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Reportage/13

Viaggio lungo le coste della Campania e della Grande Lucania e del loro sogno del mare d'inverno. Napoli e il suo Golfo

Viaggio lungo le coste della Campania e della Grande Lucania e del loro sogno del mare d'inverno. Napoli e il suo Golfo

Il Golfo di Napoli, che lo si guardi da destra, da sinistra o attraverso le isole e le sue parti più prossime come Nisida, la più napoletana e "distante" delle sue isole, è un Golfo che come un polpo si estende e si riproduce sempre allo stesso modo, imprimendo al mare un andamento che è uguale in tutti i luoghi della Campania, luoghi della Campania che sono tanti piccoli punti della capitale del fu, ma mai dismesso, Regno delle Due Sicilie, al punto di rendere indistinguibili i luoghi, se non fosse per il diverso modo di ogni luogo di assorbire Napoli, e di accogliere il suo Golfo denso, opaco, sofferto.

Nisida

Con le isole soprattutto in Italia il rapporto è stato sempre complicato, molto probabilmente perché il mare e il suo sfruttamento/utilizzo, come lo sfruttamento/utilizzo della terra, in questo paese sono stati associati e relegati a una condizione di fatica e di durezza del vivere, senza che se ne siano state colte, fino in fondo, le capacità produttive.
Nisida non è sfuggita a questo destino, cioè quello di diventare una gabbia esclusiva, interna a Napoli, un'isola in città che trova in Bagnoli, il mare di Napoli, un mare maldestramente industrializzato.
Eppure a Nisida, il carcere minorile, che vi è insediato, cerca di portare avanti operazioni di recupero di chi troppo giovane inizia a delinquere, dando a chi ancora non ha raggiunto la maggiore età la possibilità di vivere fuori dai vicoli, e dalle strettoie consuete.
È come se Napoli vicina e lontana ponesse rimedio, attraverso Nisida, alle sue mancanze, trasformando l'isola e mettendola a disposizione di chi vi risiede suo malgrado. Un modo tutt'altro che romantico di guardare alla cosa perché Nisida in realtà dà al carcere una dimensione altra proprio perché inserita all’interno della città, città di cui è il prolungamento in mezzo al mare.
L’eterno gioco che Napoli fa con l’acqua, la usa e la nega, e che visto da Nisida assume una differente prospettiva perché il mare bagna Nisida e Nisida lo accoglie ma esclude Bagnoli di cui Nisida è parte.

Bagnoli

Ermanno Rea è stato l’autore che con maggiore lucidità ha denunciato lo scempio di quel tratto di mare di Napoli che la terra ha trasformato in una sorta di tableau vivant, a causa dell'acciaieria, perché è questa l'impressione che fa l'Italsider di Bagnoli vista dalla spiaggia, quella spiaggia gialla che rende gli altoforno della fabbrica, spenti, ancora più surreali e postmoderni, un tableau vivant per l'appunto, alla maniera di Caravaggio .
« C'erano ancora cinquecento operai in attività - ricorda Ermanno Rea – Mangiavo alla mensa con loro. Frequentavo molto l'archivio. E stavo lì, dalla mattina alla sera, per respirare l'aria della fabbrica, il suo mondo. Nel mio libro ho raccontato cose che ho ascoltato e vissuto in prima persona. C'era lo sconforto di chi assisteva, impotente, alla destrutturazione della fabbrica. Ma ho conosciuto anche personaggi straordinari, che avevano vissuto l'epopea dello stabilimento … »
Nel suo libro del 2002 dal titolo “La dismissione”, Ermanno Rea pone innanzitutto il problema della fine della cultura operaia, e di una fabbrica che avrebbe dovuto "sacrificare" bellezza in cambio di dignità, quella da lavoro, e che invece si è rivelato uno scempio, scempio che Rea imputa all'anima della città, al suo essere luogo privo di memorie, abitata da un' indistinta plebe senza futuro e senza sbocchi al mare, come sottolinea in questi pezzi di intervista, intervista fatta in occasione dell'uscita del libro.

«Una fabbrica che è stata anche un simbolo per la città, nata su un'area di straordinaria bellezza.( grassetto)
Lo stabilimento siderurgico non ha solo la missione di costruire cannoni ma anche un compito salvifico. Salvare Napoli dalla camorra, dare lavoro, due missioni attribuite proprio da Nitti. E questo ruolo di polo positivo, lo conserva a lungo, anche nell'ultimo dopoguerra. Bagnoli è una bandiera che doveva entrare nel vicolo per bonificarlo. Non è mai accaduto ma è stato un presidio forte di democrazia. E questo ruolo lo ha conservato anche nei momenti peggiori, quando una certa malavita era riuscita a penetrare nella fabbrica.

E poi?

Poi c'è la frana: prima l'illusione del piano di investimenti di oltre mille miliardi dell'epoca e poi la decisione di smantellare tutto. E, a perdere il lavoro, non sono solo i caschi gialli ma tutto l'indotto, che era enorme. E' la fase più oscura che coincide con il periodo più nero della città. Un'apatia che dura 26 lunghi anni, una margherita che viene sfogliata un po' alla volta. La città deperisce e si chiude in se stessa.
Ora, però, qualcosa si muove, il governo ha deciso di agire. Lei che cosa vedrebbe al posto dell'ex acciaieria?(grassetto)
A suo tempo proposi di concentrare a Bagnoli tutti gli archivi delle fabbriche in dismissione, creando un polo universitario sulla storia industriale del Mezzogiorno. Una sorta di memoria collettiva delle fabbriche partenopee. Un polo universitario aperto a varie facoltà.

Cosa si dovrebbe fare per accelerare il risanamento?

Dobbiamo creare i presupposti per una rinascita, credere nelle cose, avere fiducia e coraggio. E realizzare le attività per bene, senza guardare in faccia nessuno ed escludendo sul nascere tutte quelle forze o quelle ipotesi dietro le quali si nascondono interessi di parte. »

( 14- continua )

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