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Analisi

Cosa ci insegna la storia dell'ex agente di Gladio

Cosa ci insegna la storia dell'ex agente di Gladio

Nel mese di marzo 1978, Antonio Arconte, ex agente Gladio in codice G-71, partì dal porto della
Spezia sul mercantile Jumbo Emme diretto per Beirut. Doveva ricevere dei passaporti da
consegnare in Alessandria d’Egitto, era una missione molto semplice. Ma la missione aveva un
livello più delicato e segreto, doveva consegnare un plico ad un altro agente a Beirut. La busta
conteneva l’ordine di contattare i terroristi islamici per aprire un canale con le Brigate Rosse, con
l’obbiettivo di favorire la liberazione di Aldo Moro. È prassi chiedere aiuto ad un’altra agenzia, e il
Mossad è fra i più efficienti fra i servizi.
L’agente G71, Arconte, doveva consegnare il documento a Beirut all’agente G219, il tenente
colonnello dell’esercito Mario Ferraro (ucciso nel 1995, simulando un suicidio), dipendente dal
capocentro G216, il colonnello Stefano Giovannone.
Al direttore de “La voce di New York”, Arconte, commentando un intervento dell’onorevole
Grassi, scriveva il 28 marzo 2015: “Sarebbe francamente abbastanza inverosimile che in un luogo
come Via Fani, che non è piazza Venezia, ma in un piccolo incrocio nel quale tutti coloro del
Mossad, dei servizi segreti francesi, del KGB, della CIA e i soliti deviati italiani, avrebbero
impedito che l’azione si compisse come effettivamente è stato”. Antonio Arconte è uscito allo
scoperto anni fa perché si sentiva in pericolo.
Oggi ritorna a parlare, “liberoquotidiano.it” riporta una sua intervista in cui alcune considerazioni
importanti sul caso Orlandi: “Il fratello di Emanuela fa benissimo a non arrendersi anche dopo
quarant’anni per avere una parola di verità, ma stia attento a non lasciarsi trascinare dalle paludi”.
Nel 1998 Arconte aveva incontrato il capo della guardie svizzere Estermann, poco prima che
morisse. Per “Andkronos” premette: “La mia, in questo caso è un’opinione, se avessi qualcosa di
concreto su Emanuela Orlandi lo direi. Tuttavia credo che in Vaticano sia tutto collegato. Pietro
Orlandi fa benissimo ad andare avanti, qualcosa nella nebbia, scavando, si riesce sempre ad
intravedere. Lui non vuole mollale, ma deve fare attenzione”.
Infatti, in un’intervista rilasciata telefonicamente al quotidiano on line “L’Unione Sartda.it” del 3 e
del 5 aprile scorso, Pietro aveva riportato l’attenzione su Gladio. Il Corriere della Sera avrebbe in
mano un documento “riservatissimo” che descrive i presunti spostamenti della quindicenne, fin
dalla sera della scomparsa. Emanuela fu portata da Civitavecchia in Sardegna la sera stessa in cui
sparì, poi, in seguito, con un’imbarcazione a Londra. Il trasferimento sarebbe stato gestito da agenti
dormienti di Gladio. Pietro affermava di essere in possesso di elementi che dimostrano la veridicità
della tesi, secondo la quale la sorella sia stata portata in Inghilterra. Non per niente, per quanto si
voglia dire del caso Orlandi, da sempre la famiglia alimenta speranze che la ragazza sia ancora viva.
Ma perché molti sanno, ma nessuno dice, e su tante vicende della recente storia italiana?
E cosa si sa di ciò che succede oggi veramente? Per esempio sui fatti legati alla vicenda della barca
affondata in un naufragio a Lago Maggiore il 28 maggio scorso erano presenti agenti segreti italiani
e israeliani, col bilancio di 21 morti. Qualcosa si sa da testate giornalistiche straniere, e già questo la
dice lunga! Il media israeliano “Channel 12” ha affermato: “L’incontro tra agenti segreti israeliani e
italiani in una località del Lago Maggiore per la chiusura di una lunga operazione coronata da
successo legata alle tecnologie di armamento non convenzionale iraniana” (vedi “iltempo.it”, 11
giugno ’23). Gli agenti segreti del Mossad e quelli italiani dovevano riunirsi all’interno dei
laboratori di Euratom, che si trovano a Ispra, a qualche chilometro più a nord dal punto
dell’incidente. Euratom è uno dei poli più importanti al mondo per la ricerca e la sperimentazione di
tecnologie del trattamento di energia nucleare e lo smaltimento delle scorie radioattive. Avi Scharf,
giornalista del quotidiano israeliano Haaretz, ha scritto in un tweet: “Meno di 12 ore dopo
l’incidente in barca, un bizjet israeliano utilizzato per i voli ufficiali sensibili è decollato da Israele
alla volta di Milano, vicino il Lago Maggiore, dov’è morto l’agente del Mossad israeliano il cui
nome non può essere rivelato in Israele” (si tratta dell’agente Shimoni Erez). “Start Magazine”
riporta un'altra indiscrezione, proveniente da un quotidiano belga: “oltre ad egenti israeliani e agenti
italiani sul teatro della tragedia erano presenti anche agenti dei servizi britannici”. La trama si
infittisce.

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