: “Il cinema secondo Hitchcock”:
«Hitchcock faceva parte di un’altra famiglia, quella di Chaplin, Stroheim, Lubitsch. Alla pari di essi, non si è accontentato di praticare un’arte, ma si è impegnato ad approfondirla, a coglierne le leggi, più strette di quelle che governano il romanzo. Hitchcock non ha solo reso più intensa la vita, ha reso più intenso il cinema»
Ecco sarebbe bello che chi oggi decide di mestiere di fare cinema tutto questo lo applichi, perché un cinema all’acqua di rose è una bella cosa perché” il cinema è il “come” non il “cosa”, parola di Alfred Hitchcock.
O per essere più realisti del re, alla maniera di Mario Monicelli, possiamo convenire con lui e con ciò che dice e cioè che «il cinema non morirà mai, ormai è nato, e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente», un punto di vista che soprattutto nel finale oggi chi fa film ha abbracciato totalmente.
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