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Roberto De Simone e la lezione de La Gatta Cenerentola: la fiaba come riflessione e riscatto per le donne

Roberto De Simone è la lezione de La Gatta Cenerentola: la fiaba come riflessione e riscatto per le donne

Roberto De Simone ha compiuto da pochi giorni novanta anni, e in questi novanta anni si è dedicato allo studio, alla ricerca etnografica e alla riscrittura musicale di molte opere teatrali tra cui "La Figlia di Iorio" di Gabriele D'Annunzio, ma il suo capolavoro è "La Gatta Cenerentola", presentata al Festival di Spoleto del 1976, opera che è prossima a festeggiare i cinquanta anni ma che è di grande attualità, perché?
Perché il femminile, il mondo delle femmine, che comprende affetti e cura, è quanto di più antico e di più contemporaneo possa esistere, ed è per questa ragione un argomento sempre verde e mai risolto, e perché quella di De Simone è una delle riedizioni più umane e filologiche della fiaba di Cenerentola. La fiaba è stata successivamente inclusa anche nelle celebri raccolte di Charles Perrault e dei Fratelli Grimm. La versione di Basile/ De Simone presenta, però, delle varianti rispetto a “Cendrillon” di Perrault. Nel caso di Basile/De Simone l'eroina prende il nome di “Zezolla”. Si tratta di un’eroina “malvagia” che si macchia dell'omicidio della matrigna, con lo scopo di fare sposare al padre la propria istruttrice, che si rivelerà peggiore della matrigna defunta, scatenando ulteriori sciagure. La ragione? Innanzitutto esiste una differenza tra le fiabe (che non hanno una morale e risalgono alla notte dei tempi, sono un racconto popolare tramandato in centinaia di versioni, versioni provenienti da diversi continenti) e le favole che hanno una morale, hanno un autore, non sono state tramandate oralmente, e hanno lo scopo di condannare i vizi umani, utilizzando per lo più gli animali come protagonisti. Diventa evidente come la favola prendendo il sopravvento sulla fiaba(grazie all’antropomorfizzazione degli animali che Disney ha portato a compimento) abbia totalmente sabotato la realtà. Infatti, dopo questa scelta narrativa, sottolineare che il male è la regola e che la bontà è un artificio, è diventato difficile, tanto più che in questa visione non edulcorata del mondo, la donna, in quanto essere vivente più “naturale”, è necessariamente matrigna. De Simone avendo mantenuto la struttura “fiaba” e quindi un’amoralità tutta umana, ha garantito alla sua Gatta il successo imperituro perché è stato preveggente, indagando e scandagliando l'animo umano con sagacia, sfrondandolo dalla melassa superficiale in cui galleggia, in apparenza. Un'operazione che De Simone ha fatto ogni volta che ha affrontato un testo, ma che in questo caso va a toccare un nervo scoperto, e cioè quello della condizione femminile che mai è delineata in maniera chiara. La difficoltà di superare la condizione naturale e matrigna del femminile rende la posizione delle donne sempre traballante, proprio perché oscilla tra la finzione favolistica e la nuda realtà della fiaba. Eppure attraverso l'istruzione, istruzione che non sempre porta all’emancipazione, e l'indipendenza economica, le donne hanno imparato a schermare meglio i propri istinti più terreni, ad acquisire una consapevolezza di sé e del mondo differente, anche se la manodopera femminile, e quella infantile, sono da sempre strumenti preziosi per chi produce ricchezza, e per chi ha bisogno di sfamare la famiglia, e quindi “Cenerentola” favola, e il suo mondo del vissero, asetticamente, felici e contenti diventa difficile da scalzare, sono il valium quotidiano, eppure qualcuna talvolta ci prova, facendo confluire la fiaba nella favola. Perché alla fine il punto è la ricomposizione delle due strutture narrative come del resto sa benissimo anche il maestro De Simone, diversamente non avrebbe operato tutta la vita in questo modo.
Breve storia di Giovanna e Pina, due Cenerentola contemporanee(grassetto)
Giovanna e Pina, due nomi a caso, sono due signore di cui nessuno si accorge eppure vivono da “star” il quotidiano, al punto di non avere bisogno di accendere, ulteriormente, i riflettori su di sé. Non sono capitane d'azienda ma dimostrano come la sapienza femminile (sapienza fatta di tenacia, fatica, determinazione) porti all' emancipazione. Giovanna è una precaria, una precaria che si sposta in bicicletta, non elettrica, e non per vezzo, dunque, ma per necessità, eppure ha la lucidità di chi sa che la diplomazia è la prima regola, anche se mai sei andata a cena dall'Ambasciatore della Libia, come cantava Giuny Russo.
Sa che lavorare serve a dare e a darsi dignità, e serve per costruire relazioni necessarie per riuscire ad affrontare la fatica di vivere, e così fa da ponte tra il suo mondo, fatto di fatica e di rinunce, e la realtà degli altri che pensano al lavoro in un altro modo. Soprattutto se il lavoro non serve loro per sbarcare il lunario come nel suo caso.
Pina al contrario di Giovanna ha ben più chiaro cosa voglia dire lavorare anche perché il lavoro ce l'ha, non è in prova come Giovanna, e così applica la logica ferrea del capitano d'azienda per lavorare in armonia, con chi come lei, deve fare girare un'attività dovela partecipazione comune, per il raggiungimento di un obiettivo, è un bene per tutti.
Il mondo delle donne, le fiabe e la cucina come possibilità di risoluzione di ogni conflitto (grassetto)
Il mondo delle donne è fatto per la gran parte di donne così, donne che della loro condizione hanno afferrato a pieno il senso, e sono per questo in equilibrio. Donne che hanno capito che la libertà di pensiero e la capacità di farsi carico, anche nelle difficoltà, più che “la matrigna ferinità”, sono carte vincenti, le uniche carte da giocare per affrancarsi da una cultura di soprusi, di disumanità e per rigettarla in toto. I ponti li costruiscono loro, non chi vive di visibilità e nelle favole, perché costruire ponti con le strade asfaltate è più semplice e meno impegnativo. Così come sapere che Cenerentola era determinata, fattiva, e pure criminale serve per capire che l'animo, soprattutto quello femminile, è anche cattivo, e che le donne sono le prime ad usare le altre donne per camminare in macchina, e lasciare alcune, non le più fragili ma di sicuro le meno garantite, a piedi.
C’è però un luogo, quello più privato e segreto, che serve, servirebbe (?) a fare incontrare le donne, e questo luogo è la cucina, cucina in cui conta l'abilità di stratificare conoscenza attraverso i sensi, e dove è possibile ricostruire epoche e inclinazioni presenti e passate. E infatti ne “La Gatta Cennerentola” di Basile, la descrizione dei festeggiamenti, dati dal re, per la fanciulla che aveva perso lo scarpino, contiene un'interessante testimonianza della cucina napoletana del '600, e dimostra la diffusione, già all'epoca, di pastiera e casatiello, piatti tipici della cucina pasquale:
« E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere ecasatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato. »
Basile quindi ci dice che il cibo può essere il ponte, il luogo in cui la fiaba diventa favola, e per questo la possibilità e la soluzione di essere non più ferine e matrigne per le donne, perché la cucina risolve anche i conflitti tra generi e classi sociali, ma per arrivare davvero a condividere il cibo con tutti, bisogna fare un passo indietro, mettersi sulla bicicletta di Giovanna o osservare Pina ma soprattutto bisogna ( bisognerebbe ) accettare la Cenerentola che è in ognuna di noi, con tutte le sue contraddizioni, dimenticandosi una volta e per tutte delle favole, accettando le fiabe.
La grande lezione di Roberto De Simone.

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